Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29207 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29207 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1639/2025
CC – 13/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
nel procedimento a carico di NOME NOMECOGNOME nato a Molfetta il 21/09/1964
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 7 novembre 2024, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto il reclamo presentato dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – contro il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della medesima città del 24 gennaio 2024,che aveva parzialmente accolto il reclamo avanzato da NOME COGNOME riconoscendo una violazione dell’art. 3 CEDU in relazione a periodi detentivi intercorsi tra il giugno 2019 ed il marzo 2020, per complessivi giorni 254, e liquidando, ex art. 35 ter, secondo comma, ord. pen., la somma di 2.032 euro in favore del ricorrente.
Per ciò che rileva in questo giudizio, il Tribunale ha respinto il reclamo disattendendo l’eccezione di compensazione di tale credito con il credito vantato dal Ministero della Giustizia nei confronti del detenuto per il pagamento della pena pecuniaria.
Riteneva, in particolare, il Tribunale come il credito vantato dal detenuto, a seguito di provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza ai sensi dell’art. 35 ter, secondo comma ord. pen., non potesse (a differenza del credito conseguente a provvedimento del Tribunale civile emesso ai sensi dell’art. 35 ter, terzo comma ord. pen.) ritenersi certo, liquido ed esigibile, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1246 cod. civ.
Peraltro, anche con riferimento al controcredito dell’amministrazione, dubitava il Tribunale che esso potesse essere posto in compensazione, e ciò ancor piø alla luce della recente riforma che ha interessato le pene pecuniarie di cui al d. lgs. 150 del 2022.
Osservava il Tribunale come, in generale, ancor prima della novella, l’orientamento giurisprudenziale cha aveva ritenuto opponibile in compensazione il credito vantato dallo Stato nel confronti del detenuto per il pagamento delle pene pecuniarie, non si fosse
confrontato con la natura penale del titolo, e con la circostanza che rispetto alla pena pecuniaria possono intervenire cause di estinzione diverse dal pagamento e di natura premiale; andava altresì considerato il fatto che la pena pecuniaria, ove non pagata, poteva essere oggetto di conversione ai sensi dell’art. 660 cod. proc. pen.
Ancor piø, successivamente alla novella legislativa, la pena pecuniaria, da mero debito nei confronti dello Stato, Ł oggi disciplinata come vera e propria sanzione penale posta in esecuzione della Procura, eventualmente convertibile, a seconda dell’insolvenza o insolvibilità del condannato, in misure variamente restrittive della libertà personale. Rilevava infine il Tribunale come, nel caso di specie, l’Amministrazione non avesse dato dimostrazione di aver effettivamente avviato la procedura di esazione, dal momento che la mera modalità di riscossione mediante ruolo Ł insufficiente a far ritenere il credito certo, liquido ed esigibile.
2.Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il Ministro della Giustizia, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, avanzando due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione agli artt. 1243-1246 cod. civ., in combinato disposto con gli artt. 35 bis, primocommae 35 ter, primo commaord. pen.
Ha errato il Tribunale di sorveglianza nel ritenere che il credito sorto in capo al detenuto a seguito di pronuncia del Magistrato di sorveglianza, non fosse certo ed esigibile, atteso che la nozione di esigibilità non richiede l’esistenza di un titolo esecutivo nØ tantomeno di una sentenza di condanna.
Quand’anche si potesse distinguere, come fa il Tribunale, tra la liquidazione operata dal giudice civile e quella del Magistrato di sorveglianza, comunque appare irrilevante la circostanza che il procedimento innanzi al Tribunale di sorveglianza non si concluda con una pronuncia di condanna al pagamento, in quanto ciò che rileva ai fini dell’esigibilità Ł il carattere sostanziale del credito in questione, il quale, in mancanza di termini e condizioni, Ł senz’altro azionabile in giudizio. Peraltro, la tesi seguita dal Tribunale si pone in palese contrasto col principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., in quanto i due procedimenti, per quanto incardinati innanzi ad autorità giurisdizionali diverse, hanno pur sempre ad oggetto il medesimo diritto, di talchŁ sarebbe del tutto irragionevole ritenere ammissibile la compensazione in un caso e non nell’altro.
2.2.Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art.1243 cod. civ., con riferimento all’asserita carenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità della pena pecuniaria quale contro credito opposto in compensazione.
Nel caso di specie, il credito vantato dal Ministero della Giustizia risulta dimostrato attraverso la produzione della posizione giuridica del detenuto, dalla quale si evince che NOME Ł stato condannato alla pena pecuniaria di euro 2800.
Irrilevanti sono le considerazioni svolte dal Tribunale con riferimento alla astratta configurabilità della conversione della pena pecuniaria, che hanno carattere residuale e possono configurarsi solo in presenza di mancato adempimento dell’obbligazione di natura pecuniaria derivante dalla pena erogata, la quale di per sØ Ł pienamente idonea a soddisfare i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.
¨infine errata l’affermazione del Tribunale per cui la trasformazione della pena pecuniaria in credito dello Stato avverrebbe solo a seguito della notifica della cartella esattoriale, essendo già stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità che l’iscrizione a
ruolo e la sentenza di pagamento non servono a provare l’esistenza di un credito certo, trattandosi di atti della procedura di esecuzione coattiva di tale credito, procedura meramente eventuale che presuppone l’inadempimento spontaneo dell’obbligo di pagamento e che non incide sull’attuale esistenza del credito esigibile.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł fondato.
