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Competenza territoriale e reato associativo: la Cassazione

La Corte di Cassazione interviene su un conflitto di competenza territoriale tra il Tribunale di Firenze e quello di Bologna in un procedimento per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che, in assenza di prove certe sul luogo in cui si è svolta l’attività direttiva del sodalizio, la competenza territoriale si determina in base al luogo di commissione del secondo reato più grave contestato. Di conseguenza, è stata dichiarata la competenza del Tribunale di Bologna.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale e reato associativo: la Cassazione fa chiarezza

La determinazione della competenza territoriale nei processi penali, specialmente in quelli che coinvolgono reati complessi come le associazioni a delinquere, rappresenta una questione cruciale per la corretta amministrazione della giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30290/2024) offre importanti chiarimenti su come individuare il giudice competente quando il luogo in cui opera un sodalizio criminale risulta incerto, fornendo una guida preziosa per operatori del diritto e cittadini.

I fatti del caso: il conflitto tra tribunali

La vicenda nasce da un procedimento penale per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Il Tribunale di Firenze, inizialmente investito del caso, dichiarava la propria incompetenza territoriale. Secondo il giudice fiorentino, non era possibile individuare con certezza il luogo dove si svolgevano le attività di programmazione e direzione del gruppo criminale, che costituisce il criterio principale per radicare la competenza nel caso del reato associativo (art. 74 d.p.r. 309/90). Di conseguenza, per stabilire il foro competente, si doveva ricorrere a un criterio sussidiario: il luogo di commissione del secondo reato più grave contestato, un episodio di spaccio avvenuto a Valsamoggia, in provincia di Bologna. Gli atti venivano quindi trasmessi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo, però, non condivideva tale conclusione e sollevava un conflitto negativo di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il Tribunale di Bologna sosteneva che il luogo di direzione dell’associazione fosse, in realtà, individuabile nel comune di residenza dei promotori del sodalizio, situato nel distretto giudiziario di Firenze, e che quindi la competenza spettasse proprio a quel Tribunale.

La questione sulla competenza territoriale e le sue regole

Il cuore del problema giuridico risiede nell’applicazione delle norme sulla competenza territoriale (artt. 8 e ss. cod. proc. pen.) al reato associativo. La giurisprudenza consolidata stabilisce che la competenza si determina in base al luogo in cui ha sede la ‘base operativa’ del sodalizio, ovvero dove avvengono la programmazione, l’ideazione e la direzione delle attività criminali. Questa ‘base’ non coincide necessariamente con il luogo di commissione dei singoli reati-fine (es. spaccio, rapine, ecc.).

La difficoltà sorge quando, come nel caso di specie, questa base operativa non è chiaramente identificabile dalle indagini. In tali situazioni, il codice di procedura penale prevede dei criteri suppletivi per evitare una paralisi del processo. La questione sottoposta alla Cassazione era, quindi, se l’ipotesi del Tribunale di Bologna – basata sulla residenza dei capi – fosse un criterio valido per superare l’incertezza oppure se si dovesse applicare la regola del reato più grave subordinato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha risolto il conflitto dichiarando la competenza del Tribunale di Bologna, accogliendo di fatto la tesi originaria del Tribunale di Firenze, ma chiarendo in modo definitivo i principi applicabili.

I giudici supremi hanno innanzitutto ribadito che l’individuazione del luogo di consumazione di un reato associativo deve fondarsi su elementi oggettivi e certi, seppur di natura indiziaria e ricostruiti ex post. Un criterio basato sulla mera residenza dei promotori dell’associazione è stato ritenuto inidoneo, poiché si fonda su un dato formale e su una congettura (cioè che i capi si incontrino dove risiedono), e non su una prova concreta che le attività direttive si siano svolte proprio lì.

La Corte ha sottolineato che un’interpretazione rigorosa è necessaria per garantire il rispetto del principio del ‘giudice naturale precostituito per legge’. Affidarsi a elementi ipotetici e non verificati minerebbe questa garanzia fondamentale.

Appurata l’impossibilità di determinare con certezza il luogo della base operativa dell’associazione, la Cassazione ha confermato la corretta applicazione dei criteri sussidiari previsti dall’art. 16 del codice di procedura penale. Tale norma stabilisce che, quando la competenza non può essere determinata secondo le regole principali, occorre guardare al luogo di commissione dei reati più gravi contestati, in ordine decrescente. Nel caso specifico, il secondo reato più grave era stato commesso a Valsamoggia (Bologna).

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro: in assenza di prove sufficienti a localizzare con certezza il centro direzionale di un’associazione criminale, la competenza territoriale non può essere determinata sulla base di pure presunzioni, come la residenza dei leader. È necessario, invece, applicare in modo rigoroso le regole procedurali sussidiarie. La decisione si fonda sulla necessità di scalare al secondo reato più grave tra quelli contestati per individuare il giudice competente. Questa pronuncia rafforza il principio di certezza del diritto e garantisce che la scelta del foro non sia lasciata a interpretazioni discrezionali, ma segua un percorso logico e normativamente previsto, a tutela dei diritti di tutte le parti processuali.

Come si determina la competenza territoriale per un reato associativo?
La competenza territoriale si determina in base al luogo in cui ha sede la base operativa del sodalizio, ovvero dove si svolgono le attività di programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose.

Cosa succede se il luogo di commissione del reato associativo non può essere determinato con certezza?
Quando non è possibile individuare con certezza il luogo della base operativa, si applicano i criteri sussidiari. La competenza viene radicata nel luogo di commissione del reato più grave tra quelli contestati, procedendo in ordine decrescente.

La sola residenza dei promotori di un’associazione a delinquere è un criterio valido per stabilire la competenza territoriale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la residenza dei promotori è un dato meramente formale e congetturale. Da sola, non è sufficiente a individuare il luogo di direzione dell’associazione, a meno che non sia supportata da elementi oggettivi che provino che le attività di programmazione si sono svolte concretamente in quel luogo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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