Commisurazione della Pena: I Criteri della Cassazione
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. L’ordinanza n. 8419/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità in materia di commisurazione della pena, specialmente nei casi di reati legati agli stupefacenti. L’analisi del provvedimento evidenzia come una motivazione adeguata da parte del giudice di merito renda inattaccabile la quantificazione della sanzione.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina e hashish. La difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, non contestando la colpevolezza, ma focalizzandosi su un unico motivo: l’eccessività del trattamento sanzionatorio. In particolare, si lamentava un aumento di pena sproporzionato applicato per la continuazione interna del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Commisurazione della Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma la blocca a monte, ritenendo che il motivo di ricorso non fosse legalmente valido per una revisione della sentenza. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso. La Cassazione ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una giustificazione congrua e logica per la commisurazione della pena inflitta. I giudici di merito avevano deciso di applicare una sanzione superiore al minimo edittale sulla base di tre elementi specifici e ben delineati:
1. Le caratteristiche concrete dei fatti: la natura e la quantità delle sostanze.
2. La personalità dell’imputato: desunta dai suoi precedenti penali, che indicavano una propensione a delinquere.
3. La pluralità delle sostanze stupefacenti: il possesso sia di cocaina che di hashish è stato interpretato come un indice di maggiore pericolosità sociale e di un più strutturato inserimento nel mercato illegale.
Poiché la motivazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici o da errori di diritto, la valutazione sulla congruità della pena rientrava pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Di conseguenza, il tentativo di ottenere una riduzione della pena in sede di Cassazione si è rivelato infruttuoso.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: non è sufficiente ritenere una pena “troppo alta” per ottenere una sua riforma in Cassazione. È necessario dimostrare che il giudice che l’ha inflitta abbia commesso un errore di diritto o abbia motivato la sua decisione in modo palesemente illogico o contraddittorio. Se la commisurazione della pena è ancorata a criteri legali e a una valutazione ponderata degli elementi del caso, come i precedenti penali e la gravità del reato, essa diventa insindacabile in sede di legittimità. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice di merito nel personalizzare la sanzione penale in base alle specificità di ogni singolo caso.
È possibile ricorrere in Cassazione semplicemente perché si ritiene una pena troppo alta?
No. Secondo questa ordinanza, il ricorso è inammissibile se la Corte d’Appello ha adeguatamente motivato la commisurazione della pena basandosi su elementi concreti e senza commettere errori di diritto. La Cassazione, di norma, non può riesaminare nel merito tale valutazione.
Quali fattori può considerare un giudice per aumentare la pena oltre il minimo previsto dalla legge?
Il giudice può legittimamente basare la sua decisione su elementi come le caratteristiche concrete dei fatti, la personalità dell’imputato (desumibile, ad esempio, dai suoi precedenti penali) e altre circostanze specifiche del reato, come la detenzione di diverse tipologie di sostanze stupefacenti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, l’imputato che lo ha proposto viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8419 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8419 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME NOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Milano che ha confermato la pronuncia di condanna, resa in esito a giudizio abbreviato dal Tribunale di Milano in ordine al reato di cui agli artt. 99 comma 2 n. 2 e comma 4, 81 comma 1, cod. pen. e art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Considerato che l’unico motivo dl ricorso, attinente al trattamento sanzionatorio in ordine agli eccessivi aumenti di pena per la continuazione interna, è inammissibile perché la Corte territoriale ha giustificato in maniera adeguata la commisurazione della pena, osservando come la stessa sia stata determinata in maniera superiore al minimo edittale, tenuto conto delle caratteristiche concrete dei fatti, della personalità dell’imputato / desumibile dai precedenti penali e dalla pluralità delle sostanze stupefacenti (cocaina e hashish) ifl . suo possesso;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente