LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Commisurazione della pena: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava una pena leggermente superiore al minimo edittale. L’ordinanza ribadisce che la commisurazione della pena è discrezionale per il giudice di merito e può essere censurata solo se illogica o arbitraria, non per mero dissenso. Una motivazione sintetica è sufficiente se la pena non si discosta significativamente dalla media.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Commisurazione della Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. L’attività di commisurazione della pena deve bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Ma cosa succede quando un condannato ritiene la pena ingiusta perché leggermente superiore al minimo previsto dalla legge? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 29837/2024) offre chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso per Cassazione in materia, definendo quando una lamentela si traduce in un mero dissenso inammissibile.

I Fatti del Ricorso

Il caso analizzato riguarda un individuo condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna per una serie di reati, tra cui detenzione di stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge nella commisurazione della pena. A suo dire, la sanzione inflitta era eccessiva, in quanto superiore al minimo edittale previsto dalle norme incriminatrici.

La Decisione della Corte sulla Commisurazione della Pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la doglianza dell’imputato non rappresentava una reale violazione di legge, ma si risolveva in una semplice ‘manifestazione di dissenso’ rispetto alla valutazione, ampiamente discrezionale, del giudice di merito. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati che governano il controllo di legittimità sulla quantificazione della sanzione penale.

Le Motivazioni dell’Inammissibilità

La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve esercitarla seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo). Il giudizio della Corte di Cassazione su questo punto è limitato a verificare che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico o immotivato.

La Corte ha specificato che l’obbligo di motivazione del giudice può ritenersi adempiuto anche con espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, oppure con un semplice richiamo alla gravità dei fatti. Una spiegazione dettagliata e analitica è necessaria solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale. Nel caso di specie, la pena era solo ‘di poco superiore al minimo’. Inoltre, la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione adeguata, valorizzando elementi concreti quali:

* La pluralità delle persone offese.
* L’intensità del dolo manifestata dall’agente.
* La presenza di plurimi, specifici e recenti precedenti penali a carico dell’imputato.

Questi fattori giustificavano ampiamente la decisione di discostarsi, seppur lievemente, dal minimo edittale, rendendo la lamentela del ricorrente infondata e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni: Discrezionalità del Giudice e Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: non è possibile impugnare con successo in Cassazione una sentenza solo perché la pena è stata fissata al di sopra del minimo, se tale scelta è supportata da una motivazione logica e coerente con i criteri di legge. Il ricorso che si limita a contrapporre una propria valutazione a quella del giudice, senza evidenziare vizi di illogicità o arbitrarietà, è destinato all’inammissibilità. Questa decisione comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro, a causa dell’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Quando è possibile contestare in Cassazione la commisurazione della pena?
È possibile contestarla solo quando la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o si basa su un ragionamento palesemente illogico o immotivato. Un semplice dissenso sulla quantità della pena non è sufficiente.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato perché si discosta dal minimo edittale?
No. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge. Per pene di poco superiori al minimo, sono sufficienti anche espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o il richiamo a elementi come la gravità del fatto o i precedenti dell’imputato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati