Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8250 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8250 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 35151/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Pisa l’8/05/1985,
avverso la sentenza del 19/09/2024 della Corte d’appello di Firenze
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 19/09/2024 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pisa del 29/10/2021, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, riconosciuta la ipotesi di lieve entità limitatamente alla coltivazione di funghi allucinogeni ed esclusa la recidiva contestata, applicava allo stesso la pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 7.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. con un primo motivo lamenta violazione di legge laddove la sentenza non ritiene che per le sue caratteristiche la coltivazione di marijuana non fosse rivolta ad un consumo meramente personale.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 62bis cod. pen., in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso Ł inammissibile.
La prima doglianza Ł inammissibile.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 16/04/2020, COGNOME, Rv. 278624 – 02) hanno chiarito che «il reato di coltivazione di stupefacenti Ł configurabile
indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente».
La medesima pronuncia ha chiarito che «non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto».
Nel caso in esame, dalla sostanza sequestrata erano ricavabili, come emerge dalla consulenza tossicologica, 1.089 dosi singole; inoltre, presso l’abitazione dell’imputato venivano rinvenuti un bilancino di precisione, ventole e fertilizzanti per la crescita delle piante, confezioni di alluminio e pellicola trasparente, elementi tutti da cui in modo certamente non illogico la Corte territoriale ha inferito la destinazione dello stupefacente ad un consumo non meramente personale.
Il motivo, che non si confronta in modo realmente critico con la sentenza, Ł pertanto generico.
5. La seconda doglianza Ł manifestamente infondata.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha motivato in modo non illogico sulla impossibilità di riconoscere le stesse in assenza di elementi positivi di valutazione, neppure offerti dall’imputato, e anzi in presenza di una coltivazione così estesa da costituire un pericolo per la salute pubblica.
Il Collegio in proposito ribadisce il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
Il motivo Ł quindi generico, non confrontandosi criticamente con la sentenza impugnata.
6. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME