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Commercio prodotti contraffatti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la condanna per il commercio di prodotti contraffatti, chiarendo che la riproduzione di personaggi di fantasia protetti da marchio, anche se non identica, costituisce reato se idonea a creare confusione nel consumatore sulla provenienza del prodotto.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Commercio Prodotti Contraffatti: Quando la Somiglianza Integra il Reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per la tutela della proprietà industriale: il commercio prodotti contraffatti. Il caso specifico riguardava la vendita di costumi e maschere di carnevale che riproducevano noti personaggi di fantasia. La decisione chiarisce un punto fondamentale: la riproduzione di un personaggio protetto da marchio, anche se non perfettamente identica, costituisce reato se è in grado di ingannare il consumatore sulla reale provenienza del prodotto.

I Fatti del Caso: La Vendita di Costumi di Fantasia

Il legale rappresentante di una società esercente l’attività di grandi magazzini è stato condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 474 del codice penale. L’accusa era quella di detenere per la vendita articoli di carnevale, tra cui costumi e maschere, che riproducevano famosi personaggi di fantasia e supereroi, i cui segni distintivi e immagini erano protetti da marchi regolarmente registrati. La merce, secondo l’accusa, era stata illecitamente riprodotta e messa in commercio.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazioni procedurali: La difesa lamentava la revoca immotivata dell’ammissione di un testimone chiave e il travisamento della prova dichiarativa assunta.
2. Erronea applicazione della legge penale: Si sosteneva che non fosse stata raggiunta la prova della contraffazione, poiché la semplice riproduzione di un personaggio di fantasia non equivale automaticamente alla contraffazione di un marchio registrato. La difesa, inoltre, contestava la mancata analisi sul concetto di “marchio forte”.
3. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si denunciava l’omessa motivazione sulla richiesta di qualificare il fatto come di particolare tenuità.

Commercio Prodotti Contraffatti e Personaggi Famosi

Il nucleo della questione giuridica affrontata dalla Corte riguarda la configurabilità del reato di commercio prodotti contraffatti quando l’oggetto della vendita non è un prodotto con un marchio palesemente falso, ma un articolo che riproduce le fattezze di un personaggio di fantasia. La giurisprudenza ha consolidato l’orientamento secondo cui la tutela penale si estende anche a queste ipotesi. Non è necessario che la riproduzione sia identica all’originale; è sufficiente che vi sia una forte somiglianza tale da creare una possibilità oggettiva e inequivocabile di confusione nel pubblico. Il consumatore deve essere indotto a credere, erroneamente, che la merce provenga dal legittimo titolare del marchio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto.

In primo luogo, per quanto riguarda le questioni procedurali, i giudici hanno ritenuto giustificata la revoca della testimonianza, data la sufficienza del quadro probatorio già acquisito e il comportamento processuale contraddittorio della difesa. Hanno inoltre sottolineato che la prova della contraffazione può essere raggiunta anche attraverso la “prova logica”, ovvero tramite un ragionamento basato su elementi indiziari, come l’assenza di documentazione sulla legittima provenienza della merce e le modalità di confezionamento anonime.

Nel merito, la Corte ha confermato l’orientamento maggioritario: integra il reato di commercio di prodotti con segni falsi la condotta di chi mette in vendita prodotti che riproducono, anche in modo non fedele ma con forte somiglianza, un personaggio di fantasia tutelato da marchio registrato. Nel caso di specie, i costumi e le maschere erano stati giudicati “assolutamente identici ai personaggi di proprietà” delle case produttrici titolari dei marchi. L’idoneità a ingenerare confusione, anche solo nella fase successiva all’acquisto, è l’elemento chiave per la configurabilità del reato.

Infine, riguardo alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la Corte ha ravvisato una motivazione implicita di rigetto nella sentenza d’appello. Il riferimento alla messa in vendita di un “gran numero” di prodotti seriali è stato considerato un elemento sufficiente a escludere la lieve entità del fatto.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto di grande importanza pratica. La tutela penale contro la contraffazione non si limita alla pedissequa riproduzione di un logo, ma si estende a tutte quelle forme di imitazione, comprese quelle figurative e tridimensionali, che sfruttano la notorietà di un marchio forte per ingannare il mercato. Per gli operatori commerciali, la lezione è chiara: la vendita di prodotti che evocano palesemente personaggi famosi protetti da copyright e marchio, senza le dovute licenze, espone a seri rischi penali. La Corte sottolinea che la confusione del consumatore, e non la perfezione dell’imitazione, è il vero fulcro della fattispecie criminosa.

Quando la riproduzione di un personaggio di fantasia costituisce reato di commercio di prodotti contraffatti?
La riproduzione di un personaggio di fantasia tutelato da marchio registrato integra il reato quando, pur non essendo identica all’originale, presenta una forte somiglianza tale da creare una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione nel pubblico, inducendolo a identificare erroneamente la merce come proveniente dal produttore legittimo.

È necessaria una perizia tecnica per provare la contraffazione di un prodotto?
No, non è sempre necessaria. La Corte ha stabilito che la prova della contraffazione può essere raggiunta anche attraverso la prova logica, basata su elementi indiziari come la valutazione del prodotto da parte di un agente di polizia giudiziaria, l’assenza di documentazione che attesti la legittima acquisizione della merce e le modalità di confezionamento anomale.

La vendita di un gran numero di articoli contraffatti può escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. Secondo la sentenza, il riferimento alla messa in vendita di un “gran numero” di prodotti seriali è un elemento che contrasta con la lieve entità del fatto e può costituire una motivazione (anche implicita) sufficiente per negare l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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