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Competenza per connessione: quando si applica al reato-fine

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per narcotraffico, confermando la custodia cautelare in carcere. La sentenza stabilisce che la competenza per connessione si applica anche quando l’indagato, pur non accusato del reato associativo, commette un reato-fine (traffico di droga) che era sin dall’inizio uno degli scopi specifici dell’associazione criminale. Inoltre, la Corte ha ribadito la piena utilizzabilità delle prove derivanti da chat criptate, acquisite da autorità estere tramite Ordine di Indagine Europeo, in linea con le recenti pronunce delle Sezioni Unite.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza per connessione nel narcotraffico e validità delle chat criptate

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35788 del 2024, affronta due temi cruciali della procedura penale moderna: la competenza per connessione tra reati associativi e reati-fine, e l’utilizzabilità delle prove provenienti da chat criptate acquisite tramite Ordine di Indagine Europeo (O.I.E.). La decisione fornisce chiarimenti fondamentali per i casi di criminalità organizzata, in particolare per il traffico internazionale di stupefacenti.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere per gravi reati legati al narcotraffico, tra cui concorso nell’importazione, ricezione, trasporto e detenzione di ingenti quantitativi di cocaina. L’ordinanza cautelare era stata emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria e confermata dal Tribunale del riesame.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Incompetenza territoriale: Si sosteneva che la competenza spettasse al Tribunale di Locri, luogo di presunta ideazione e consumazione dei reati contestati all’indagato, il quale non era accusato del reato associativo previsto dall’art. 74 d.P.R. 309/90.
2. Carenza di esigenze cautelari: La difesa lamentava una motivazione insufficiente, dato che i fatti risalivano al 2020 e non era contestata la partecipazione a un’associazione criminale.
3. Inutilizzabilità delle prove: Con motivi aggiunti, si eccepiva l’inutilizzabilità dei dati estratti da chat criptate, ottenuti dalle autorità francesi e trasmessi a quelle italiane tramite O.I.E.

L’analisi della competenza per connessione da parte della Corte

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’analisi del primo motivo di ricorso. La Corte ha stabilito che la competenza del Tribunale di Reggio Calabria, sede della Direzione Distrettuale Antimafia, è correttamente fondata sulla cosiddetta competenza per connessione teleologica, prevista dall’art. 12, lett. c), del codice di procedura penale.

La Corte ha spiegato che, sebbene all’indagato non fosse contestato il reato associativo, le sue condotte (i cosiddetti reati-fine di narcotraffico) erano state commesse in un quadro strettamente legato all’attività di un’associazione criminale. Secondo la ricostruzione accusatoria, lo specifico traffico di stupefacenti non era un episodio isolato, ma rappresentava uno degli scopi iniziali e fondamentali per cui l’associazione stessa era stata costituita. L’organizzazione era nata proprio con l’obiettivo di realizzare quel determinato traffico, per poi proseguire con altre operazioni.

Questo legame finalistico (teleologico) tra il reato associativo e il reato-fine è sufficiente a radicare la competenza presso il giudice del reato principale (quello associativo), anche nei confronti di chi risponde solo del reato collegato. Si attiva, in questi casi, la vis attractiva dell’ufficio inquirente distrettuale.

La validità delle prove da chat criptate

Sul secondo punto cruciale, la Corte ha rigettato l’eccezione di inutilizzabilità delle chat criptate, richiamando le recenti e fondamentali sentenze delle Sezioni Unite (n. 23756 e n. 23755 del 2024). È stato ribadito che l’acquisizione tramite O.I.E. di dati già decriptati e in possesso di un’autorità giudiziaria estera è una procedura legittima.

I giudici hanno chiarito che:
– Non si tratta di un’intercettazione in corso, ma dell’acquisizione di prove documentali (dati informatici) già esistenti.
– La procedura è ammissibile se, in un caso analogo interno, l’acquisizione di tali prove sarebbe stata consentita.
– L’eventuale mancata disponibilità dell’algoritmo di decriptazione incide sull’affidabilità della prova, non sulla sua utilizzabilità, e spetta alla difesa fornire elementi concreti per dubitare della corrispondenza tra dato criptato e decriptato.
– L’onere di dimostrare specifiche violazioni dei diritti fondamentali nel processo di acquisizione all’estero grava sulla parte che le eccepisce.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha ritenuto infondato il ricorso in ogni suo punto. La motivazione principale si basa sull’esistenza di una connessione teleologica oggettivamente percepibile tra i reati. Secondo i giudici, i fatti contestati dimostrano che, al momento della costituzione dell’associazione, i promotori avevano già pianificato lo specifico traffico di droga come mezzo per avviare e finanziare l’organizzazione. Questo legame finalistico giustifica l’attrazione della competenza al tribunale distrettuale. Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Corte ha considerato adeguata la valutazione del Tribunale del riesame, che ha sottolineato l’elevato numero di episodi delittuosi, la loro gravità e la spiccata proclività a delinquere dell’indagato, inserito in contesti criminali nazionali e internazionali. Infine, sulla questione delle chat, la Cassazione ha applicato i principi consolidati dalle Sezioni Unite, confermando la piena legittimità dell’acquisizione dei dati tramite O.I.E. quando questi sono già nella disponibilità di un’autorità giudiziaria straniera.

Le conclusioni

La sentenza n. 35788/2024 consolida due orientamenti giurisprudenziali di grande rilevanza. In primo luogo, rafforza gli strumenti della Procura Distrettuale, estendendo la sua competenza anche a soggetti non formalmente accusati di reati associativi, a condizione che sia provato un nesso finalistico con l’attività del sodalizio criminale. In secondo luogo, chiude definitivamente il dibattito sull’utilizzabilità dei dati provenienti da piattaforme di comunicazione criptate come EncroChat o Sky ECC, quando acquisiti attraverso la cooperazione giudiziaria europea, fornendo agli inquirenti uno strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale.

Quando si applica la competenza per connessione anche a chi non è accusato di reato associativo?
Si applica quando il reato commesso dalla persona (ad esempio, un singolo traffico di droga) costituisce la realizzazione di uno degli scopi specifici per cui l’associazione criminale è stata creata. Se il reato-fine è legato da un nesso teleologico (di scopo) al reato associativo, la competenza viene attratta dal giudice competente per quest’ultimo, anche se l’imputato risponde solo del primo.

Le prove derivanti da chat criptate e acquisite da autorità estere sono utilizzabili in Italia?
Sì, sono utilizzabili. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha confermato che l’acquisizione tramite Ordine di Indagine Europeo (O.I.E.) di dati già decriptati e in possesso di un’autorità giudiziaria estera è una procedura legittima. Si tratta di acquisizione di prove documentali e non di intercettazioni, e la loro ammissibilità è pienamente riconosciuta.

Cosa si intende per connessione teleologica tra un’associazione per delinquere e un singolo reato di narcotraffico?
Significa che il singolo episodio di traffico non è un’attività estemporanea, ma era stato programmato fin dall’inizio come uno degli obiettivi fondanti dell’associazione criminale. L’associazione è stata costituita anche con lo scopo specifico di realizzare quel traffico, che diventa quindi un “reato-fine” intrinsecamente legato al “reato-mezzo” (l’associazione stessa).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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