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Compenso amministratore giudiziario: chi paga se revoca?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26265/2025, ha stabilito un principio fondamentale sul compenso dell’amministratore giudiziario in caso di revoca del sequestro di prevenzione. La Corte ha chiarito che i costi dell’amministrazione devono essere distinti: quelli relativi alla gestione ordinaria dell’azienda restano a carico della stessa, ma quelli legati alla funzione pubblicistica e procedurale, svolta nell’interesse della giustizia, devono essere posti a carico dello Stato. La decisione impugnata è stata annullata perché non aveva operato questa distinzione, addebitando ingiustamente tutti i costi al privato i cui beni erano stati illegittimamente sequestrati.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Compenso Amministratore Giudiziario: Chi Paga se il Sequestro è Revocato?

Quando un’azienda viene sottoposta a sequestro di prevenzione, la sua gestione passa nelle mani di una figura nominata dal tribunale. Ma cosa succede se, a distanza di tempo, quel sequestro si rivela infondato e viene annullato? Una delle domande più critiche riguarda il compenso dell’amministratore giudiziario: deve pagarlo l’azienda, che ha subito un danno, o lo Stato, che ha avviato un procedimento poi rivelatosi errato? La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha offerto un chiarimento decisivo, tracciando una linea netta tra i diversi ruoli dell’amministratore.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava i ricorsi presentati dagli amministratori di due società cooperative. In precedenza, il Tribunale aveva disposto un sequestro di prevenzione sulle quote sociali, nominando un amministratore giudiziario. Successivamente, il sequestro era stato revocato. A questo punto, era stata ordinata la restituzione solo parziale delle somme prelevate dai conti sociali per l’amministrazione giudiziaria. In particolare, veniva negata la restituzione delle somme pagate come compenso all’amministratore giudiziario, sulla base del presupposto che egli avesse svolto un’attività di gestione che l’azienda avrebbe comunque dovuto sostenere.

Contro questa decisione, le società hanno fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che, in caso di revoca, tutti i costi derivanti dallo spossessamento illegittimo, incluso il compenso dell’amministratore, dovrebbero gravare sullo Stato, come previsto dal Codice antimafia.

La Duplice Natura del Compenso dell’Amministratore Giudiziario

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione fondamentale tra le due diverse funzioni che l’amministratore giudiziario è chiamato a svolgere. Questa figura, infatti, opera su un doppio binario:

1. Attività di Gestione Privatistica: Comprende la gestione ordinaria dell’azienda (custodia, conservazione dei beni, incremento della redditività). Si tratta di compiti analoghi a quelli di un qualsiasi amministratore di società. I costi per questa attività, in linea di principio, sono legati alla vita dell’impresa e quindi a suo carico.

2. Attività di Funzione Pubblicistica (Munus Publicum): Riguarda tutti i compiti svolti in ausilio all’autorità giudiziaria e nell’interesse della procedura di prevenzione. Ad esempio, la redazione di relazioni dettagliate sui beni, la gestione dei rapporti con i creditori, la collaborazione per la liberazione dei beni e la redazione del progetto di stato passivo. Queste attività non servono alla gestione aziendale, ma al corretto svolgimento del procedimento giudiziario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, annullando la decisione della Corte d’Appello. Il ragionamento dei giudici si fonda sull’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia), che stabilisce in modo inequivocabile: «Se il sequestro o la confisca sono revocati, le somme suddette sono poste a carico dello Stato».

La Corte ha affermato che la giurisprudenza ha ormai consolidato il principio secondo cui l’amministratore giudiziario ha diritto a due compensi distinti e autonomi. Il primo, per l’attività di prosecuzione dell’impresa, è a carico dell’ente amministrato. Il secondo, a titolo di onorario per il munus publicum, grava sull’Erario.

L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non aver effettuato questa distinzione. Ha presunto che l’intero compenso fosse dovuto per l’attività di gestione, senza accertare quali compiti l’amministratore avesse concretamente svolto. In particolare, non ha considerato la doglianza dei ricorrenti, i quali sostenevano che nessuna reale attività di gestione fosse stata posta in essere. Di conseguenza, addebitare l’intero costo all’azienda significava porre a carico del privato il costo di un’attività procedurale derivante da un sequestro poi giudicato illegittimo.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un importante principio di equità e di tutela del cittadino. Quando un sequestro di prevenzione viene revocato, lo Stato deve farsi carico dei costi direttamente connessi alla procedura giudiziaria che ha avviato erroneamente. Non è giusto che il privato, oltre ad aver subito lo spossessamento dei propri beni, debba anche pagare per le attività funzionali a un procedimento rivelatosi infondato. Il giudice del rinvio dovrà ora riesaminare il caso, distinguendo attentamente tra le spese di gestione ordinaria, che restano a carico della società, e quelle per l’attività pubblicistica dell’amministratore, che dovranno essere rimborsate dallo Stato. Questa decisione rafforza la garanzia che i costi di un errore giudiziario non ricadano su chi lo ha ingiustamente subito.

Chi paga il compenso dell’amministratore giudiziario se il sequestro di prevenzione viene revocato?
In caso di revoca, i costi vengono ripartiti: le spese per l’attività di gestione ordinaria dell’azienda rimangono a carico dell’azienda stessa, mentre le spese per l’attività di natura pubblicistica (svolta per le esigenze della procedura) sono a carico dello Stato.

Quali sono i due ruoli distinti dell’amministratore giudiziario secondo la Corte?
L’amministratore giudiziario ha un ruolo privatistico, che consiste nella gestione e valorizzazione dei beni aziendali come un normale amministratore, e un ruolo pubblicistico, che consiste nell’assistere l’autorità giudiziaria e svolgere compiti funzionali alla procedura di prevenzione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione precedente?
La decisione è stata annullata perché la corte inferiore non ha distinto tra i due tipi di attività (e di relativo compenso) dell’amministratore. Aveva erroneamente addebitato l’intero costo all’azienda, senza verificare quali compiti fossero legati alla gestione ordinaria e quali alla funzione pubblica richiesta dalla procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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