Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11932 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11932 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 12/06/1978
avverso l’ordinanza del 17/01/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/s~ le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 17/01/2018 della Corte di appello di Napoli che, quale giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli di applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni ai sensi dell’art. 417 cod. pen. e di revoca del beneficio dell’indulto 1 luglio ex legge 3 2006, n. 241, concesso con ordinanza del 31 marzo 2011 della stessa Corte territoriale nella misura di anni uno, mesi undici, giorni venti di reclusione, per i reati di cui alla sentenza della Corte di appello di Napoli del 18 maggio 2005, definitiva il 9 marzo 2006.
La revoca era stata richiesta in forza della sentenza della Corte di appello di Napoli del 17 febbraio 2014, definitiva il 26 marzo 2015, con la quale COGNOME era stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione, perché ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 416 pen., commesso dal 2004 al 21 bis cod. febbraio 2012. La difesa aveva formulato al giudice dell’esecuzione un’eccezione di competenza, articolata sul presupposto che la sentenza della Prima sezione della Corte di appello di Napoli del 17 febbraio 2014 era stata annullata dalla Corte di cassazione con rinvio a diversa sezione della stessa Corte territoriale.
Il giudice dell’esecuzione, in via pregiudiziale, ha respinto l’eccezione di competenza, evidenziando che l’annullamento della Corte di cassazione aveva investito unicamente la posizione di un altro imputato, NOME COGNOME limitatamente all’omessa motivazione sulla richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, nel resto rigettando i ricorsi.
Nel merito, il giudice dell’esecuzione ha revocato, ai sensi dell’art. 1, comma 3, legge 31 luglio 2006, n. 241, il beneficio dell’indulto concesso a COGNOME, evidenziando che quest’ultimo, dopo la concessione del beneficio, aveva riportato nei cinque anni dall’entrata in vigore della legge dell’indulto, pubblicata il 31 luglio 2006, un’ulteriore condanna ad una pena non inferiore ai due anni di reclusione per il delitto di cui all’art. 416 n., consumato in un periodo bis cod. pe compreso tra il 2004 e il 2012. La Corte di appello di Napoli, inoltre, rilevando che a norma dell’art. 417 cod. pen. la nna per il delitto di associazione conda mafiosa comporta di diritto l’applicazione di una misura di sicurezza che era stata omessa nella sentenza di condanna, ha applicato a COGNOME, a pena espiata, la misura di sicurezza della libertà vigilata per un periodo di tre anni dopo l’espiazione della pena.
2. Denuncia il ricorrente inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza con riferimento all’art. 665, comma 3, cod. proc. pen., perché il giudice dell’esecuzione non avrebbe considerato che, in forza del principio di unicità dell’esecuzione di un medesimo provvedimento, sancito da consolidata giurisprudenza di legittimità, laddove la norma di cui all’art. 665, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che “quando è stato pronunciato l’annullamento con rinvio è competente il giudice di rinvio”, essa opera anche nel caso in cui l’annullamento sia stato solo soggettivamente parziale e l’esecuzione riguardi un soggetto nei cui confronti non sia stato pronunciato annullamento della decisione impugnata (Sez. 1 n. 5146 del 22/11/2017), sicché la competenza a decidere sulla richiesta formulata dal Procuratore generale doveva essere individuata nella Quinta sezione della Corte di appello di Napoli e non nella Prima sezione, come avvenuto nel caso di specie. La Corte di cassazione, infatti, aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte territoriale, seppure in relazione ad uno dei computati del giudizio alla Corte di appello di Napoli, e il nuovo giudizio era stato svolto dalla Quinta sezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso sia manifestamente infondato e, come tale, vada dichiarato inammissibile.
2. La Corte ribadisce che la competenza del giudice dell’esecuzione attiene all’ufficio giudiziario e non al giudice persona fisica o alla sezione in cui si articol in concreto un determinato ufficio giudiziario, perché la suddivisione degli affari tra le sezioni e, in generale, tra i singoli giudici attiene a questione tabellare e non alla capacità o alla competenza del giudice (art. 33 comma 2 cod. proc. pen.).
Di conseguenza, anche se la giurisprudenza di legittimità si et- più volte pronunciata, affermando la competenza del giudice di rinvio nel caso in cui l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione fosse avvenuto soltanto nei confronti di alcuni coimputati, prevale il principio dell’unicità de giudice dell’esecuzione, per il quale deve essere individuato il giudice dell’esecuzione in quello di rinvio, anche per i coimputati per i quali la sentenza era già divenuta definitiva uttavia non esiste un’attribuzione di competenza / “r distinta di una sezione rispetto ad un’altra del medesimo ufficio giudiziario,r(Sez. 1, n. 12484 del 01/02/2007, Merico, Rv. 236383). All’interno dello stesso ufficio
giudiziario tale disposizione normativa non può essere interpretata nel senso di attribuire una competenza distinta ad una sezione rispetto ad altra, perché la suddivisione degli affari tra le sezioni attiene ad una questione tabellare interna e non alla capacità e tantomeno alla competenza del giudice ed il rinvio disposto in sede di cognizione dalla Corte di cassazione ad altra sezione del giudice di rinvio opera nei limiti dell’art. 623 cod. proc. pen. e non rileva agli effetti del competenza del giudice dell’esecuzione.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro 3000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/12/2018.