Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20620 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a NAPOLI il 25/06/1989
avverso l’ordinanza del 02/12/2024 del TRIBUNALE di BARI Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso; lette le conclusioni depositate dall’avvocato NOME COGNOME nell’interesse della ricorrente, che ha illustrato ulteriormente i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento .
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Bari ha rigettato l ‘ istanza proposta da NOME COGNOME a mezzo del difensore, tesa a ottenere l’annullamento dell’ordinanza cautelare genetica, emessa dal G.i.p. del Tribunale di Foggia, applicativa degli arresti domiciliari nei confronti della indagata, in relazione a dieci delitti di induzione in errore dei funzionari dell’ Ufficio scolastico provinciale di Foggia, ex artt. 110, 48, 479 cod. pen.
In particolare la contestazione provvisoria delineava come COGNOME nella qualità di dirigente dell’Istituto scolastico paritario ‘G. Garibaldi’ , avente sede in Vairano Patenora, in concorso con COGNOME, realizzava certificati falsi in ordine allo svolgimento all’attività di insegnamento svolta e presentava comunicazioni false, con le quali si attestava essere intervenuto il rapporto di lavoro con dieci aspiranti
insegnanti che, avvalendosi di tale documentazione, traevano in inganno i funzionari, che li inserivano nella graduatoria scolastica della provincia di Foggia, sulla base del maggior punteggio fondato sulle false certificazioni.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 21 e 22 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta competenza per territorio del Tribunale di Foggia, in luogo di quello di Santa Maria Capua Vetere.
La difesa evidenzia come la condotta della ricorrente si sia consumata presso l’Istituto scolastico in Vairano Patenora, che si verte in tema di condotta autonoma rispetto a quella successiva di produzione della documentazione falsa, della quale la ricorrente non avrebbe avuto contezza.
Il Tribunale del riesame non avrebbe fatto buon governo dei principi in materia, non motivando in ordine alle ragioni per le quali COGNOME avrebbe concorso con il privato che aveva tratto in inganno il pubblico ufficiale, non valutando la circostanza che la condotta di COGNOME si ebbe ad esaurire con la falsificazione in sé, non potendo alla stessa essere attributo l’uso che delle false certificazioni fu successivamente svolto. Dal che la violazione degli artt. 21 e 22 cod. proc. pen. da parte del Tribunale del riesame di Bari.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che il ricorso è ammissibile quanto alla deduzione della eccezione di incompetenza, in quanto la stessa è stata formulata dinanzi al Tribunale del riesame ( sulla impossibilità di dedurre per la prima volta l’eccezione
in questa Sede, Sez. 6, n. 28455 del 11/06/2024, P., Rv. 286758 -01; conf.: N. 32904 del 2018 Rv. 273672 – 01, N. 3816 del 2009 Rv. 242822 -01).
Il motivo di ricorso è invece infondato, in quanto corretta e congrua è la valutazione compiuta a riguardo dall’ordinanza impugnata.
Difatti il Tribunale del riesame ha ritenuto di non scindere la condotta di falsificazione della COGNOME da quella di induzione in errore del pubblico funzionario, ritenendo che i delitti si siano consumati in Foggia, ove furono inseriti i dati falsi relativi alla certificazione rilasciata da COGNOME. Ciò ha radicato la competenza ex art. 8, comma 1, cod. proc. pen.
Tale argomentazione risulta non manifestamente illogica e per altro verso rispondente alla contestazione provvisoria, che indica l’azione di falsificazione della COGNOME, quale attività concorrente per il falso ideologico – ex artt. 110, 48 e 479 cod. pen. -al quale fu indotto il funzionario pubblico della sede di Foggia nella stesura delle graduatorie.
Il ricorso propone le doglianze senza confrontarsi con la ricostruzione fattuale delle condotte, che succintamente il Tribunale del riesame richiama, tratte dalle risultanze delle indagini -intercettazioni e sequestri della documentazione rilasciata da COGNOME, presso la concorrente COGNOME – che dimostrano il contributo e la consapevolezza di tutti gli indagati, fra i quali COGNOME, all’azione criminosa.
Tale conclusione viene a rifluire nella contestazione provvisoria con la previsione di una unica condotta alla quale parteciparono tutti gli indagati in concorso, il che non consente -ferma la natura cautelare del presente procedimento e il vaglio proprio di tale fase -di escludere la partecipazione, anche soggettiva, della ricorrente dal delitto consumato in Foggia.
La assunta autonomia della condotta di falsificazione della COGNOME, ad ogni buon conto, non escluderebbe comunque il concorso della ricorrente – attraverso la stesura dei documenti attestanti i falsi rapporti di lavoro – al delitto di falso ideologico per induzione in errore, unico contestato. Ad esempio, è stato ritenuto autorevolmente -cfr. Sez. U, n. 35488 del 28/06/2007, COGNOME, Rv. 236868 -01 – che il delitto di falsa attestazione del privato di cui all’art. 483 cod. pen. può concorrere – quando la falsa dichiarazione sia prevista di per sé come reato – con quello della falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell’atto al quale la attestazione inerisca (artt. 48 e 479 cod. pen.), sempre che la dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l’atto del pubblico ufficiale è destinato a provare la verità (ciò nel caso in cui gli imputati avevano partecipato alla licitazione per l’appalto di lavori di costruzione, allegando alla domanda di ammissione le false dichiarazioni sostitutive di certificazione della loro iscrizione all’Albo nazionale costruttori, richieste dal bando di gara; i successivi atti
deliberativi dell’aggiudicazione dell’appalto erano stati redatti sulla base delle anzidette dichiarazioni, facenti fede di quanto dichiarato).
Anche Sez. 5 , n. 40800 del 22/09/2022, COGNOME, Rv. 283876 -01 ha chiarito che il delitto di falsa attestazione del privato di cui all’art. 483 cod. pen., ove la falsa dichiarazione sia prevista “ex se” come reato, può concorrere con quello di falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell’atto cui l’attestazione inerisca di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen., stante il rapporto di causa effetto tra il fatto attestato dal privato – quale presupposto dell’emanazione dell’atto del pubblico ufficiale – e il contenuto dispositivo di quest’ultimo, a condizione che la dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l’atto del pubblico ufficiale è destinato a provare la verità (ciò nel caso in cui l’imputato, attestando falsamente, nell’istanza volta al rilascio delle autorizzazioni uniche regionali per la realizzazione di impianti fotovoltaici, di essere in possesso dei necessari pareri dell’Arpa, che produceva falsificati, induceva in errore i funzionari degli uffici competenti, che rilasciavano i titoli abilitativi richiesti in base agli anzidetti pareri, relativi a fatti dei quali gli atti erano destinati a provare la verità).
Tali principi vengono qui richiamati -non spettando a questa Corte alcuna valutazione in ordine alla condotta tenuta da COGNOME in sé, non risultando contestato alcun delitto alla stessa ‘ in autonomia ‘ – esclusivamente al fine di rilevare come anche l’autore del falso pregresso debba concorrere, allorché comunque induca il pubblico ufficiale in errore, nel falso ideologico ex art. 479 cod. pen., così come contestato nel caso in esame.
D’altro canto, le regole sulla competenza sono dagli artt. 4 e ss. cod. proc. pen. tutte correlate ai reati come contestati e solo le modifiche dell’imputazione, ovvero della contestazione provvisoria in fase di indagini, possono determinare modifiche alla competenza, salva la perpetuatio iurisdictionis.
Ma nel caso in esame la contestazione provvisoria è stata senza manifeste illogicità ritenuta dal Tribunale del riesame aderente alle emergenze di indagine, cosicché correttamente è stata ribadita la competenza territoriale del Tribunale di Foggia, in quanto ivi venne a consumarsi il delitto di falso contestato, commesso materialmente dal pubblico ufficiale tratto in inganno ex art. 48 cod. pen.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/04/2025