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Competenza per materia: no retroattività della legge

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per violenza sessuale. La difesa sosteneva che una nuova legge, inasprendo la pena, avrebbe dovuto spostare la competenza per materia alla Corte d’Assise. La Suprema Corte ha stabilito che la modifica normativa ha natura sostanziale e non processuale, pertanto non può essere applicata retroattivamente. Di conseguenza, la competenza del Tribunale originario è stata confermata. Rigettate anche le eccezioni sull’inutilizzabilità di una testimonianza protetta e sulla motivazione della pena.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza per Materia e Successione di Leggi Penali: L’Analisi della Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione sulla successione di leggi penali nel tempo e i suoi effetti sulla competenza per materia del giudice. Il caso, relativo a gravi reati di violenza sessuale, ha offerto alla Suprema Corte l’opportunità di ribadire la distinzione fondamentale tra norme di natura sostanziale e processuale e il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

I Fatti di Causa

L’imputato, condannato in primo e secondo grado per reati di violenza sessuale, anche a danno di minori di dieci anni, ha proposto ricorso per cassazione basandolo su tre motivi principali:

1. Erronea applicazione della legge sulla competenza: Secondo la difesa, l’entrata in vigore della legge 69/2019 (c.d. Codice Rosso), che ha inasprito le pene per la violenza sessuale su minori di dieci anni portando la pena massima a 24 anni, avrebbe dovuto spostare la competenza dal Tribunale collegiale alla Corte d’Assise. Poiché l’azione penale era stata esercitata dopo l’entrata in vigore della nuova legge, questa doveva trovare applicazione.
2. Inutilizzabilità della prova: Il ricorrente lamentava l’illegittimità dell’assunzione della testimonianza di una delle persone offese, maggiorenne, avvenuta con le modalità protette dell’incidente probatorio, senza che fosse stata preventivamente accertata una sua specifica condizione di vulnerabilità.
3. Vizio di motivazione sulla pena: Si contestava l’aumento di pena applicato per la continuazione tra i vari episodi di violenza, ritenuto eccessivo e ingiustificato rispetto a quanto motivato dalla Corte d’Appello.

La Questione della Competenza per Materia e la Legge 69/2019

Il cuore della decisione ruota attorno al primo motivo di ricorso. La legge 69/2019 ha raddoppiato la pena per la violenza sessuale su minori di dieci anni, portandola da un massimo di quattordici a ventiquattro anni di reclusione. Questo inasprimento sanzionatorio ha un effetto indiretto sulla competenza per materia, poiché i delitti puniti con una pena massima di 24 anni o superiore sono di competenza della Corte d’Assise.

La difesa sosteneva che, in base al principio tempus regit actum, si dovesse guardare al momento dell’esercizio dell’azione penale per determinare il giudice competente. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, affermando un principio consolidato.

L’Utilizzabilità delle Dichiarazioni in Modalità Protetta

Sul secondo punto, la Corte ha chiarito che le irregolarità nelle modalità di assunzione della prova testimoniale, come l’uso delle modalità protette senza un’esplicita dichiarazione di vulnerabilità per un teste maggiorenne, non comportano la nullità o l’inutilizzabilità della prova stessa. Si tratta, al più, di irregolarità procedurali che la difesa ha l’onere di eccepire immediatamente durante l’assunzione della prova. In assenza di una tempestiva eccezione, ogni eventuale vizio si considera sanato.

La Motivazione della Pena nel Reato Continuato

Anche il terzo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che, nel determinare l’aumento di pena per il reato continuato, il giudice deve motivare in modo distinto per ciascun reato satellite. In questo caso, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato l’aumento di dieci mesi di reclusione facendo riferimento alla “elevata frequenza e consistente protrazione delle condotte, reiterate per circa quattro anni”, una motivazione ritenuta congrua e sufficiente.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su una chiara distinzione tra norme sostanziali e processuali. Una norma che modifica il trattamento sanzionatorio di un reato ha natura prettamente sostanziale. L’effetto sulla competenza del giudice è solo una conseguenza indiretta di tale modifica. In base al principio costituzionale di irretroattività della legge penale sfavorevole (art. 25 Cost.), una norma sostanziale che inasprisce una pena non può essere applicata a fatti commessi prima della sua entrata in vigore.

Di conseguenza, per i reati commessi prima dell’agosto 2019 (data di entrata in vigore della L. 69/2019), si applica la vecchia, più mite, cornice edittale. Poiché tale cornice non superava il limite di pena previsto per la competenza della Corte d’Assise, la giurisdizione rimaneva correttamente incardinata presso il Tribunale collegiale, a prescindere dal momento in cui l’azione penale è stata esercitata.

Per quanto riguarda la testimonianza, la Corte ha ribadito che l’inutilizzabilità è una sanzione grave, prevista solo per le prove assunte in violazione di specifici divieti di legge (art. 191 c.p.p.), e non per prove assunte con modalità semplicemente diverse da quelle prescritte. Le doglianze sulle modalità di conduzione dell’esame testimoniale devono essere sollevate subito, altrimenti non possono essere fatte valere in seguito.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione riafferma due principi cardine del sistema penale e processuale:

1. La natura sostanziale delle norme che modificano le pene prevale sui loro effetti processuali indiretti, come quelli sulla competenza. Pertanto, il principio di irretroattività della legge penale più severa si applica pienamente, radicando la competenza presso il giudice che l’avrebbe avuta al momento della commissione del fatto.
2. Le irregolarità procedurali nell’assunzione di una prova non ne causano automaticamente l’inutilizzabilità, a meno che non sia espressamente previsto dalla legge. Le parti hanno l’onere di eccepire tali vizi tempestivamente per evitare che vengano sanati.

Una nuova legge che aumenta la pena per un reato e sposta la competenza a un giudice superiore si applica ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una legge che modifica il trattamento sanzionatorio ha natura sostanziale. In base al principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole, essa non può essere applicata a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Di conseguenza, la competenza a giudicare rimane quella del giudice previsto dalla legge vigente al momento del fatto.

L’irregolarità nell’assunzione di una testimonianza con modalità protette rende la prova inutilizzabile?
No. Secondo la Corte, un’irregolarità nelle modalità di assunzione della prova dichiarativa, come l’uso non pienamente giustificato di un’audizione protetta per un teste maggiorenne, non integra né nullità né inutilizzabilità della prova. Si tratta di una mera irregolarità procedurale che deve essere eccepita dalla parte interessata immediatamente durante l’assunzione della prova stessa, altrimenti si considera sanata.

Come deve essere motivato l’aumento di pena per il reato continuato?
Il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascun reato satellite. La motivazione deve essere adeguata a far comprendere le ragioni dell’aumento, come ad esempio la gravità dei fatti, la frequenza o la durata delle condotte, per consentire di verificare il rispetto dei limiti di legge e la proporzionalità della pena complessiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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