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Competenza territoriale frode informatica: la Cassazione

La Corte di Cassazione risolve un conflitto di giurisdizione tra i Tribunali di Marsala e Lecce in un caso di tentata frode informatica. A causa dell’impossibilità di determinare con certezza il luogo dell’ultimo atto criminoso e della residenza degli imputati in diversi distretti, la Corte stabilisce la competenza territoriale frode informatica in base al criterio residuale del luogo di prima iscrizione della notizia di reato, attribuendola al Tribunale di Lecce.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale Frode Informatica: La Guida della Cassazione

Nell’era digitale, la competenza territoriale per la frode informatica rappresenta una delle sfide più complesse per il sistema giudiziario. I crimini informatici, per loro natura dematerializzati, possono essere commessi da qualsiasi luogo, rendendo difficile l’individuazione del giudice competente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46788/2024) fa luce su come dirimere tali questioni, stabilendo un percorso logico basato sulle norme del codice di procedura penale quando il luogo del reato è incerto.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un tentativo di frode informatica ai danni di un’organizzazione non lucrativa (ONLUS) con sede in provincia di Lecce. Diversi soggetti, residenti in Sicilia, sono stati accusati di aver manipolato il sistema informatico di un istituto di credito per ordinare due bonifici di ingente valore dal conto dell’ente verso conti correnti a loro riconducibili. L’operazione non andò a buon fine, configurando così un’ipotesi di delitto tentato.

Il Tribunale di Lecce, inizialmente investito del caso, si era dichiarato incompetente, ritenendo che l’ultimo atto del tentativo fosse stato compiuto in Sicilia, luogo di residenza degli imputati. Di conseguenza, gli atti erano stati trasmessi al Tribunale di Marsala.

Il Conflitto di Competenza e la Questione di Diritto

Il Tribunale di Marsala, a sua volta, ha sollevato un conflitto negativo di competenza. Il giudice ha osservato che, trattandosi di un reato tentato, la competenza si determina in base al luogo dell’ultimo atto diretto a commettere il delitto. Tuttavia, in un crimine informatico, questo luogo è spesso ignoto. Inoltre, poiché gli imputati risiedevano in due diversi circondari giudiziari (Marsala e Palermo), anche i criteri suppletivi basati sulla residenza non erano risolutivi. Si è posto quindi il problema di quale regola applicare per stabilire il giudice competente.

La Decisione sulla Competenza Territoriale Frode Informatica

La Corte di Cassazione ha risolto il conflitto attribuendo la competenza al Tribunale di Lecce. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa e gerarchica dei criteri stabiliti dal codice di procedura penale.

L’Incertezza del “Luogo dell’Ultimo Atto”

Il criterio principale per i reati tentati, stabilito dall’art. 8, comma 4, c.p.p., è il luogo di compimento dell’ultimo atto. La Corte ha sottolineato che l’assunto secondo cui gli imputati avrebbero agito dalle loro residenze era una mera “illazione”. La natura “virtuale” e “dematerializzata” di una frode informatica consente di eseguirla da qualsiasi luogo, tramite presidi tecnologici non necessariamente installati presso la propria abitazione. Non essendoci prove certe sul luogo fisico da cui è partita la manipolazione informatica, questo criterio è risultato inapplicabile.

L’Inapplicabilità dei Criteri Suppletivi Primari

Di fronte all’incertezza, il codice prevede dei criteri suppletivi (art. 9 c.p.p.). Il primo (luogo dell’ultima parte dell’azione) non poteva essere utilizzato per la stessa ragione di incertezza. Il secondo criterio, basato sulla residenza, dimora o domicilio dell’imputato, è fallito perché gli imputati risiedevano in circondari diversi, rendendo impossibile una scelta univoca.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa sulla necessità di applicare, in via residuale, il criterio previsto dall’art. 9, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, se nemmeno i criteri suppletivi consentono di determinare la competenza, questa spetta al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che per primo ha iscritto la notizia di reato nell’apposito registro (previsto dall’art. 335 c.p.p.).

Nel caso di specie, la prima iscrizione del procedimento era avvenuta pacificamente presso la Procura della Repubblica di Lecce. Pertanto, la Corte ha concluso che la competenza a giudicare sul caso appartiene al Tribunale di Lecce, in quanto l’applicazione sequenziale delle norme sulla competenza territoriale conduceva inevitabilmente a questa soluzione.

Le Conclusioni

La sentenza offre un’importante chiave di lettura per la gestione dei procedimenti relativi ai reati informatici. Essa chiarisce che, in assenza di prove concrete sul luogo fisico da cui è stato sferrato l’attacco informatico, non si possono fare presunzioni basate sulla residenza degli indagati. La decisione rafforza il ruolo del criterio residuale della prima iscrizione come strumento per garantire la certezza del diritto e prevenire situazioni di stallo processuale, particolarmente frequenti in un contesto criminale sempre più delocalizzato e tecnologicamente avanzato.

Come si determina la competenza territoriale per un reato tentato?
Di norma, secondo l’art. 8, comma 4, del codice di procedura penale, la competenza appartiene al giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto.

Cosa succede se il luogo dell’ultimo atto in una frode informatica è incerto e gli imputati risiedono in luoghi diversi?
Se il luogo dell’ultimo atto è ignoto e gli imputati risiedono in differenti circondari giudiziari, si applica il criterio residuale dell’art. 9, comma 3, c.p.p. La competenza spetta al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha iscritto per primo la notizia di reato.

Perché nel caso di specie la competenza è stata attribuita al Tribunale di Lecce?
La competenza è stata attribuita al Tribunale di Lecce perché, data l’impossibilità di determinare con certezza il luogo del tentato reato informatico e la diversa residenza degli imputati, la Corte di Cassazione ha applicato il criterio residuale. La prima iscrizione della notizia di reato era avvenuta presso la Procura della Repubblica di Lecce.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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