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Commisurazione della pena: la discrezionalità del giudice

Un soggetto condannato per furto con strappo e lesioni ricorre in Cassazione lamentando l’errata commisurazione della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione del giudice di merito sulla congruità della pena e sul bilanciamento delle circostanze è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione logica e non arbitraria, come nel caso di specie, basata sulla personalità negativa e i precedenti specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Commisurazione della pena: i limiti al sindacato della Cassazione

La commisurazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione di colpevolezza. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 8555/2024) ci offre l’occasione per approfondire i confini della discrezionalità del giudice di merito e i limiti del controllo esercitabile in sede di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione sulla congruità della pena è insindacabile se non è frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di furto con strappo e lesioni. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a tre principali motivi. In primo luogo, ha lamentato una motivazione illogica e solo apparente riguardo alla quantificazione della pena. In secondo luogo, ha contestato la mancata esclusione della recidiva. Infine, ha criticato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza sulla recidiva stessa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto che le doglianze del ricorrente mirassero, in realtà, a una nuova e non consentita valutazione nel merito della congruità della pena. La Corte ha sottolineato come la sentenza impugnata fosse, al contrario, sorretta da una motivazione adeguata e coerente, che giustificava sia la pena inflitta (prossima al minimo edittale) sia il mancato riconoscimento di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Le Motivazioni: la discrezionalità del giudice sulla commisurazione della pena

Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione dei principi che governano la commisurazione della pena e il sindacato della Corte di Cassazione. I giudici hanno chiarito che:

1. Valutazione della Pena: La determinazione della pena in concreto è un’attività riservata al giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice dei gradi precedenti. Il suo controllo si limita a verificare che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato elementi negativi come la “negativa personalità dell’imputato”, i suoi “plurimi precedenti specifici” e la “oggettiva gravità del fatto”. Questi elementi giustificavano pienamente la pena irrogata.

2. Giudizio di Comparazione delle Circostanze: Anche il bilanciamento tra circostanze aggravanti (come la recidiva) e attenuanti (come le generiche) è un tipico giudizio di merito, discrezionale e insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportato da una motivazione adeguata. La scelta di non far prevalere le attenuanti sulla recidiva era stata giustificata in modo logico.

3. Valutazione della Recidiva: La Corte ha ritenuto corretta anche la decisione di non escludere la recidiva qualificata. La sentenza impugnata aveva evidenziato come la condotta criminosa fosse un chiaro indicatore di una “accresciuta pericolosità sociale” dell’imputato, proprio alla luce dei suoi numerosi e specifici precedenti penali. Questa motivazione è stata giudicata pienamente conforme ai principi enunciati anche dalle Sezioni Unite.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione la valutazione discrezionale del giudice sulla congruità della pena. Finché la motivazione della sentenza è logica, coerente e non arbitraria, le scelte del giudice di merito sulla quantificazione della sanzione e sul bilanciamento delle circostanze restano insindacabili. Per l’imputato, ciò significa che l’unica via per contestare la pena è dimostrare un vizio logico manifesto nel ragionamento del giudice, e non semplicemente sostenere che una pena più mite sarebbe stata più equa.

Quando è possibile contestare in Cassazione la commisurazione della pena decisa dal giudice di merito?
È possibile contestarla solo quando la determinazione della pena non sia frutto di una valutazione discrezionale motivata, ma di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico. Non è sufficiente una semplice divergenza di valutazione.

Perché la Corte non ha concesso le attenuanti generiche con prevalenza sulla recidiva?
La Corte ha ritenuto che la decisione del giudice di merito fosse correttamente motivata. La negativa personalità dell’imputato, i suoi numerosi precedenti penali specifici e la gravità oggettiva del fatto sono stati considerati elementi sufficienti a giustificare il mancato riconoscimento di un giudizio di prevalenza delle attenuanti.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare la pericolosità sociale di un imputato?
La Corte di Cassazione non valuta direttamente la pericolosità sociale. Il suo compito è verificare che il giudice di merito, nel considerare la recidiva, abbia motivato in modo logico e coerente il perché la condotta criminosa sia rivelatrice di un’accresciuta pericolosità sociale, basandosi su elementi concreti come i precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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