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Competenza territoriale associazione: la base operativa

Due soggetti ricorrevano in Cassazione contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. La questione centrale era la competenza territoriale dell’associazione. La Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo che la competenza si radica nel luogo dove si trova la base operativa e decisionale del gruppo, in questo caso una città del nord Italia, e non nella regione di origine dell’organizzazione criminale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale associazione: decide la base operativa, non l’origine

In materia di criminalità organizzata, la determinazione del giudice competente a processare i membri di un sodalizio è una questione cruciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la competenza territoriale associazione si determina in base al luogo in cui si trova il centro operativo e decisionale del gruppo, e non necessariamente dove affondano le sue radici criminali. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del processo

Il caso riguarda due soggetti destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la loro presunta partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di ingenti quantitativi di cocaina da un paese del Sudamerica all’Italia. L’associazione, pur avendo legami con note famiglie della criminalità organizzata radicate nel sud Italia, aveva una spiccata operatività transnazionale.

I difensori degli indagati hanno proposto ricorso per cassazione, contestando diversi aspetti dell’ordinanza, ma il motivo principale di doglianza riguardava proprio l’individuazione del tribunale competente a giudicare.

La questione della competenza territoriale associazione

Secondo la difesa, la competenza a procedere avrebbe dovuto essere radicata presso il tribunale della regione meridionale di origine del sodalizio, in quanto lì si trovava il “fulcro creativo” e la base dell’organizzazione criminale. Le attività svolte dai membri residenti in una città del nord Italia sarebbero state meramente esecutive di decisioni prese altrove.

Di parere opposto l’accusa e i giudici dei precedenti gradi di giudizio, i quali avevano individuato la competenza nel tribunale della città settentrionale, ritenuta la vera e propria base logistica e direzionale delle operazioni di importazione dello stupefacente.

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente i ricorsi, confermando la correttezza della decisione impugnata e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dei criteri di determinazione della competenza per i reati associativi a carattere permanente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi solidi e coerenti con l’orientamento giurisprudenziale consolidato.

La base operativa determina la competenza territoriale associazione

Il punto centrale della motivazione riguarda l’articolo 8, comma 3, del codice di procedura penale. Per i reati permanenti, come l’associazione a delinquere, la competenza è del giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. Questo luogo, per un’associazione criminale, non è un concetto astratto, ma si identifica con la sede fisica dove si manifesta concretamente l’operatività della struttura: dove avvengono la programmazione, l’ideazione e la direzione delle attività illecite.

Nel caso di specie, le indagini avevano dimostrato che, sebbene vi fossero contatti con le famiglie di origine, il gruppo operativo stabilmente radicato al nord gestiva in autonomia l’organizzazione del traffico, i contatti internazionali e la pianificazione delle importazioni. Era quindi quella città settentrionale, e non la regione di origine, il centro nevralgico del sodalizio. Si trattava di un’unica associazione, con una parte dei membri stanziata al nord da dove venivano organizzate le importazioni, sotto l’egida delle famiglie del sud.

La valutazione dei gravi indizi di colpevolezza

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le censure relative alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. Ha ricordato che il giudizio di legittimità non consente un riesame dei fatti o una diversa interpretazione delle prove. Il Tribunale del Riesame aveva logicamente motivato la sussistenza degli indizi sulla base di un compendio probatorio solido, che includeva le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, riscontrate da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali e servizi di osservazione. Per uno degli indagati, il ruolo apicale di promotore era emerso chiaramente dalle conversazioni in cui impartiva ordini e prendeva decisioni fondamentali per il gruppo. Per l’altro, il suo coinvolgimento in specifiche operazioni di importazione e l’uso di telefoni criptati forniti dall’associazione ne dimostravano la piena partecipazione.

La sussistenza delle esigenze cautelari

Infine, la Corte ha confermato la necessità della misura della custodia in carcere. Per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 opera una presunzione di adeguatezza della sola misura carceraria. I giudici hanno sottolineato come il Tribunale avesse comunque operato una concreta verifica della pericolosità degli indagati, evidenziandone lo spessore criminale e la perdurante operatività del sodalizio, elementi che rendevano attuale e concreto il pericolo di reiterazione del reato.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di fondamentale importanza pratica: per le associazioni criminali, specialmente quelle a carattere transnazionale, la competenza territoriale si radica nel luogo dove il gruppo ha il suo centro direzionale e operativo. La provenienza geografica dei suoi membri o il legame con organizzazioni madri non è dirimente se la pianificazione e la gestione delle principali attività illecite avvengono altrove. Questa interpretazione garantisce che a giudicare sia il tribunale del luogo dove il reato si è concretamente manifestato, in linea con i principi di efficienza e aderenza alla realtà fattuale del processo penale.

Come si determina la competenza territoriale per un’associazione a delinquere?
Si determina in base al luogo dove ha sede la base operativa dell’associazione, ovvero dove si svolgono la programmazione, l’ideazione e la direzione delle attività criminose, e non necessariamente dove ha origine il gruppo criminale.

È necessario aver commesso i reati-fine per essere considerati parte di un’associazione criminale?
No. La sentenza ribadisce che per configurare la partecipazione a un’associazione non è necessaria la commissione dei singoli reati-scopo (come l’importazione di droga), essendo sufficiente la prova dell’inserimento stabile nella struttura organizzativa.

Il ricorso in Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, il ricorso per cassazione non ha il potere di revisionare gli elementi materiali e fattuali. Può solo controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della valutazione delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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