Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 233 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 233 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato il 18/12/1979 a Tropea
Avverso l’ordinanza in data 22/06/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno
chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/06/2023 il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, ha annullato nei confronti di NOME COGNOME quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 1/06/2023 con riguardo al reato di partecipazione ad associazione mafiosa di cui al capo 1 e ha sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari in relazione al reato di cu
all’art. 512-bis cod. pen., aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo 161), ai reati di cui all’art. 640-bis cod. pen. (capi 130, 131, 1.34, 137), al reat di cui all’art. 346-bis cod. pen. (capo 129), ai reato di tentata estorsione (capo 47).
Ha proposto ricorso COGNOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’art. 512-bis cod. pen.
A fronte dell’addebito incentrato sull’intestazione fittizia, unitamente a NOME COGNOME delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, erano state segnalate talune criticità, in ordine al ruolo rivestito da NOME COGNOME e dai suoi figli, nonché in ordine all’acquisto dell’imbarcazione che non avrebbe potuto dirsi finanziato dai COGNOME, fermo restando il legame di parentela tra COGNOME e i COGNOME.
Il Tribunale non si era confrontato con i rilievi difensivi e inoltre non aveva valutato il profilo del dolo specifico che deve connotare il reato e che deve aver ad oggetto l’elusione della normativa in materia di misure di prevenzione, non essendo sufficiente il fatto che un anno e mezzo prima fosse emerso il coinvolgimento di taluni indagati nell’indagine Costa Pulita.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di tentata estorsione.
Il Tribunale aveva fondato la gravità indiziaria relativa al delitto in esame, consistito nell’esplosione di colpi di pistola al fine di costringere NOME COGNOME a desistere dal pretendere il soddisfacimento di alcuni crediti vantati nei confronti di COGNOME e di COGNOME nello svolgimento di attività di noleggio con conducente, su due frammenti di conversazioni intercettate circa un anno dopo Dresso il Comando dei Carabinieri, interpretate nel senso che COGNOME parlando con la moglie aveva inteso accusare COGNOME dell’azione criminosa.
Ma non erano stati indicati i crediti non pagati e non era stato spiegato perché le conversazioni dovessero riferirsi all’episodio in contestazione, fermo restando che dal dialogo avrebbe potuto desumersi che si trattasse semmai di un’opinione di COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 27, 51, comma 3-bis, 291 cod. proc. pen. con riferimento ai reati di truffa.
Eccepisce il ricorrente l’incompetenza del G.i.p. distrettuale, in conseguenza del fatto che era stata esclusa per tali reati l’aggravante di cui all’art. 416-bis. cod. pen. e che si trattava di fatti commessi a Vibo Valentia.
La questione, non sollevata nei precedenti gradi, avrebbe potuto comunque formare oggetto di ricorso in presenza degli elementi di valutazione necessari.
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Avrebbe dovuto reputarsi non coerente con l’insegnamento delle Sezioni Unite il principio per cui non rileva ai fini della competenza distrettuale l’esclusione in sede cautelare dell’aggravante oggetto di originaria iscrizione, dovendosi invece ritenere che il giudice che riscontri l’incompetenza abbia l’onere di verificare la sussistenza di tutte le condizioni per l’applicazione della cautela, principio affermato anche nel caso di riqualificazione, operata in sede cautelare, di un reato originariamente riconducibile all’ambito di operatività dell’art. 51-comma 3-bis cod. proc. pen.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
Il Tribunale aveva inteso far riferimento alla presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ma non aveva tenuto conto di elementi idonei ad escludere le esigenze o a farle risultare affievolite, in particolare il tempo trascorso, considerando che il reato aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. risaliva al 2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, relativo al delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. (cap 161), è genericamente formulato.
Il Tribunale ha dato conto, attraverso l’analisi di plurime conversazioni intercettate, della veste dominante assunta dai COGNOME, in particolare il padre NOME e il figlio NOME -ritenuti esponenti di una cosca inquadrata in una locale di ‘ndrangheta-, nella gestione della società RAGIONE_SOCIALE, costituita nell’ottobre 2017 e formalmente intestata a COGNOME e a COGNOME.
Ciò che rileva, in particolare, è la circostanza (desunta dalle conversazioni di cui sono stati riportati frammenti significativi) della riferibilità delle decisioni di tipo strategico (rapporti con COGNOME) sia inerenti a questioni economiche (anche nel rapporto con altri dipendenti), ai COGNOME, egemoni anche nella verifica dei conti, a dimostrazione non di un generico controllo ab extrinseco, ma di un diretto ed effettivo coinvolgimento gestionale, come riferito a cosa propria.
Il motivo di ricorso non si misura specificamente cori la motivazione, risultando inidonei a sovvertire la valutazione del Tribunale i generici rilievi incentrati sul rapporto di parentela tra i COGNOME e COGNOME e sul fatto che COGNOME NOME fosse stato assunto come dipendente nel 2018, elementi che non valgono a superare la concludenza, non illogicamente ravvisata, dell’attestata posizione egemone dei COGNOME, che in relazione ai loro trascorsi e alla sopravvenienza di ulteriori indagini che avrebbero potuto coinvolgerli, avevano interesse ad eludere l’eventuale applicazione di misure di prevenzione.
Deve sul punto aggiungersi che le deduzioni volte ad attestare la legittima provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE sono generiche, al pari della documentazione prodotta, che dà conto della interlocuzione ai fini dell’acquisito e del bonifico effettuato, ma non dimostra la diretta provenienza della somma dai due soci.
Può dunque dirsi immune da vizi il giudizio del Tribunale in ordine alla gravità indiziaria per il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. nel presupposto dell strumentale intestazione al ricorrente e a COGNOME delle quote della società, riferibile per contro ai COGNOME.
Inoltre, va rimarcato sotto il profilo soggettivo come il Tribunale abbia correttamente valorizzato l’orientamento in forza del quale occorre che la finalità che forma oggetto del dolo specifico sia riferibile ad almeno uno dei concorrenti nel reato, essendo sufficiente che gli altri siano consapevoli di tale finalità (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796).
E’, per contro, fondato il secondo motivo, avente ad oggetto il delitto di tentata estorsione di cui al capo 47).
La ricostruzione del Tribunale si è fondata essenzialmente su frammenti di conversazioni intercettate, intercorse, a quasi un anno di distanza dai fatti, tra COGNOME COGNOME, titolare dell’autosalone nel quale erano stati esplosi colpi di arma da fuoco a scopo intimidatorio, e sua moglie, presso la Caserma dei Carabinieri.
In quelle conversazioni si faceva riferimento a NOME, individuato in COGNOME, e al fatto che «mi devono pagare»: in tale quadro COGNOME aveva aggiunto «quello là è stato sicuro!».
Sta di fatto che il Tribunale ha confusamente inquadrato la vicenda, sottolineando che «COGNOME avrebbe subito l’atto intimidatorio per aver adottato tariffe altamente concorrenziali, andando a destabilizzare un settore commerciale controllato da COGNOME NOME NOME», ma di seguito correlando l’atto all’intento di far desistere COGNOME dal pretendere un pagamento, senza peraltro aver individuato concretamente la natura e l’entità del credito.
Deve aggiungersi che, come esattamente rilevato dalla difesa, le affermazioni fatte da COGNOME nel corso della conversazione con la moglie, esprimevano un convincimento del predetto sulla base di un ragionamento, ma non implicavano la certezza dell’attribuzione del fatto a COGNOME.
Orbene, posto che il Tribunale ha, nel contempo, ritenuto non decisivi elementi di contorno, che erano stati valorizzati nell’ordinanza genetica, deve rimarcarsi come la motivazione formulata non resista alle censure difensive, in quanto incentrata su indizi di cui non è stata debitamente valutata la specifica portata, onde procedere poi al loro raccordo con altri elementi acquisiti, peraltro
in un quadro di sostanziale incertezza in ordine all’effettiva causale dell’atto intimidatorio.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Al di là del fatto che sia o meno deducibile con il ricorso la questione dell’incompetenza, non eccepita nella precedente fase del giudizio cautelare (in senso affermativo si richiama Sez. 6, n. 2336 del 07/01/2015, Pretner Calore, Rv. 262081), è decisivo il rilievo che il motivo si fondi solo sulla circostanza che con riguardo ai delitti di truffa, diversamente da quanto ritenuto per il delitto di c all’art. 512-bis cod. pen., non sia stata ravvisata l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., essendo stata inoltre esclusa la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione alla cosca di ‘ndrangheta: va al riguardo rimarcato come non sia stata concretamente prospettata la mancanza di connessione tra i plurimi reati ipotizzati a carico del ricorrente e come continui, per contro, ad assumere rilievo essenziale in questa fase, ai fini della speciale competenza distrettuale, l’iscrizione di COGNOME nel registro di cui all’art. 335 cc:id. proc. pen. anche per il re associativo, di cui è stata solo esclusa in sede di riesame la gravità indiziaria, senza che risultino intervenuti provvedimenti di separazione e di diversa definizione della relativa posizione.
Può sul punto richiamarsi il condivisibile orientamento secondo cui la competenza del giudice distrettuale persiste nel caso in cui il medesimo, chiamato a sua volta a decidere di una richiesta di misura cautelare, abbia ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato qualificante, atteso che il procedimento seguita a pendere anche per il titolo di reato qualificante ai fini del suo accertamento (così Sez. 1, n. 43953 del 09/07/2019, GIP Tribunale Messina, Rv. 277499, che ha anche coerentemente sottolineato che «la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari distrettuale, radicatasi in conseguenza della diversa qualificazione di uno dei fatti oggetto di contestazione ad opera del giudice circondariale investito di una richiesta di misura cautelare, viene meno, per i reati non rientranti nell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., qualora il pubblico ministero distrettuale, al quale siano stati trasmessi gli atti, abbia disposto la separazione del reato esercitante la “vis attractiva” ed ottenuto per esso l’archiviazione, atteso il sopravvenuto venir meno dell’iscrizione di detto reato nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., integrante l’unic fattore legittimante, anche per i reati connessi, la deroga alle ordinarie regole di competenza “ratione loci”).
I rilievi difensivi risultano, dunque, del tutto inidonei a giustificare in quest fase il parziale venir meno della competenza distrettU2A2, almeno con riguardo ai delitti di truffa.
Ordunque, in relazione al secondo motivo si rende necessaria una nuova valutazione della gravità indiziaria concernente il delitto di tentata estorsione, valutazione dalla quale dipende l’individuazione del definitivo quadro a carico del ricorrente, rilevante anche ai fini del giudizio sulle esigenze cautelari: ciò impone, nei limiti indicati, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con assorbimento del motivo sulle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura e con rinvio al Tribunale di Catanzaro, solo in tale sede potendosi utilmente apprezzare la valenza dei rilievi difensivi in ordine profilo cautelare, correlato a quel definitivo quadr indiziario.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, c.p.p. Così deciso il 29/11/2023