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Competenza territoriale e violazione misura di prevenzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per violazione di una misura di prevenzione. L’imputato contestava la competenza territoriale del tribunale, sostenendo che il processo si sarebbe dovuto tenere dove la violazione era stata accertata. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per il reato di cui all’art. 75 D.Lgs. 159/2011, la competenza territoriale si radica nel comune in cui la misura doveva essere eseguita, non nel luogo del successivo accertamento. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale e Violazione delle Misure di Prevenzione: L’Ordinanza della Cassazione

La corretta individuazione della competenza territoriale è un pilastro fondamentale del processo penale, garantendo che il giudizio si svolga nel luogo previsto dalla legge, in ossequio al principio del giudice naturale precostituito per legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione su questo tema, specificamente in relazione al reato di violazione delle prescrizioni imposte da una misura di prevenzione personale. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne i principi e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Sciacca e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Palermo. L’imputato era stato ritenuto colpevole per la violazione di una misura di prevenzione, reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. In particolare, la misura era in esecuzione nel comune di Santa Ninfa.

Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando un’unica doglianza: la violazione delle norme sulla competenza territoriale. Secondo la difesa, il processo si sarebbe dovuto svolgere dinanzi al Tribunale di Palermo, luogo in cui era avvenuto l’accertamento della violazione, e non a Sciacca.

La Questione sulla Competenza Territoriale nel Ricorso

Il nucleo del ricorso si concentrava sull’interpretazione dell’art. 21 del codice di procedura penale e la sua applicazione al reato contestato. La tesi difensiva sosteneva che il locus commissi delicti (luogo di commissione del reato) dovesse coincidere con il luogo in cui le forze dell’ordine avevano materialmente accertato la trasgressione, ovvero Palermo. Di conseguenza, si chiedeva alla Suprema Corte di annullare la sentenza e disporre la trasmissione degli atti al tribunale ritenuto competente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno chiarito che, per il reato di violazione degli obblighi inerenti a una misura di prevenzione, il criterio per determinare la competenza territoriale è ben consolidato.

Il principio di diritto, confermato anche da precedenti sentenze, stabilisce che la competenza si determina con riferimento al luogo in cui la misura di prevenzione era in esecuzione. Nello specifico, la legge individua il foro competente nel primo comune limitrofo a quello di esecuzione della misura.

Nel caso in esame, la misura era in esecuzione a Santa Ninfa. Pertanto, la competenza era correttamente radicata presso il Tribunale di Sciacca. La Corte ha specificato che il luogo in cui avviene il successivo accertamento della violazione (in questo caso, Palermo) è del tutto irrilevante ai fini della determinazione del giudice competente. Questa interpretazione assicura un criterio certo e oggettivo, legato al luogo in cui il soggetto era tenuto a rispettare le prescrizioni, e non a circostanze accidentali come il luogo del controllo da parte delle autorità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per i reati omissivi o di inosservanza di provvedimenti, la competenza si radica nel luogo dove l’obbligo doveva essere adempiuto. La decisione della Cassazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Questo provvedimento consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, offrendo un punto di riferimento preciso per operatori del diritto e cittadini sulla determinazione della competenza territoriale in materia di misure di prevenzione.

Come si determina la competenza territoriale per il reato di violazione delle misure di prevenzione secondo l’art. 75 D.Lgs. 159/2011?
Secondo la Corte, la competenza territoriale deve essere individuata nel primo comune limitrofo a quello nel quale era in esecuzione la misura di prevenzione violata.

Il luogo in cui viene accertata la violazione ha importanza per stabilire la competenza del tribunale?
No, la sentenza chiarisce che il luogo in cui avviene l’accertamento materiale della violazione è irrilevante ai fini della determinazione della competenza territoriale. Ciò che conta è il luogo dove la misura doveva essere osservata.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, ritenuta congrua dalla Corte, in favore della cassa delle ammende (nel caso specifico, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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