Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17652 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17652 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 399/2025
UP – 26/03/2025
Relatore –
R.G.N. 3509/2025
NOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVELLINO il 26/10/1965
avverso la sentenza del 11/10/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME dichiararsi udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso come da requisitoria chiedendo inammissibile il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, in persona del sostituto processuale, avv. NOME COGNOME in qualità di sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Benevento del 16.10.2018, che
condannava NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione (vendita di merce sotto costo con dissipazione del patrimonio aziendale, sottrazione di merce dalle rimanenze di magazzino, corresponsione di compensi non autorizzati dalla società all’amministratore , eliminazione dalla contabilità di crediti verso soci) e documentale, quale amministratore unico, a tempo indeterminato, della società RAGIONE_SOCIALE , assolveva l’imputato dall a bancarotta documentale e dalle ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale, eccetto quella relativa al compenso non autorizzato a ll’amministratore, rideterminando la pena inflitta nonché la durata delle pene accessorie.
Contro l’anzidetta sentenza, l ‘ imputato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato a quattro motivi, qui di seguito sintetizzati, ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. proc. pen .
2.1 Il primo motivo di ricorso lamenta vizio di violazione di legge processuale per difetto di correlazione tra contestazione e sentenza, ai sensi del l’art. 521 cod. proc. pen, deducendo che il ricorrente sarebbe stato condannato per aver eseguito prelievi di cassa, giustificati con l’emissione di tre fatture , aventi ad oggetto lavoro occasionale per gestione amministrativa, di cui non è provato l’effettivo svolgimento e non per aver prelevato somme a titolo di compenso.
2.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta vizio di violazione di legge e vizi motivazionali, in relazione agli artt.216 e 219 L.F. e 51 cod. pen. e 36 Cost., quanto alla ritenuta sussistenza della bancarotta per distrazione ed alla omessa derubricazione nella bancarotta preferenziale di cui all’art.216, comma 3, L.F. Si deduce che nel 2007, la società aveva deciso di sospendere, non il compenso, ma solo la decisione sul compenso spettante all’amministratore , da rinviarsi in occasione della delibera di approvazione del bilancio per l’anno 2007, e la percezione del compenso per l ‘ attività gestoria esercitata sino al 9/08/2011, richiamando, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità, in tema di compenso spettante all’amministratore , anche in assenza di delibera assembleare, nonché i parametri della congruità rispetto al lavoro prestato, il diritto al compenso per la prestazione lavorativa svolta.
2.3. Il terzo motivo di ricorso lamenta vizio di violazione di legge e vizi motivazionali e di travisamento della prova, quanto alla interpretazione del verbale di assemblea del 29.06.2007, in termini di sospensione del compenso all’amministratore , attribuito con precedente delibera del 27/12/2005, e non in
termini di rinvio della decisione sul compenso in occasione della delibera di approvazione del bilancio 2007, deducendo che la sospensione della decisione non implicava l’assenza di delibera di determinazione del compenso, che già esisteva .
2.4 Il quarto motivo di ricorso lamenta violazione ed errata applicazione dell’art.157 e s. cod. pen. , deducendo la intervenuta prescrizione del reato alla data della decisione, nonché vizio di difetto di motivazione in relazione alla mancata applicazione della sospensione del termine di giorni sessanta al rinvio, chiesto per legittimo impedimento, per la partecipazione all’udienza del 31.03.2023 anziché dell’intero periodo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Il ricorso è inammissibile perché le censure proposte oltre ad essere manifestamente infondate sono anche meramente reiterative, non ravvisandosi vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello, che richiamano interamente la sentenza del Tribunale, nonché risultano versate in fatto e generiche, in quanto non si confrontano con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Va ad ogni modo ribadito che, nel caso di specie, si è in presenza di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, giungono a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione delle medesime emergenze istruttorie, cosicché vige il principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (cfr., Sez. 2- , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
I primi tre motivi di ricorso, perché correlati al tema dell’assenza della delibera assembleare, in merito al compenso all’amministratore , vanno trattati congiuntamente.
I motivi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
2.1 L’esame delle contestazioni mosse con l’imputazione consente di rilevare come non possa esservi fraintendimento sia in merito alla individuazione del prelievo, che si contesta a titolo distrattivo, che delle ragioni della legittimità di tale prelievo, in quanto indebito prelevamento di una somma, in contanti, a titolo di compenso, quando la società versava in difficoltà, perché aveva riportato, per l’anno 2006, una perdita per circa euro 50.000,00.
Rispetto a tale condotta, la Corte di appello, con motivazione corretta ed immune da vizi e censure, ha specificato le ragioni per le quali il prelevamento, in contanti, della somma, a titolo di compenso, non poteva essere ritenuto legittimo, in quanto non supportato da alcuna delibera assembleare, che fondasse il relativo diritto, nonché in quanto effettuato con modalità informali, senza seguire la corretta procedura di liquidazione e pagamento.
Il riferimento fatto in sentenza al contenuto delle fatture, con causale ‘ lavoro occasionale aut. x gestione amministrativa’ viene compiuto, al solo fine di evidenziare che tali documenti non consentono di individuare una diversa causa, lecita, dei prelievi di cassa, in quanto effettuati con modalità informali e in difformità alla normativa, e non certo per modificare una contestazione, che è stata valutata negli esatti termini in cui era riportata nel capo di imputazione, distinguendo la Corte di appello tra collaborazioni occasionali, non documentate, indicate quale causale dei prelievi di cassa, e il compenso fisso.
2.2 E’ certamente noto a questa Corte che il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, come ritenuto dalle sentenze di merito in doppia conforme, sia integrato dalla condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, in quanto la previsione di cui all’art. 2389 c.c. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali sia determinata con delibera assembleare perché, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'”an”, non è determinato anche nel “quantum” (Sez. 5, n.3191 del 16.01.2020; Sez. 5, n. 30105 del 05/06/2018, COGNOME, Rv. 273767 -01; Sez. 5, Sentenza n.17792 del 23/02/2017, Rv. 269639; Sez. 5, Sentenza n. 50836 del 03/11/2016, Rv. 268433; Sez. 5 n. 11405 del 12/06/2014, COGNOME e altro, Rv. 263056 -01; Sez. 5 n. 50836 del 3/11/2016, COGNOME, Rv. 268433 -01; Sez. 5, Sentenza n. 46959 del 27/10/2009, Rv. 245399).
La Corte territoriale, senza incorrere in vizio di travisamento, ha ampiamente motivato sugli elementi che, dall’esame de l contenuto del verbale di assemblea del 29.06.2007, inducono a ritenere che, nella specie, la decisione sul compenso veniva rinviata ad altra delibera assembleare e che il compenso all’amministratore
doveva essere, di volta in volta, riconosciuto e deliberato nell’an e nel quantum, come appositamente deliberato per i periodi precedenti, e che, successivamente al 2007, alcuna delibera assembleare riconosceva tale diritto e ne fissava l’ammontare .
Invero, anche laddove effettivamente dovuta, la retribuzione dell’amministratore deve essere certa non solo nell’an, ma altresì nel quantum, mentre la liquidazione della sua entità non è rimessa allo stesso percettore, bensì, per l’appunto, o allo statuto o all’organo assembleare. Condizioni che, nel caso di specie, non ricorrono, atteso che non risulta alcuna deliberazione di quest’ultimo – né il ricorso ha sostenuto che la stessa esista – ovvero che lo statuto prevedesse l’ammontare del compenso, che, infatti, il ricorrente calcola in maniera astratta e sommaria, rivelando come, a tutto concedere, l’imputato avrebbe provveduto ad una indebita “autoliquidazione” dei suoi compensi, del tutto ingiustificabile, anche solo agli eventuali fini di una derubricazione del fatto nella meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale. E’, infatti, necessario ricordare come questa Corte abbia precisato che commette il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19 luglio 2017, Alija, Rv. 271464).
Anche in relazione a tale profilo, le deduzioni difensive sollecitano a questa Corte una diversa ricostruzione dei fatti e una rivalutazione delle risultanze processuali, peraltro, non denunziando vizi di travisamento tali da poter ritenere che i giudici di merito abbiano fondato il proprio convincimento su elementi insussistenti o, per come esposti nel provvedimento impugnato, incontestabilmente diversi da quelli reali, ovvero abbiano trascurato un elemento esistente e decisivo, in modo da sollecitare un intervento della Cassazione nel senso non di una reinterpretazione degli elementi probatori, ma della verifica sulla sussistenza e sul contenuto di detti elementi.
La Corte di appello ha, dunque, ritenuto indebiti i prelevamenti di denaro dalle casse sociali, in quanto non solo non autorizzati bensì non giustificati da dati ed elementi di confronto, che ne consentano una oggettiva valutazione, e per di più in epoca di grave dissesto della società, tali da integrare la condotta distrattiva contestata e ritenuta dal Tribunale (Sez. 5, Sentenza n. 3191 del 16/11/2020, dep. 2021, Rv. 280415 -01).
Con la stessa motivazione, in assenza di prove circa lo svolgimento delle attività descritte nelle fatture, è stata esclusa la possibilità di derubricazione del fatto in bancarotta preferenziale, facendo sempre riferimento all’inesistenza di un diritto al compenso, mai deliberato dall’assemblea della società.
Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso in quanto propositivo di una diversa interpretazione di un elemento di prova (il verbale dell’assemblea del 29.6.2007), compito demandato al giudice di merito ed esercitato, nel caso specifico, con argomentazione corretta e logica ed esente da qualsiasi censura.
2.4 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Erroneamente si sostiene infatti che il rinvio disposto all’udienza del 31.3.2023 doveva comportare una sospensione del dibattimento per soli trenta giorni poiché, dall’esame del verbale, risulta chiaramente come , in tale udienza, è stata accolta l’istanza subordinata , di rinvio semplice, formulata dal difensore dell’imputato , e non quella principale, di rinvio per legittimo impedimento.
Nel caso in esame, il rinvio dell’udienza è stato disposto, su richiesta del difensore dell’imputato , sicché la sospensione dei termini è conseguita a causa di una precisa richiesta, ex art. 159, primo comma, n. 3, cod. pen., quale che sia l’espressione utilizzata. Del resto, nel caso in esame, la sospensione della prescrizione non è limitata neppure al termine di sessanta giorni previsto, per il caso dell’impedimento, dal secondo paragrafo dell’art. 159, primo comma, n. 3, cod. pen., ma opera per l’intera durata del rinvio, cioè fino al 19.3.2024 (gg. 354).
In tal senso, anche recentemente questa Corte ha ribadito come la richiesta di rinvio formulata dal difensore dell’imputato comporta la sospensione della prescrizione per l’intero periodo, in quanto, ai fini dell’operatività della causa di sospensione della prescrizione, prevista dall’art. 159 cod. pen., ciò che rileva è la richiesta di rinvio formulata dall’imputato o dal suo difensore dalla quale sia derivato il rinvio della trattazione del processo a una successiva udienza (Sez. 5, n. 1392 del 15/12/2022, dep. 16/01/2023, Feligioni, Rv. 284045 -01; Sez. 1, Sentenza n. 29264 del 24/06/2024, Rv. 286903 – 01).
Il reato non era, dunque, prescritto in data antecedente alla sentenza di secondo grado, maturando la prescrizione soltanto in data 26.03.2025).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26/03/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME