Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26265 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26265 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Taranto il 04/01/1980
COGNOME NOME nato a Taranto il 04/01/1995
avverso il decreto del 04/03/2025 della Corte d’appello di Lecce udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
lette le memorie depositate in data 9 e 19 maggio 2025 dal difensore dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto impugnato la Corte d’Appello di Lecce ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE
soc. RAGIONE_SOCIALE., e da NOME COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE e co. RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del provvedimento del Tribunale di Lecce che aveva disposto, a seguito della revoca del sequestro di prevenzione delle quote sociali, la parziale restituzione delle somme prelevate per l’amministrazione giudiziaria ed utilizzate per il pagamento dei compensi dell’amministratore giudiziario e dei suoi coadiutori.
In particolare, è stata disposta la restituzione delle sole somme corrisposte per il compenso del coadiutore, sul presupposto che quello versato all ‘ amministratore giudiziario avrebbe dovuto essere pagato, avendo questi svolto attività di gestione della società, anche ove non fosse stata emanata la misura di prevenzione poi oggetto di revoca.
Avverso il richiamato decreto della Corte d’Appello di Lecce hanno proposto ricorsi per cassazione con unico atto, a mezzo dello stesso difensore, avv. NOME COGNOME nelle già indicate qualità, NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo un unico motivo con il quale lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., violazione degli artt. 35 e 42, terzo comma, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, e motivazione apparente.
A fondamento delle censure i ricorrenti espongono che, per l’ipotesi di revoca del sequestro di prevenzione, l’evocato art. 42, terzo comma, del d.lgs. n. 159 del 2011, contempla la restituzione delle somme prelevate sui conti sociali per il compenso dell’amministratore giudiziario , nella prospettiva di evitare che, indebitamente, venga posto a carico del privato il costo derivante da un temporaneo spossessamento dello stesso rivelatosi illegittimo.
Puntualizzano, inoltre, che la giurisprudenza richiamata dal Tribunale di Lecce e recepita dalla Corte territoriale fa riferimento, in realtà, laddove afferma che alcuna restituzione è dovuta per i compensi percepiti dall’amministratore giudiziario, alla distinta ipotesi nella quale , al di fuori dell’attività di ammi nistrazione giudiziaria, si sia instaurato anche un rapporto di natura privatistica, con l’assunzione di incarichi dell’amministratore stesso nella società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.I ricorsi sono fondati, per le ragioni di seguito indicate.
2.Su un piano generale, occorre premettere che , ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 159 del 2011, con il provvedimento con il quale dispone il sequestro di
prevenzione il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario.
Quest ‘ultimo, per un verso, svolge – pur sotto la direzione del giudice delegato – compiti propri di ogni altro amministratore di società, ossia è tenuto a provvedere alla gestione, alla custodia e alla conservazione dei beni sequestrati, anche nel corso degli eventuali giudizi di impugnazione, al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.
Per altro verso, lo stesso amministratore giudiziario, che riveste la qualifica di pubblico ufficiale, è chiamato a svolgere una serie di compiti funzionali al perseguimento degli interessi della procedura di prevenzione, se del caso chiedendo all ‘ autorità giudiziaria di avvalersi della collaborazione di un coadiutore.
Tra questi compiti, rientra, innanzi tutto, il deposito, ai sensi dell’art. 36 del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011, di una relazione particolareggiata dei beni sequestrati, contenente: a) l’indicazione, lo stato e la consistenza dei singoli beni ovvero delle singole aziende, nonché i provvedimenti da adottare per la liberazione dei beni sequestrati; b) il presumibile valore di mercato dei beni quale stimato dall’amministratore stesso; c) gli eventuali diritti di terzi sui beni sequestrati; d) in caso di sequestro di beni organizzati in azienda, l’indicazione della documentazione reperita e le eventuali difformità tra gli elementi dell’inventario e quelli delle scritture contabili; e) l’indicazione delle forme di gestione più idonee e redditizie dei beni.
Inoltre, all’amministratore giudiziario, sempre nell’interesse della procedura, è attribuito un ruolo significativo nel procedimento, disciplinato dagli artt. 52 e ss. del c.d. Codice antimafia, volto alla tutela dei terzi che assumano di vantare crediti nei confronti della stessa. Per vero, dopo la pronuncia del sequestro di prevenzione, l’amministratore è tenuto ad allegare alle relazioni da presentare al giudice delegato tanto l’elenco nominativo di tutti i creditori anteriori al sequestro, corredato dell’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze quanto l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia o diritti personali sui beni, con l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
A seguito delle modifiche introdotte nel d.lgs. n. 159 del 2011 dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161, è stato inoltre previsto un diretto coinvolgimento dell’amministratore giudiziario nell’esame delle domande e nella redazione del progetto di stato passivo. Segnatamente, si è al riguardo stabilito che l’amministratore giudiziario esamina le domande e redige un progetto di stato
passivo rassegnando le proprie motivate conclusioni sull’ammissione o sull’esclusione di ciascuna domanda (art. 58, co. 5-bis ) e deposita il progetto di stato passivo almeno venti giorni prima dell’udienza fissata per la verifica dei crediti. I creditori e i titolari dei diritti sui beni oggetto di confisca possono presentare osservazioni scritte e depositare documentazioni aggiuntive, a pena di decadenza, fino a cinque giorni prima dell’udienza (art. 58, co. 5-ter del d.lgs. n. 159 del 2011). L’amministratore giudiziario partecipa poi all’udienza di verifica dei crediti celebrata dinanzi al giudice delegato e, una volta ivi approvato il progetto di stato passivo con decreto, notizia del relativo deposito gli interessati non presenti inviando agli stessi una raccomandata con avviso di ricevimento.
Al termine della propria gestione, l’amministratore giudiziario al quale subentra, dopo la conferma del provvedimento di confisca in secondo grado, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che provvede ( anch’essa , ove necessario, con l’ausilio di un coadiutore ) alla liquidazione dei beni e alla predisposizione di un piano di graduazione dei crediti -predispone una relazione finale.
Le differenti attività dell’amministratore giudiziario , da un lato di carattere privatistico in quanto volte alla conservazione e valorizzazione dei beni aziendali, e da un altro di natura pubblicistica, nella misura in cui si sostanziano nell’ausilio all’autorità giudiziaria nel reperimento di altri beni assoggettabili alla procedura e nell’indicazione dei crediti nei confronti del proposto dei quali è richiesto il riconoscimento e di un parere sull’opponibilità alla procedura, si riflettono sulla disciplina del compenso spettante allo stesso.
Infatti, l’art. 3 del d.P.R. 7 ottobre 2015, n. 177 , nell’individuare i principali criteri di determinazione del compenso mediante un meccanismo a scaglioni progressivi in base a percentuali che si riducono con l’aumento del valore dei cespiti, distingue a seconda che l’amministratore giudiziario gestisca direttamente l’azienda oggetto di sequestro (e, dunque, svolga anche attività di gestione demandate all ‘ amministratore di una società non oggetto di una misura di prevenzione) ovvero la stessa sia gestita da terzi in virtù di un contratto di affitto, o, ancora, si tratti di beni immobili non costituiti in azienda.
Nel delineato contesto, la disposizione di riferimento ai fini alla soluzione delle questioni giuridiche sottese al ricorso è il terzo comma del
medesimo art. 42 del d.lgs. n. 159 del 2011, che stabilisce quanto segue: «Nel caso sia disposta la confisca dei beni, le somme per il pagamento dei compensi spettanti all’amministratore giudiziario, per il rimborso delle spese sostenute per i coadiutori e quelle di cui all’articolo 35, comma 9, sono inserite nel conto della gestione; qualora la confisca non venga disposta, ovvero le disponibilità del predetto conto non siano sufficienti per provvedere al pagamento delle anzidette spese, le somme occorrenti sono anticipate, in tutto o in parte, dallo Stato, senza diritto al recupero. Se il sequestro o la confisca sono revocati, le somme suddette sono poste a carico dello Stato».
La problematica che pone il ricorso è, in definitiva, se, in virtù dell’ultimo periodo della predetta norma, a fronte della revoca del sequestro o della confisca, debbano essere poste a carico dello Stato tutte le spese relative all’attività dell’amministratore giudiziario ovvero solo quelle che si correlano alla gestione nell’interess e della procedura, poiché le altre, essendo correlate ad attività di gestione ordinaria della società, avrebbero dovuto essere sostenute dalla stessa, con il pagamento del compenso ad un amministratore, anche ove non fosse stata disposta la misura di prevenzione poi revocata.
5. Il collegio non ignora che nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che la restituzione, anche parziale, di beni già sottoposti a sequestro e confisca di prevenzione, effettuata a seguito di accoglimento dell’impugnazione proposta dalla parte privata, deve essere disposta ed eseguita con riguardo alla consistenza attuale dei beni medesimi, comprensivi dell’eventuale incremento di valore derivante dal loro impiego, detratte esclusivamente le spese di gestione, diverse da quelle relative al pagamento dei compensi da corrispondersi all’amministratore giudiziario (cfr. Sez. 1, n. 14528 del 11/03/2021, COGNOME, Rv. 281184).
Sennonché, nell ‘ affrontare la questione posta, non si può porre in non cale la ripercorsa dicotomia dei compiti demandati all’amministratore giudiziario, che si concretano, gli uni, nella possibile gestione dell’azienda come un amministratore ‘classico’ e, gli altri, nello svolgimento di attività di rilevanza pubblicistica funzionali al perseguimento degli scopi della procedura.
Infatti, come si è già osservato nella recente giurisprudenza di questa stessa Corte, in tema di misure di prevenzione, l’amministratore della società, nel caso in cui sia anche amministratore giudiziario della stessa, ha diritto alla corresponsione di due distinti e autonomi compensi, di cui il primo, erogato in relazione all’attività di prosecuzione dell’impresa, è a carico delle spese di
gestione dell’ente amministrato, mentre il secondo, a titolo di onorario per il “munus publicum” esercitato, grava sull’Erario (Sez. 2, n. 24556 del 21/05/2024, COGNOME, Rv. 286550 -02; analogamente, quanto alla non necessità di restituire, in caso di revoca della misura di prevenzione, le spese sostenute per i compensi dei lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta a confisca, poiché necessarie o utili per la conservazione e la gestione del bene, Sez. 5, n. 874 del 20/10/2020, dep. 2021, Mosca, Rv. 280402).
La decisione impugnata ha disatteso tale principio laddove, non confrontandosi con la puntuale doglianza dei ricorrenti, non ha chiarito per quali ragioni ha assunto che il compenso dell’amministratore giudiziario era stato erogato integralmente per attività riconducibili a quelle volte alla prosecuzione dell’impresa, attività che, peraltro, non sono neppure state indicate in relazione al caso concreto, ciò che sarebbe sato vieppiù necessario a fronte della deduzione dei ricorrenti per la quale tale attività di gestione non sarebbe stata svolta, nella procedura, dall ‘ amministratore giudiziario nominato.
Di conseguenza, il provvedimento deve essere annullato, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2025