Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 08/05/1970
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 12/02/1990
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 7/12/2023
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso di NOME COGNOME e per la inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME udita la discussione dei difensori, avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME che si sono riportati alla documentazione prodotta e ai rispettivi ricorsi, chiedendo l’accoglimento; udita l’avv. NOME COGNOME per conto della parte civile, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa, all’esito del procedimento celebrato con il rito abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese in data 11 luglio 2022, ha rideterminato la pena nei confronti degli imputati odierni ricorrenti alla misura di: – anni cinque di reclusione ed euro 31.629,00 di multa nei confronti di NOME COGNOME;
anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 20.000,00 di multa nei confronti di NOME COGNOME;
ha disposto la conferma delle ulteriori statuizioni, relative alle pene accessorie, condannando NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore della parte civile ed alla refusione delle spese sostenute dalla difesa della parte civile stessa relative al grado.
Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli:
entrambi dei reati di cui agli artt. 61, n. 11-quater, 99, 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere illecitamente coltivato 646 piante di marjuana (capo 1);
NOME COGNOME anche del reato di cui agli artt. 61, nn. 2 e 11-quater, 81, 99 cod. pen., 35. quinquies, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per avere falsamente attestato, mediante l’uso improprio del badge, la sua presenza in servizio presso la società partecipata RAGIONE_SOCIALE della città di Palermo RAGIONE_SOCIALE, alle cui dipendenze era assunto (capo 2);
NOME COGNOME anche del reato di cui agli artt. 61 n. 11-quater, 99, 110 e 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere illecitamente detenuto 457 gr. netti di cannabis (capo 3).
Con recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale ritenuta nei confronti del solo NOME COGNOME e con le ulteriori aggravanti della connessione teleologica e dell’avere commesso il fatto essendo sottoposto a misura alternativa alla detenzione.
Ricorrono gli imputati con atti dei rispettivi difensori di fiducia, deducendo i seguenti motivi, sintetizzati nei limiti strettamente necessari alla motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
3.1. Con un unico motivo, la difesa deduce vizio di motivazione in relazione alla responsabilità del ricorrente per il reato di coltivazione illecita di sosta stupefacenti di cui al capo 1).
La Corte ha ritenuto il ricorrente responsabile del reato per la condotta tenuta nell’unico giorno in cui è stata osservata dagli inquirenti la sua presenza attiva sul fondo, in relazione ad una attività ritenuta dalla Corte idonea ad integrare quanto meno la materialità del tentativo.
Sono stati valorizzati al riguardo, in termini puramente deduttivi, ed in assenza di ogni supporto dimostrativo: a) i precedenti penali da cui l’imputato è gravato, per dedurne la “conoscenza di luoghi e persone da cui rifornirsi dello stupefacente per rivenderlo a terzi”; b) le competenze botaniche dallo stesso possedute, quale addetto alla manutenzione del verde pubblico alle dipendenze della società partecipata che gestiva il relativo servizio a Palermo.
La sentenza impugnata, deduce la difesa:
non ha spiegato quale contributo materialmente il ricorrente abbia prestato alla attività di coltivazione, contributo che, peraltro, è stato escluso dal dichiarazioni dei correi NOME COGNOME e NOME COGNOME e che di certo l’imputato non avrebbe prestato in pieno giorno, quando più elevati erano i rischi;
non ha tenuto conto della assenza di elementi da cui desumere la presenza del ricorrente sui luoghi della piantagione di Misilmeri – che, stante il quantitativo di stupefacente rinvenuto, era in essere da tempo – prima della data dell’accertamento, essendo egli rimasto sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova con obbligo di soggiorno nel comune di Palermo – che risulta egli abbia espiato senza infrazioni – ed essendo stato autorizzato a trasferire il luogo di dimora nel comune di Misilmeri solo il giorno precedente quello dell’arresto.
4. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
4.1. Vizi di motivazione in relazione alla condotta di illecita coltivazione.
Le sentenze di merito si sono limitate ad accertare la conformità delle piante al tipo botanico cannabis e la loro attitudine a produrre sostanza stupefacente, ma la condotta risulta inoffensiva in concreto, alla luce dei principi affermati dall Corte costituzionale con la sentenza n. 306 del 1995 e dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 28605 del 28/04/2008, atteso che dalla coltivazione oggetto di accertamento non è derivato un aumento significativo di disponibilità di droga per il mercato, non essendo per conseguenza prospettabile alcun pericolo per la salute pubblica legato alla diffusione del relativo prodotto. Le piante non erano inoltre giunte a maturazione, come dimostra la limitatissima quantità di principio attivo ritraibile (34,664 gr. di THC) accertato dall’analisi tossicologica a fron dell’ampia estensione dell’area coltivata.
4.2. Mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La confessione resa dal ricorrente è stata svilita dalla Corte di appello perché relativa a circostanze cadute sotto la percezione visiva di coloro che hanno proceduto all’arresto.
Al contrario, l’apporto confessorio, al di là della idoneità del narrato ad agevolare la ricostruzione dei fatti, avrebbe dovuto essere valutato a favore del ricorrente, attenuando la pena, in quanto espressivo di riconsiderazione critica del proprio operato e di discontinuità con il proprio precedente modus agendi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
1.1. Il ricorso è inammissibile, essendo il motivo proposto aspecifico, nella parte in cui reitera temi già posti alla Corte di merito e dalla stess adeguatamente risolti, e comunque manifestamente infondato.
La difesa ha operato una lettura parcellizzata dei plurimi elementi che sono stati enucleati nelle sentenze di merito a fondamento della compartecipazione di NOME COGNOME all’attività di illecita coltivazione, assumendone la mancanza di persuasività e concordanza.
Di contro, la sentenza impugnata non si è limitata a rilevare la mera presenza del ricorrente nella piantagione, ma ha sottolineato come, prima della irruzione e per circa 40 minuti, i correi fossero stati osservati dai Carabinier operanti mentre si affaccendavano tra l’area di coltivazione, quella in cui era conservato lo stupefacente appena colto e il luogo ove era collocata la bilancia digitale per la pesatura, che era accesa e in uso, muovendosi in tali spazi convulsamente; e ha richiamato il contegno avuto dal ricorrente al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, in particolare, l’essersi lo stesso d immediatamente alla fuga (salvo desistere, nel momento in cui si era conto di non avere possibilità di scampo).
I Giudici di merito hanno poi analizzato le dichiarazioni rese dai correi figlio e nipote del ricorrente – valutandole, con argomentazione scevra da illogicità, non attendibili perché supportate da evidente finalità eteroprotettive per essere NOME COGNOME gravato da plurimi e rilevanti precedenti penali.
In questa prospettiva, senza distonie logiche, sono state valorizzate le conoscenze botaniche dovute all’attività lavorativa svolta dal ricorrente alle dipendenze di una società incaricata della manutenzione del verde pubblico e i circuiti criminali sui quali, in forza dei suoi trascorsi criminali, egli avr potuto contare per mettere a reddito l’attività di coltivazione.
Dunque, un compendio probatorio non esclusivamente indiziario, il cui contenuto evidenza un livello elevato di persuasività (Sez. 1, n. 47250 09/11/2011, COGNOME, Rv. 251502 – 01).
Al riguardo, vanno richiamati principi oramai granitici, che non posson che essere qui ribaditi.
Con specifico riferimento ai vizi della motivazione, il costa orientamento di questa Corte di legittimità è nel senso che il sindacato Corte di cassazione deve limitarsi, per espressa volontà del legislat riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibil verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Se n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
Invero, non è dato al giudice di legittimità sovrapporre la pro valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, attraverso una div lettura, benché anch’essa logica, dei dati processuali od una div ricostruzione storica dei fatti o, ancora, un diverso giudizio di rilevan attendibilità delle fonti di prova. (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessi Rv. 207944 nonché in precedenza Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020- dep. 2021, F., Rv. 280601).
1.2. Le deduzioni difensive sulla assenza di prova della presenza ricorrente nel luogo della coltivazione prima .del giorno in cui venne tra arresto – desunte dalla circostanza, puramente asserita, che egli non abbi trasgredito le prescrizioni impostegli quando era sottoposto alla mi alternativa – non hanno pregio al fine di escludere la idoneità causa contributo offerto dal ricorrente alla realizzazione collettiva. Si tratta pur sempre di una attività di agevolazione, per quanto limitata nella durata si inserisce nel determinismo causale della condotta criminosa. E, se an NOME COGNOME fosse rimasto inoperoso – e così non è, essendo stato osserv mentre di affaccendava tra luogo di coltivazione, luogo di stoccaggio e luogo pesatura del prodotto – anche l’essere sul posto, mentre era in a coltivazione e la estrazione della sostanza, è condotta idonea ad integr concorso morale.
Vengono in rilievo i principi generalissimi in tema di concorso di perso nel reato, espressi dalla clausola estensiva della punibilità di cui all’art. pen., in forza dei quali il contributo del concorrente può intervenire nel ideativa o preparatoria, oltre che in quella esecutiva del reato, estrinsecarsi anche in forme differenziate ed atipiche della condotta crimin quali l’istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, l’agevolazio sua preparazione o consumazione, ovvero il rafforzamento del proposit criminoso di altro concorrente. Con riguardo al concorso morale, anche la mu
presenza può avere valenza rafforzativa e porsi in rapporto di causalità effi con le attività poste in essere dagli altri agenti.
Né può essere enfatizzato, quale elemento che infici sul punto la ten dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, il passaggio per cui agevolazione alla coltivazione, se pure limitata ad un solo giorno, “sar idonea a configurare la materialità del tentativo”.
Tale argomento sembra contraddire quanto in precedenza sostenuto dalla stessa Corte sulla ricorrenza dei presupposti per l’operatività del meccan estensivo di cui all’art. 110 cod. pen., che permette di attribuire rilevanz detto, anche a condotte che realizzino un limitato segmento dell’azione tipi anche a condotte meramente agevolatrici/rafforzative dell’altrui propo criminoso Tuttavia, si tratta di un passaggio motivazionale inserit ad abundantiam, introdotto da una proposizione di chiaro segno concessivo (“anche volendo ammettere che l’appellante non si fosse mai recato presso il luogo d coltivazione), e coerentemente non risulta essere stata derubricato il reat del resto, sono state formulate censure sulla mancata riqualificazione in melius).
2. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
2.1. Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che si espongo seguito.
2.1.1. Il primo motivo è infondato.
La difesa richiama la sentenza Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, D COGNOME, Rv. 239920 – 01 e Rv. 239921 – 01, in tema di coltivazione n autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti. L’ ricostruttivo delineato da tal pronuncia è stato significativamente inciso da recenti Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278624 – 01.
Secondo la sentenza COGNOME, posto il principio per cui costituisce cond penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di della indicata natura, quand’anche realizzata per la destinazione del prodot uso personale – e ciò sul presupposto della potenzialità diffusiva di tale a in quanto suscettibile di creare nuove e non predeterminabili disponibili stupefacenti – l’accento, ai fini della punibilità, doveva necessari spostarsi, in un’ottica costituzionalmente orientata, ispirata dalle sentenz Corte cost. n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996, sulla necessità di appre l’offensività in concreto della condotta, da intendersi quale idoneità piantumazioni a produrre un “effetto drogante rilevabile” (id est ad alterare l’attività neuropsichica del consumatore).
Secondo tale arresto, l’ampiezza della oggettività giuridica d fattispecie imponeva, quale temperamento, la necessaria verifica del principi offensività, in funzione selettiva di ciò che è meritevole di tutela penale.
La più recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, 278624, ha tuttavia definito nuovo paradigma della condotta di coltivazione, specialmente in relazione a coltivazione “domestica”, ossia di entità modesta.
Posta la premessa di metodo che debbano tenersi distinti i piani de tipicità e dell’offensività (dovendo poi tenersi conto, nell’ambito di quest categoria, dell’ulteriore partizione tra offensività in astratto ed offen concreto), le Sezioni Unite in disamina hanno recuperato la direttrice trac dalla Corte costituzionale (sentenza n. 360 del 1995) e rieditato la dicotomi coltivazione tecnico-agraria e coltivazione domestica. In consapevole dissonan con la sentenza COGNOME, che aveva negato tale alterità, la Corte ha rinv nella normativa vigente elementi significativi di una nozione di coltivazi nell’accezione di pratica tecnico-agraria di dimensioni apprezzabil connotazione commerciale (in dettaglio, nell’art. 27 del d.P.R. n. 309 del 1 che richiama le “particelle catastali” e la “superficie del terreno sulla qu effettuata la coltivazione”, nonché, nei successivi artt. 28, 29 e 30, inere modalità di vigilanza, raccolta e produzione delle “coltivazioni autorizzate” ed eccedenze di produzione “sulle quantità consentite”).
Su tali basi, Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, c hanno ritenuto di non poter condividere l’assunto di cui a Sez. U. n. 28605 24/04/2008. Di COGNOME, 239920, per cui l’attività di coltivazione sarebbe se penalmente rilevante, e che facciano invece eccezione le coltivazioni dimensioni minime destinate all’autoconsumo. In particolare, hanno affermat che non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tip una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva c la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domest utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui rica un modestissimo quantitativo di prodotto.
In altri termini, per conseguire risultati interpretativi dotati di suf certezza, è necessario che il nesso di immediatezza tra coltivazio destinazione ad esclusivo uso personale del coltivatore sia oggettivo ed anco ad indici sintomatici – necessariamente tutti compresenti – quali: il m elemento dimensionale della coltivazione, che deve comprendere uno scarso numero di piante, dalle quali siano ricavabili modestissime quantità di sosta lo svolgersi dell’attività in forma domestica e non industriale; le NOME
tecniche utilizzate. Devono, inoltre, mancare indici significativi di inser dell’attività nel circuito del mercato illegale. Un’attività colturale così caratterizzata non rientra, dunque, nel concetto di coltivazione.
Tornando al caso qui al vaglio, i Giudici di merito hanno ricostruito l’intera piantagione era composta da n. 646 piante, da cui si sarebbero p ricavare, sulla scorta dell’accertamento tossicologico, 35,17 gr. di THC p corrispondenti a 1407,08 dosi medie singole.
Hanno poi evidenziato (v. pag. 8 della sentenza di primo grado, che co la conforme sentenza di appello forma un unitario corpo motivazionale), qua elementi significativi al fine di escludere la destinazione all’autoconsumo, o rilevante numero di piante, l’apprestamento di strumenti professionali pe coltivazione (impianto di irrigazione), il quantitativo ricavabile, la detenz una consistente provvista di marjuana già essiccata (12 kg.) e di strumentaz per il confezionamento in dosi (bilancia digitale, bustine in plastica, macc per il sottovuoto), tutti univocamente significativi della destinazione del pr alla commercializzazione.
Non può esservi dubbio sulla offensività in concreto della condotta a luce del principio, consacrato dalla medesima pronuncia a Sezioni Unite (R 278624 – 02), per cui il reato di coltivazione di stupefacenti è configu indipendentemente dalla quantità di principio attivo estraibile nell’immediate essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazion produrre sostanza ad effetto stupefacente.
Gli stessi elementi fattuali sopra indicati hanno consentito al Tribuna affermare che, nella specie, gli arbusti erano anzi prevedibilmente in gra rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantitativi significativi di drogante.
2.1.2. Il secondo motivo è aspecifico e confutativo.
La Corte territoriale ha dato compiutamente conto degli aspetti ostativi riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, rispetto ai quali la confessione è stata, all’evidenza, valutata come recessiva . .
Il diniego risulta fondato sui parametri indicati dall’art. 133 cod essendosi sottolineate: la personalità del soggetto per come si evinc precedenti specifici, l’intensità del dolo, ma anche le modalità concrete del avuto riguardo alle proporzioni della coltivazione illecita, al complesso apparecchiature necessarie per la maturazione, al numero di piante essiccate principio di purezza rilevato ed al numero di dosi ricavabili.
Sul punto, è costante il principio per il quale, al fine di ritenere escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritien prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (tra le molte, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02).
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen. vanno disposte, alla luce di tutto quanto precede, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, quanto a NOME COGNOME per cui vi è stata declaratoria di inammissibilità, anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che si valuta equo quantificare nella misura indicata in dispositivo, non vertendosi in ipotesi di assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Da ultimo, va disposta la condanna di NOME COGNOME alla rifusione delle spese processuali, con gli accessori di legge, nei confronti della parte civile costituta nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME Davide e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna altresì COGNOME NOME alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE Palermo, che liquida in euro 3686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 12/09/2024