LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Competenza territoriale: il luogo del reato meno grave

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per ricettazione. La sentenza chiarisce un importante principio sulla competenza territoriale: in caso di reati connessi, se è ignoto il luogo di consumazione del reato più grave, la competenza si radica nel luogo dove è stato commesso il reato meno grave, senza ricorrere al criterio suppletivo della residenza degli imputati. La Corte ribadisce anche i limiti del ricorso per cassazione in presenza di una “doppia conforme” condanna nei gradi di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale: quando il reato meno grave determina il processo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33158/2025, offre chiarimenti cruciali sulla determinazione della competenza territoriale nel processo penale, specialmente in presenza di più reati connessi. Il principio affermato è netto: se il luogo di consumazione del reato più grave è incerto, la competenza si sposta sul giudice del luogo dove è stato commesso il reato meno grave, prima di poter applicare i criteri sussidiari come la residenza dell’imputato. Analizziamo questa importante pronuncia.

I Fatti del Processo

Due individui venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di ricettazione. Inizialmente, erano accusati anche di truffa, ma per tale reato veniva dichiarata l’improcedibilità. La condanna per ricettazione riguardava l’acquisto di un veicolo pagato con un assegno di provenienza illecita.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, gli imputati proponevano ricorso per cassazione basato su diversi motivi:
1. Uno degli imputati lamentava la mancanza di prove circa il suo effettivo contributo alla commissione del reato, sostenendo di non essere stato presente al momento della consegna dell’assegno.
2. L’altro imputato eccepiva il difetto di competenza territoriale del tribunale che aveva emesso la prima sentenza, sostenendo che il processo avrebbe dovuto svolgersi presso il tribunale del luogo di residenza, poiché il luogo esatto della ricettazione (il reato più grave) era sconosciuto.
3. Infine, veniva lamentata una discrepanza tra la motivazione e il dispositivo della sentenza di primo grado riguardo all’entità della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando la condanna. La decisione si fonda su argomentazioni precise che toccano punti fondamentali del diritto processuale penale, dalla valutazione della prova alla determinazione del giudice competente.

La Competenza Territoriale in Caso di Reati Connessi

Il cuore della sentenza risiede nella gestione dell’eccezione di incompetenza. La difesa sosteneva che, essendo incerto il luogo di commissione del reato più grave (ricettazione), si dovesse applicare il criterio suppletivo del luogo di residenza degli imputati.

La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite. La regola generale, stabilita dagli articoli 8 e 9 del codice di procedura penale, è la seguente: in caso di reati connessi, la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stato commesso il reato più grave. Se questo luogo non può essere determinato, la competenza passa, in via gradata, al giudice del luogo in cui è stato commesso il reato successivamente più grave. Solo se è impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, si ricorre ai criteri suppletivi (come la residenza).

Nel caso specifico, anche se il luogo della ricettazione era incerto, era noto il luogo di consumazione del reato meno grave di truffa (ovvero dove l’assegno era stato speso). Correttamente, quindi, i giudici di merito avevano radicato la competenza territoriale in quel luogo.

Il Principio della “Doppia Conforme” e i Limiti del Ricorso

Per quanto riguarda il motivo sollevato dal primo ricorrente sulla sua presunta estraneità ai fatti, la Corte ha sottolineato la presenza di una “doppia conforme”. Entrambi i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) avevano valutato le prove in modo omogeneo, concludendo per la piena partecipazione dell’imputato al piano criminoso.

In questi casi, il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. Il controllo di legittimità è limitato a verificare la logicità e la coerenza della motivazione, senza poter riesaminare le prove, a meno che non si configuri un palese “travisamento della prova”. La Corte ha ritenuto le motivazioni delle sentenze precedenti adeguate e prive di vizi logici, rendendo il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su una rigorosa applicazione dei principi procedurali. La gerarchia dei criteri per stabilire la competenza territoriale è un pilastro del sistema e non può essere derogata se non nei casi espressamente previsti. L’obiettivo è assicurare che il processo si svolga nel luogo che ha il più stretto collegamento con il fatto-reato. L’applicazione del criterio del locus commissi delicti del reato meno grave, quando quello più grave è ignoto, risponde a questa logica. Allo stesso modo, il rigetto del motivo sulla valutazione della responsabilità individuale si fonda sul principio che la Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. La struttura argomentativa delle sentenze di primo e secondo grado, se coerente e completa, forma un “corpo unico” che non può essere scardinato da una semplice rilettura delle prove in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due concetti fondamentali. In primo luogo, la determinazione della competenza territoriale segue una sequenza precisa e non discrezionale: si parte dal luogo del reato più grave e, solo in via subordinata e gradata, si passa agli altri criteri. Il ricorso a criteri suppletivi come la residenza è un’ipotesi residuale. In secondo luogo, il ricorso per cassazione contro una “doppia conforme” di condanna ha margini molto stretti e non può consistere in una nuova valutazione delle prove, ma solo nella denuncia di vizi logici manifesti o di errori di diritto.

Come si determina la competenza territoriale se il luogo del reato più grave è sconosciuto?
Secondo la Corte, se è impossibile individuare il luogo di commissione del reato più grave, la competenza spetta al giudice del luogo dove è stato commesso, in via gradata, il reato connesso successivamente più grave. Solo se tutti i luoghi di commissione sono ignoti si applicano i criteri suppletivi, come la residenza dell’imputato.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove se le sentenze di primo e secondo grado sono conformi (c.d. “doppia conforme”)?
No, di regola non è possibile. Il ricorso per cassazione non può essere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La valutazione delle prove è preclusa, a meno che non si dimostri un “travisamento della prova”, cioè un errore macroscopico e manifesto nella lettura di un atto processuale, o un vizio logico evidente nella motivazione.

Cosa succede se c’è un errore materiale nella motivazione della sentenza di primo grado riguardo alla pena?
Se la pena viene rideterminata in appello in senso favorevole all’imputato, quest’ultimo perde interesse a far valere l’errore. La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile per carenza di interesse, poiché l’appellante aveva già ottenuto una riduzione della pena, e la Corte d’Appello aveva già chiarito che si trattava di un mero errore materiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati