Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32374 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PRINCIPALE NOME NOME a Pagani l’ DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Ancona del 16/04/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugNOME ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Ancora ha respinto la domanda di liberazione condizionale formulata, ai sensi dell’art. 16-nonies, 1.82/91, da NOME COGNOME (collaboratore di giustizia, titolare di speciale programma di protezione, ammesso alla detenzione domiciliare sin dal 2012 in forza della citata normativa) con riferimento alla pena di cui al provvedimento di cumulo n. 1178/2019 della Procura generale presso la Corte di appello di Napoli.
Avverso tale ordinanza il condanNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per il s annullamento.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 176 cod. pen. e 16-noniesl. 82/91, nonché la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione rispetto alle risultanze processuali. In particolare, il ricorrente osserva che il Tribunale di sorveglianza, pur dando atto della sua regolare condotta, della mancata segnalaziontdi violazioni delle prescrizioni relativa alla detenzione domiciliare (nella quale si trova da tredici anni), del continuo svolgimento di attività lavorativa e di volontariato, della rilevanza della sua collaborazione, ha però contraddittoriamente negato la liberazione condizionale ritenendo di dovere escludere il sicuro ravvedimento in considerazione della mancata attivazione per l’adempimento, anche parziale, delle obbligazioni civili nascenti dai gravi reati per i quali egli è stato condanNOME.
2.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 176 cod. pen. e 16-nonies I. 82/91 per avere il Tribunale di sorveglianza escluso la sussistenza del sicuro ravvedimento, nonostante la sussistenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza nella ipotesi di richiesta proposta da collaboratori di giustizia.
2.3. Con il terzo motivo il condanNOME si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., della violazione dell’art. 16-nonies, commi 3 e 4, I. 82/91 e del vizio di motivazione per essere stata fondata la reiezione della
liberazione condizionale sul mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dai reati, sebbene tale requisito non sia previsto dalla normativa speciale dettata per i collaboratori di giustizia quale è, per l’appunto, NOME COGNOME.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato, in data 2 luglio 2025, articolata memoria di replica alla requisitoria della Pubblica accusa, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, poiché il Tribunale di sorveglianza di Ancona è funzionalmente incompetente a decidere sulla richiesta di liberazione condizionale avanzata da NOME COGNOME.
Anzitutto, deve ritenersi che anche nel procedimento di sorveglianza la questione relativa all’incompetenza territoriale del giudice sia correlata, diversamente COGNOME che COGNOME nel COGNOME procedimento COGNOME di COGNOME cognizione, COGNOME al COGNOME “genus” dell’incompetenza funzionale dell’organo proponente e, di conseguenza, essendo essa stessa di natura funzionale e inderogabile, è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, mancando nella disciplina speciale una preclusione temporale come avviene per il giudizio di cognizione (vedi, in fattispecie assimilabile alla presente, Sez. 1, n. 12564 del 20/02/2015, Rv. 262871 – 01).
Ciò posto, il Collegio osserva che il Tribunale di sorveglianza di Ancona è funzionalmente incompetente a pronunciarsi sulla liberazione condizionale richiesta da NOME COGNOME, per effetto della sua condizione di soggetto sottoposto al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, che impone di reputare competente a decidere il Tribunale di sorveglianza di Roma, a prescindere dal momento della presentazione dell’istanza in esame (in senso conforme, Sez. 1, n. 4930 del 27/11/2019, dep. 2020, Rv. 278179 – 01). L’incompetenza funzionale del Tribunale di sorveglianza di Ancona trae il suo fondamento dalla previsione dell’art. 16 -nonies, comma 8, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, che introduce un’eccezione alle regole generali sulla competenza stabilite in
materia di misure alternative alla detenzione dall’art. 677, comma 1, cod. proc. pen. Dispone, in particolare, l’art. 16-noníes, comma 8, decreto-legge n. 8 del 1991: «Quando i provvedimenti di liberazione condizionale, di assegnazione al lavoro all’esterno, di concessione dei permessi premio e di ammissione a taluna delle misure alternative alla detenzione previste dal Titolo I, Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti di persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell’articolo 12, comma 3-bis, del presente decreto». In questa cornice, deve rilevarsi che l’indicato art. 16-nonies, nel richiamare espressamente l’applicazione delle «misure alternative alla detenzione previste dal Titolo I, Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni », ai fini dell’individuazione della competenza della magistratura di sorveglianza, non consente alcuna distinzione fondata sulla natura trattamentale del beneficio penitenziario invocato, introducendo una deroga alle regole generali stabilite dall’art. 677, comma 1, cod. proc. pen., dalla quale deriva la competenza funzionale della Magistratura di sorveglianza di Roma.
3. Sulla base di queste considerazioni, la competenza generale della Magistratura di sorveglianza di Roma per i collaboratori di giustizia deve considerarsi come la conseguenza di un’attribuzione di natura funzionale, che costituisce un’eccezione alle regole generali stabilite dall’art. 677, comma 1, cod. proc. pen. e non è derogabile. In tale contesto, deve rilevarsi che, nel caso in esame, la richiesta di ammissione alla liberazione condizionale è stata avanzata da NOME COGNOME nella sua qualità di detenuto domiciliare ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, che comporta che la sua istanza viene disciplinata, sia per il suo oggetto che per il soggetto che l’avanza (la cui peculiare condizione impone che si predisponga ogni strumento idoneo ad assicurare l’incolumità personale dell’istante e del suo nucleo familiare), dal combiNOME disposto degli artt. 176 cod. pen. e 16-nonies I. 82/91. Occorre, pertanto, ribadire che il citato art. 16-nonies impone di ritenere funzionale e inderogabile la competenza della Magistratura di sorveglianza di Roma in materia di misure alternative alla detenzione richieste dai collaboratori di giustizia, a prescindere dal momento in cui viene presentata l’istanza di ammissione al beneficio penitenziario. Sul punto, non si può che richiamare la giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui: «In tema di differimento, obbligatorio o facoltativo, dell’esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull’istanza del detenuto collaboratore di giustizia appartiene al giudice di sorveglianza di Roma, anche quando il condanNOME non richieda la detenzione domiciliare in luogo del differimento, in quanto la competenza funzionale inderogabile di detto giudice, prevista dall’art. 16-nonies, comma 8, dl. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, in relazione alle misure alternative alla detenzione esercita una “vis attractiva” anche sulla richiesta implicita – in ogni caso valutabile d’ufficio dal giudice – di esecuzione della pena nel domicilio» (Sez. 1, n. 36061 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 276837-01). Né potrebbe essere diversamente, atteso che, come affermato da questa Corte, nell’arresto chiarificatore sopra citato (Sez. 1, n. 36061 del 27/06/2019, COGNOME, cit.), la normativa alla quale ci si è riferiti discende dalla peculiare posizione dei soggetti ammessi al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, per i quali il legislatore «ha stabilito una regola di determinazione della competenza del tutto particolare, sia con riferimento ai soggetti ai quali si applica sia con riferimento ai criteri applicabili, statuendo una competenza funzionale di natura inderogabile ». Del resto, un attento vaglio delle norme dedicate alla competenza nei procedimenti di sorveglianza induce a ritenere «impropria la stessa qualificazione della competenza del Tribunale di Sorveglianza in termini di mera competenza territoriale , giacché essa si radica in virtù di un collegamento ordinamentale [-l».
Le considerazioni esposte impongono l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, cui consegue la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma per l’esame della istanza di liberazione condizionale in oggetto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.