Commisurazione della pena: quando la motivazione del giudice è inattaccabile
La corretta commisurazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a tradurre in una sanzione concreta la gravità di un reato e la personalità del suo autore. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su quando la motivazione della sentenza su questo punto può considerarsi adeguata, rendendo di fatto inammissibile un eventuale ricorso. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze nei confronti di un individuo per i reati di ricettazione e detenzione illegale di un’arma da fuoco. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di una pistola calibro 7,65 con matricola abrasa, completa di due caricatori e sedici proiettili. La Corte d’Appello aveva confermato la pena a due anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio riguardo alla commisurazione della pena, ritenuta eccessiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il giudice di merito ha correttamente adempiuto al suo obbligo di motivazione, fornendo una giustificazione logica e completa per la pena inflitta. La doglianza dell’imputato è stata ritenuta generica e infondata, non riuscendo a scalfire la coerenza del ragionamento seguito nei gradi di giudizio precedenti.
Le Motivazioni: Criteri per la Commisurazione della Pena
Il cuore della decisione risiede nel modo in cui la Cassazione ha validato la motivazione della Corte d’Appello. Il principio chiave, ribadito anche citando precedenti giurisprudenziali, è che l’obbligo di motivazione sulla determinazione della pena è soddisfatto quando il giudice indica gli elementi ritenuti decisivi, nell’ambito dei criteri generali elencati dall’articolo 133 del codice penale.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano valorizzato diversi elementi fattuali, non contestati dal ricorrente, per giustificare la sanzione:
1. L’obiettiva gravità del fatto: La detenzione non riguardava una semplice arma, ma una pistola con matricola abrasa (indice di provenienza illecita e volontà di occultamento), munita di un significativo numero di proiettili. Questo elemento denota una pericolosità intrinseca elevata.
2. I precedenti penali dell’imputato: Sebbene la recidiva non fosse stata formalmente applicata, il passato criminale dell’individuo è stato legittimamente valutato in senso negativo per delinearne la personalità.
3. La condotta successiva al reato: L’imputato, al momento dell’arresto, aveva tentato di occultare ulteriormente l’arma, dimostrando una persistente volontà di eludere la legge.
4. L’inattendibilità delle giustificazioni: Le spiegazioni fornite dall’imputato sulle modalità di reperimento e sul motivo della detenzione dell’arma sono state giudicate inverosimili e inaccettabili. Tale valutazione ha contribuito a tratteggiare un profilo di proclività alla violenza e all’autodifesa illecita.
La Corte ha concluso che, sulla base di questi elementi, il “maggiore disvalore penale della condotta” era stato ampiamente illustrato e ancorato a dati concreti. Di conseguenza, anche la lamentela relativa al calcolo dell’aumento per la continuazione tra i reati è stata respinta come generica, poiché la motivazione complessiva sulla pena era solida e adeguata.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un importante principio processuale: per contestare la commisurazione della pena in Cassazione non è sufficiente una generica doglianza di eccessività. È necessario, invece, individuare uno specifico vizio logico o una manifesta contraddittorietà nella motivazione del giudice di merito. Se il giudice ha chiaramente indicato i fattori (gravità del reato, personalità dell’imputato, ecc.) che lo hanno guidato nella sua decisione, attingendo al quadro dell’art. 133 c.p., la sua valutazione è difficilmente censurabile. Per la difesa, ciò significa che le critiche alla pena devono essere specifiche e puntuali, dimostrando perché la valutazione del giudice sia stata irragionevole o basata su elementi errati, e non semplicemente esprimendo un disaccordo sulla severità della sanzione.
Quando è considerata sufficiente la motivazione del giudice sulla misura della pena?
La motivazione è sufficiente quando il giudice indica nella sentenza gli elementi che ha ritenuto rilevanti o determinanti per la sua decisione, nell’ambito dei criteri generali previsti dall’art. 133 del codice penale, senza dover analizzare puntualmente ogni singolo criterio.
Quali fattori concreti possono giustificare una pena severa?
Nel caso esaminato, i giudici hanno giustificato la pena basandosi su: l’obiettiva gravità del fatto (arma con matricola abrasa e munizioni), i precedenti penali dell’imputato, il suo comportamento successivo al reato (tentativo di occultamento) e l’inattendibilità delle sue giustificazioni, considerate indicative di una proclività alla violenza.
Perché il ricorso contro la commisurazione della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele dell’imputato sono state ritenute generiche. La Corte di Cassazione ha invece riscontrato che la motivazione dei giudici di merito era ampia, logica e saldamente ancorata a dati fattuali non contestati, giustificando così pienamente la pena applicata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33352 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33352 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 13/06/1963
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME:NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 20/01/2025, con la quale la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di mul per i reati di cui agli artt.23 I.n. 110/75 e 648 cod. pen.
Ritenuto, quanto alle doglianze sulla commisurazione della pena, che «deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sul determinazione in concreto della misura della pena, allorchè siano indicati ne sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della compless dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen.» (S 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258410 – 01; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211582 – 01); i giudici di merito hanno sottolinea l’obiettiva gravità del fatto (la detenzione e la ricettazione avevano ad oggetto beretta cal. 7,65 con matricola abrasa, dotata di due caricatori e di 16 proiet i precedenti penali dell’imputato, negativamente valutabili anche se la recid viene esclusa, il suo comportamento successivo al reato, visto che ha cercato occultare ancora l’arma quando è stata rinvenuta in occasione del suo arrest l’inattendibilità di talune giustificazioni addotte sulle modalità in cui aveva re l’arma e l’inaccettabilità delle ragioni per le quali egli l’aveva mantenute, indi di una proclività alla violenza e al farsi giustizia da sè; il maggiore disvalore della condotta è, pertanto, ampiamente illustrata e agganciata a dati fattuali contestati dal ricorso;
che del tutto generica risulta conseguentemente la connessa doglianza riguardo l’assenza di adeguata motivazione in ordine al calcolo dell’aumento pe la continuazione;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 25 settembre 2025
Il Consigliere estensore
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Il Preidente