2.Con riferimento al primo motivo di ricorso, osserva il Collegio come, in piena sintonia con i piø recenti approdi della giurisprudenza civile, questa Corte di legittimità, con orientamento ormai consolidato, ritiene che l’obbligazione dello Stato al pagamento delle somme riconosciute al detenuto ex art. 35-ter ord. pen. sia suscettibile di essere compensata con l’obbligazione che grava sul detenuto nei confronti dello Stato al pagamento della pena pecuniaria cui lo stesso sia stato eventualmente condannato (Sez. 1, n. 11108 del 23/11/2022, dep. 2023, Ministero della Giustizia in proc. COGNOME Rv. 284432 (conformi Sez. 1, n. 7371 del 21/12/2022, dep. 2023, Ministero della Giustizia in proc. Puiu, n.m.; Sez. 1, n. 13095 07/12/2023, dep. 2024, P.G. in proc. COGNOME n.m.).
Il Tribunale di Bologna, nel provvedimento impugnato, ha operato una distinzione, a seconda che il credito che sorge in capo al condannato consegua alla pronuncia del Tribunale civile ai sensi dell’art. 35 ter, terzo comma ord. pen., ovvero sia stato disposto dal Magistrato di sorveglianza ai sensi del comma secondo della medesima norma: nel primo caso, il decreto del giudice civile individuerebbe un credito certo liquido ed esigibile; nel secondo caso, il credito vantato dal condannato, pur certo e liquido, non sarebbe tuttavia esigibile, atteso che il provvedimento del Magistrato di sorveglianza non recherebbe una pronuncia di condanna.
L’assunto da cui muove il Tribunale bolognese non Ł condivisibile.
La circostanza che il credito, ex art. 35 ter ord. pen., in capo al condannato derivi da una pronuncia del Magistrato di sorveglianza (secondo comma) o del Giudice civile (terzo comma) non incide sulla natura e sui caratteri sostanziali del credito.
Come condivisibilmente osservato dalla parte pubblica ricorrente,’esigibilità del credito’ significa azionabilità in giudizio: ai sensi dell’art. 1282 cod. civ., il diritto Ł esigibile quando non Ł sottoposto a condizione sospensiva nØ a termini, ovvero Ł tale il diritto venuto a maturazione e che può essere fatto valere in giudizio per ottenere una sentenza di condanna. Nel caso in cui il credito del detenuto nei confronti dell’Amministrazione trovi fondamento nel provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza, ex art. 35 ter comma secondo ord. pen., esso riveste certamente i caratteri dell’esigibilità, essendo senz’altro azionabile in giudizio.
3.Del pari fondato Ł il secondo motivo di ricorso.
Con riferimento al contro credito vantato dall’amministrazione nei confronti del condannato, Ł consolidato il principio per cui l’amministrazione Ł abilitata a opporre in compensazione i propri crediti qualunque ne sia la fonte, con la sola necessità che il credito vantato sia certo e che in relazione ad esso venga sollevata specifica eccezione (cfr. Cass. civ. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 10130 del 2018; Sez. 3, Ordinanza n. 31552 del 06/12/2018, Rv. 651945 – 01).
Nel caso di specie, trattandosi di pena pecuniaria, il titolo costitutivo del credito Ł dato non dalla iscrizione a ruolo, nØ dalla emissione della cartella di pagamento, ma dalla
sentenza di condanna divenuta irrevocabile:ai fini della compensazione non Ł necessaria la previa constatazione dell’inadempimento da parte del debitore e l’attivazione della procedura coattiva, essendo sufficiente l’ordine di esecuzione della condanna.
In tal senso siŁ espressa recentemente questa Corte, sancendo il principio, cui va data continuità, per cui «In tema di rimedi risarcitori nei confronti di detenuti o di internati di cui all’art. 35-ter ord. pen., il Ministero della giustizia, convenuto in giudizio, può opporre in compensazione, ai sensi dell’art. 1243 cod. civ., il credito certo, liquido ed esigibile maturato nei confronti del detenuto in conseguenza della sua condanna al pagamento di una pena pecuniaria, essendo a tal fine sufficiente la produzione dell’ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., trattandosi del provvedimento con cui viene messa in esecuzione la condanna» (Sez. 1, n. 39289 del 04/10/2024, Ministero, Rv. 287092 – 01).
Come correttamente evidenziato da parte ricorrente, a diverso avviso non possono condurre le ulteriori considerazioni svolte dal Tribunale nell’impugnata ordinanza, con riferimento alla astratta configurabilità della conversione della pena pecuniaria ex art. 660 cod. proc. pen. o altre ipotesi di conversione introdotte dalla riforma Cartabia, trattandosi di ipotesi di carattere residuale che possono configurarsi solo in caso di mancato pagamento dell’obbligazione di natura pecuniaria derivante dalla pena irrogata.
Per le ragioni sopra esposte s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Bologna, che, alla luce dei principi espressi, dovrà valutare la sussistenza dei presupposti per la compensazione dei crediti rispettivamente vantati, in quanto certi, liquidi ed esigibili.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Bologna.
Così Ł deciso, 13/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME