Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33158 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33158 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a COGNOME il 15/03/1973 COGNOME nato a CATANIA il 16/02/1965 avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso COGNOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Messina, con sentenza in data 8 luglio 2024, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 73-2023, dichiarava non doversi procedere nei confronti di COGNOME Santo e COGNOME COGNOME in ordine al reato di truffa loro contestato al capo a) della rubrica e riduceva la pena agli stessi inflitta in relazione al delitto di ricettazione di cui al capo b) in anni 2 mesi 6 di reclusione ed € 6.000 di multa ciascuno.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati tramite i rispettivi difensori di fiducia; l’avv.to COGNOME per COGNOME deduceva un unico motivo con il quale lamentava la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.
proc. pen. con riguardo all’affermazione di responsabilità dell’imputato posto che, dalle deposizioni testimoniali sulle quali era stata fondata la ricostruzione dei fatti, non emergeva la presenza dello stesso al momento della consegna dell’assegno in pagamento poi risultato oggetto di precedente delitto. Mancava, pertanto, qualsiasi prova del contributo morale dell’imputato alla consumazione dei fatti e del suo concorso punibile ex art. 110 cod. pen..
2.1 Gli avv.ti COGNOME e COGNOME nell’interesse del COGNOME deducevano, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. con riguardo al difetto di competenza territoriale del Tribunale di Barcellona dovendo gli atti essere trasmessi all’autorità giudiziaria di Catania; ed invero, ai fini della individuazione del giudice territorialmente competente, doveva valere il criterio del luogo di consumazione del reato più grave, individuato, nel caso in esame, in quello di ricettazione che doveva ritenersi consumato in un luogo non precisato e, conseguentemente, andava fatta applicazione del criterio suppletivo di cui all’art. 9 comma 2 cod. proc. pen. del luogo di residenza degli imputati;
violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. quanto alla difformità tra il dispositivo e la motivazione della sentenza di primo grado in relazione alla pena inflitta, determinata nella motivazione della pronuncia del tribunale in soli anni 3 di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi deducono motivi o manifestamente infondati ovvero reiterativi di doglianze già compiutamente vagliate e disattese dalla corte di merito, e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
Ed invero, quanto alle doglianze avanzate nel ricorso COGNOME, va ricordato come il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Inoltre, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico
complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595).
Nel caso in esame i giudici di merito, con doppia valutazione conforme, hanno già ritenuto che la presenza del COGNOME al momento della ricezione del veicolo acquistato con la consegna da parte del La Rosa dell’assegno di origine illecita, manifestasse il pieno coinvolgimento del medesimo in tutte le accurate fasi della programmazione delittuosa in cui lo stesso partecipava dapprima alle trattative e, poi, interveniva anche successivamente alla scoperta della truffa ed alla individuazione degli autori dei fatti alla presenza della persona offesa e del fratello (vedi pag.8-10 sentenza tribunale). Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
2. In relazione al ricorso COGNOME ed al primo motivo con il quale si eccepisce l’incompetenza territoriale, va evidenziato come la difesa proponga una soluzione che trova smentita nell’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità già richiamato dalla pronuncia di appello; in particolare, infatti, con la sentenza COGNOME è stato affermato che la competenza per territorio, nel caso in cui non sia possibile individuare, a norma degli artt. 8 e 9, comma primo, cod. proc. pen., il luogo di commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati; quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall’art. 9, commi secondo e terzo, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 40537 del 16/07/2009, Confl. comp. in proc. COGNOME, Rv. 244330 – 01) ; l’affermazione risulta ribadita in seguito anche da altre pronunce delle sezioni semplici le quali hanno escluso che debba farsi riferimento al luogo di residenza dell’imputato ex art. 9 comma 2 cod. pen. ove sia noto il locus commissi delicti del reato meno grave (Sez. 1 – , Sentenza n. 35861 del 19/06/2019 Cc. (dep. 08/08/2019 ) Rv. 276812 -01). Correttamente, pertanto, i giudici di merito ai fini della individuazione della
competenza per territorio in assenza di precise indicazioni circa il luogo di ricezione dell’assegno facevano riferimento a quello di spendita dello stesso poiché questo è stato il luogo di consumazione del meno grave delitto di truffa.
2.1 Il secondo motivo è proposto in carenza di interesse posto che la pena risulta essere stata rideterminata in secondo grado mediante una riduzione che priva di qualsiasi possibile effetto favorevole la doglianza; peraltro, la Corte di appello, ha già sp iegato come l’errata indicazione appaia chiaramente riconducibile ad un mero errore materiale nella indicazione dei passaggi intermedi della sanzione detentiva indicata dal giudice di primo grado esattamente sia nella misura iniziale che in quella finale.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 settembre 2025 IL CONSIGLIERE EST. NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME