Coltivazione Uso Personale: Oltre la Quantità, Contano le Modalità
La distinzione tra la coltivazione uso personale di sostanze stupefacenti e la produzione finalizzata allo spaccio è una delle questioni più dibattute nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sul tema, fornendo criteri chiari per orientare la valutazione dei giudici. Il caso analizzato riguarda un individuo condannato per aver coltivato piante di canapa indiana in modo organizzato, ottenendo una quantità di principio attivo sufficiente per confezionare oltre mille dosi. La difesa sosteneva la tesi dell’uso personale, ma la Suprema Corte ha confermato la condanna, valorizzando non solo l’ingente quantitativo, ma soprattutto le modalità professionali della coltivazione.
I Fatti del Caso: Una Serra Indoor e 1188 Dosi
L’imputato era stato condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. Nello specifico, gli veniva contestata la coltivazione di piante di canapa indiana dalle quali era stata prodotta marijuana per un peso di 683,3 grammi, con un principio attivo del 4,4%, da cui era possibile ricavare ben 1188 dosi medie singole. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte dei giudici di merito, che avrebbero erroneamente escluso la destinazione della sostanza a un uso puramente personale.
L’Analisi della Cassazione sulla coltivazione uso personale
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il ragionamento della Suprema Corte si basa su un principio consolidato: per determinare la finalità della detenzione o coltivazione di stupefacenti, il giudice deve compiere una valutazione globale di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto.
Il Criterio Quantitativo non è l’Unico
Uno degli aspetti più interessanti della pronuncia è la precisazione sul valore del dato quantitativo. I giudici ribadiscono che il solo superamento dei limiti tabellari indicati dalla legge (art. 73-bis, d.P.R. 309/90) non crea una presunzione assoluta di spaccio. Sebbene la quantità acquisti un’importanza indiziaria crescente con l’aumentare delle dosi ricavabili, essa non può essere l’unico elemento su cui fondare una condanna. Tuttavia, un quantitativo di droga superiore ai limiti di legge può legittimamente contribuire a formare la prova della destinazione allo spaccio, se unito ad altri elementi.
Gli Elementi Organizzativi: Serra, Lampade e Fertilizzanti
Nel caso specifico, sono state proprio le modalità della coltivazione a risultare decisive. I giudici di merito avevano evidenziato in modo logico e coerente che la coltivazione non era affatto ‘domestica’ o ‘modesta’. L’imputato, infatti, aveva allestito una vera e propria serra indoor, completa di telaio di copertura, una lampada specifica per favorire la crescita delle piante e appositi fertilizzanti. Secondo la Corte, queste modalità organizzate e professionali esulano palesemente da una semplice coltivazione per autoconsumo e rappresentano, insieme all’enorme numero di dosi ricavabili, un quadro probatorio solido a sostegno della finalità di spaccio.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di una valutazione complessiva che non si limiti al solo dato ponderale. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, per escludere la destinazione meramente personale, il giudice deve considerare tutti gli indizi a sua disposizione: la quantità, certo, ma anche le modalità di presentazione della sostanza, le circostanze dell’azione e, come in questo caso, il livello di organizzazione della produzione. La presenza di un’attrezzatura professionale è stata interpretata come un chiaro segnale di un’attività non occasionale o limitata al soddisfacimento di un bisogno personale, ma proiettata verso una produzione sistematica e potenzialmente destinata a terzi.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La tesi della coltivazione uso personale non può reggere di fronte a elementi fattuali che dimostrano un’organizzazione e una capacità produttiva superiori alle esigenze di un singolo consumatore. La decisione ribadisce che la valutazione del giudice non deve essere frazionata, ma deve tenere conto di ogni singolo indizio per ricostruire la reale finalità della condotta. Di conseguenza, chi coltiva stupefacenti con metodi professionali, anche se non viene colto nell’atto di cedere la sostanza, difficilmente potrà invocare con successo la scriminante dell’uso personale, specialmente se il prodotto potenziale è di quantità rilevante.
Il solo superamento della quantità massima di sostanza stupefacente detenibile prova automaticamente lo spaccio?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il superamento dei limiti tabellari non determina alcuna presunzione di destinazione allo spaccio. È un indizio importante, il cui peso aumenta con l’aumentare delle dosi, ma il giudice deve sempre valutare globalmente tutte le circostanze del fatto.
Quali elementi, oltre alla quantità, sono decisivi per escludere la coltivazione per uso personale?
Secondo la sentenza, elementi come le modalità organizzate della coltivazione sono decisivi. Nel caso specifico, la presenza di una serra indoor con telaio, una lampada specifica per la crescita e fertilizzanti appositi sono state considerate modalità che esulano da una modesta coltivazione domestica, indicando una finalità diversa dall’uso personale.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa da parte del ricorrente nella causa di inammissibilità, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29090 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ROVERETO il 28/04/1960
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Vecchietti NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte Appello di Trento indicata in epigrafe con la quale è stata confermata la sentenza di condan pronunciata dal Tribunale di Rovereto in ordine al reato di cui all’ art. 73, comma 5, d 309/90 (coltivazione di piante dì canapa indiana dalle quali produceva sostanza di tipo mariva per un paso di gr.683,3; principio attivo del 4,4 dalle quali era possibile ricavare 1188 do
L’esponente lamenta mancanza ed illogicità della motivazione in merito alla denegata configurabilità dell’ uso personale dello stupefacente.
2. Il ricorso è manifestamente infondato. Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, l’indagine circa l’uso personale d sostanza deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circosta oggettive e soggettive del fatto (cfr. questa Sez. 4, sentenza n. 7191/2018, Rv. 272463, con Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). Si è precisato che il solo dato ponderale dello stupefacen rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione de droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilev indiziarla al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e l circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzion (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 dei 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).Tuttavia, il possesso un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bi a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinaz della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione. Tanto premesso giudici di merito hanno reso motivazio esaustiva, congrua e non manifestamente illogica, valorizzando non solo il dato quantitativo, per sé oltremodo rilevante ( 1188 dosi medie singole in base al principio attivo della sosta ma considerando altri significativi elementi quali le modalità organizzate della coltivazione ( indoor con telaio ricoperto, lampada specifica per la crescita delle piante e appositi fertil modalità che esulano della modesta coltivazione ad uso domestico). Si tratta di considerazio prive di fratture logiche e rispettose dei principi sopra illustrati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrentral pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Roma, 8 luglio 2025
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