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Coltivazione stupefacenti: quando è reato? Analisi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per coltivazione stupefacenti. La Corte ha stabilito che l’ingente quantitativo di principio attivo ricavabile (1.089 dosi) e la presenza di attrezzature professionali escludono la destinazione al mero uso personale. È stato inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche, non potendo basarsi sulla sola assenza di precedenti.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione Stupefacenti: Uso Personale o Reato? La Cassazione fissa i paletti

La distinzione tra la coltivazione stupefacenti per uso personale e quella penalmente rilevante è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali per orientarsi in questa materia, confermando che non è tanto la coltivazione in sé, quanto le sue modalità e finalità a determinare la sussistenza del reato. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi vengono considerati decisivi dai giudici.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, per il reato di coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. In particolare, l’imputato era stato trovato in possesso di piante di marijuana e funghi allucinogeni. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza e riducendo la pena, aveva confermato la responsabilità penale. L’imputato ha quindi presentato ricorso per cassazione, contestando la decisione.

I motivi del ricorso

La difesa ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:

1. Errata valutazione della destinazione della sostanza: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe sbagliato nel non considerare la coltivazione di marijuana finalizzata a un consumo puramente personale, escludendo quindi la rilevanza penale della condotta.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis del codice penale, che avrebbero comportato un’ulteriore riduzione della pena.

L’analisi della Corte sulla coltivazione stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi infondati e generici. Sul primo punto, i giudici hanno richiamato l’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 12348/2020) che ha fissato i criteri per distinguere la coltivazione domestica non punibile da quella illecita.

Secondo tale orientamento, non integra reato una coltivazione che:
– È svolta in forma domestica.
– Utilizza tecniche rudimentali.
– Riguarda un numero scarso di piante.
– Produce un quantitativo modestissimo di prodotto.
– È oggettivamente destinata all’uso personale esclusivo, senza indici di un possibile inserimento nel mercato illegale.

Nel caso esaminato, questi presupposti mancavano completamente. Dalla sostanza sequestrata si potevano ricavare ben 1.089 dosi singole. Inoltre, nell’abitazione dell’imputato erano stati rinvenuti strumenti quali un bilancino di precisione, ventole, fertilizzanti e materiale per il confezionamento (pellicola e alluminio). Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano in modo logico e inequivocabile che la coltivazione stupefacenti non era rivolta a un consumo meramente personale, ma era strutturata per una produzione ben più ampia.

Il diniego delle circostanze attenuanti generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha sottolineato che la concessione delle attenuanti generiche non è un atto dovuto. Il giudice di merito aveva correttamente negato il beneficio in assenza di elementi positivi di valutazione e, al contrario, in presenza di una condotta di notevole gravità, data l’estensione della coltivazione e il pericolo per la salute pubblica. La Cassazione ha inoltre ricordato che, a seguito della riforma del 2008, il solo stato di incensuratezza dell’imputato non è più sufficiente per giustificare la concessione di tali attenuanti.

Le motivazioni della decisione

La decisione della Corte si fonda su un’applicazione rigorosa dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite. La Cassazione ha ritenuto il ricorso ‘generico’ perché non si confrontava criticamente con le argomentazioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi senza smontare la logica del ragionamento dei giudici di merito. La presenza di attrezzature professionali e l’enorme potenziale di dosi ricavabili sono stati considerati ‘indici significativi’ di un inserimento nel mercato illegale, rendendo impossibile qualificare la condotta come coltivazione domestica per uso personale. Il ragionamento della Corte d’Appello è stato quindi giudicato esente da vizi logici o giuridici, portando alla declaratoria di inammissibilità.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: la non punibilità della coltivazione domestica è un’eccezione che si applica solo a casi di minima entità, caratterizzati da tecniche amatoriali e da una produzione esigua, oggettivamente incompatibile con lo spaccio. In presenza di elementi che indicano una certa organizzazione e un potenziale produttivo significativo, la condotta rientra a pieno titolo nel reato previsto dall’art. 73 d.P.R. 309/1990. La decisione serve da monito: la valutazione non si basa sul numero di piante in sé, ma su un’analisi complessiva della condotta, degli strumenti utilizzati e del quantitativo di principio attivo producibile.

Quando la coltivazione di stupefacenti non è considerata reato?
La coltivazione di stupefacenti non integra reato quando, per mancanza di tipicità, è una condotta svolta in forma domestica, con tecniche rudimentali e un numero scarso di piante, da cui si ricava un modestissimo quantitativo di prodotto, e non vi sono indici di un inserimento nel mercato illegale, denotando un nesso di immediatezza con la destinazione esclusiva all’uso personale.

Perché nel caso specifico la coltivazione è stata ritenuta un reato e non per uso personale?
Perché dalla sostanza sequestrata erano ricavabili 1.089 dosi singole e presso l’abitazione dell’imputato sono stati trovati un bilancino di precisione, ventole, fertilizzanti, e materiale per il confezionamento. Questi elementi hanno logicamente indicato una destinazione non meramente personale.

È sufficiente non avere precedenti penali per ottenere le attenuanti generiche?
No, secondo la Corte e a seguito della riforma dell’art. 62-bis del 2008, il solo stato di incensuratezza dell’imputato non è più sufficiente per la concessione delle circostanze attenuanti generiche. È necessaria la presenza di elementi o circostanze di segno positivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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