Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30180 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30180 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposto da COGNOME NOME COGNOME nato a Scilla il 04/05/1991 COGNOME NOMECOGNOME nato a Scilla il 04/03/1995 avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 16 aprile 2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza sia annullata, con rinvio, limitatamente all’omessa statuizione sulla sospensione condizionale della pena, e che il ricorso sia dichiarato inammissibile nel resto; udito il difensore, avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 aprile 2024, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Reggio Calabria del 7 febbraio 2023, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa, per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, del d.P.R. 309 del 1990, perché, in concorso tra loro e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 del medesimo decreto, presso la Contrada da Santo Stefano, in Comune di Scilla, coltivavano illecitamente 175 piante di canapa indiana con altezza variabile tra i 30 e i 120 cm, destinate a produrre sostanza stupefacente del tipo marijuana destinata ad uso non personale, tenuto conto del numero di piante e delle modalità e tecniche di coltivazione, nonché del principio attivo in esse riscontrato.
Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto, tramite difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, la difesa lamenta la violazione degli artt. 24, 27 e 111 Cost., oltre a vizi della motivazione in ordine alla ritenut responsabilità penale degli imputati; le affermazioni contenute nella sentenza d appello risulterebbero congetturali e basate su semplici presunzioni, in particolar modo nella parte in cui la Corte afferma che il mero evidenziare, da parte della difesa, la presenza di inesattezze degli atti di indagine, quali le asserite incongruenze del minutaggio indicato nel verbale di arresto, non sia sufficiente nell’ambito del giudizio abbreviato; inoltre, la Corte avrebbe fornito una motivazione insufficiente in merito alla doglianza difensiva secondo cui le fotografie allegate al secondo sequestro, la cui esecuzione sarebbe stata ritardata per dare precedenza alla registrazione di un servizio televisivo, sarebbero identiche a quelle relative al primo sequestro; ancora, il fotogramma del campione analizzato dai RIS sarebbe identico a quello estratto da altro campionamento nell’ambito di un diverso procedimento penale a carico di altri imputati.
Da ultimo, la difesa si duole del fatto che la Corte avrebbe escluso l’applicabilità dell’art. 131 -bis cod. pen. per il solo fatto che la coltivazione dell canapa implichi una serie di attività agronomiche.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 73, del d.P.R. 309 del 1990, in quanto l’offensività della condotta sarebbe stata affermata dalla Corte di appello in mancanza di un accertamento sull’idoneità delle piante a produrre un effetto drogante, che non può desumersi dalla mera sussistenza della piantagione, dal momento che il principio attivo è contenuto nelle infiorescenze. Inoltre, nel caso di specie, non erano stati riscontrati sistemi di irrigazione, potatura o illuminazione, così da potersi configurare al più una coltivazione ad uso personale.
2.3 Con un terzo motivo, la difesa lamenta il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309 del 1990, negato in ragione di un presunto coinvolgimento degli imputati in un più vasto traffico, pur non essendo stata riscontrata una particolare organizzazione nella coltivazione.
2.4. In quarto luogo, si prospettano vizi della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 62-bis cod. pen., sul rilievo che la Corte avrebbe omesso di considerare i plurimi elementi positivi prospettati dalla difesa, quali l collaborazione degli imputati, la loro incensuratezza, la loro condizione sociofamiliare.
2.5. Con un ultimo motivo di doglianza, la difesa denuncia vizi della motivazione e violazione dell’art. 163 cod. pen. con riferimento alla mancanza di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena. Nello specifico, la sentenza ometterebbe di rispondere a quanto dedotto dalla difesa nell’atto di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono solo parzialmente fondati.
1.1. Il primo motivo di doglianza, relativo al giudizio di responsabilità nei confronti degli imputati, è inammissibile, in quanto consiste in una generica prospettazione diretta ad ottenere una rivalutazione delle evidenze processuali, preclusa in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.
Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, i dati desunti dal quadro probatorio sono stati adeguatamente valorizzati dalla Corte, la quale ha ampiamente esaminato i rilievi difensivi, delineando, con puntuali sequenze argomentative, le ragioni giustificative della conferma della condanna a carico dei due imputati. Quanto alle asserite incongruenze tra il minutaggio indicato nel verbale di arresto e all’identità dei fotogrammi, esse non risultano essere rilevanti, per la loro evidente marginalità; mentre la difesa omette di sottoporre ad adeguata disamina critica gli altri elementi probatori, correttamente posti alla base della decisione, quali l’arresto in flagranza dei due imputati, la consistenza della coltivazione, il materiale in loro possesso e le versioni discordanti rese dai due in sede di convalida, oltre al rinvenimenimento di un innaffiatoio e un misurino.
Anche la doglianza riferita all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. inammissibile. Infatti, la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131cod. pen. non è incompatibile con il delitto di coltivazione di piante idonee a produrre sostanze stupefacenti e psicotrope quando, sulla base di una valutazione in concreto dei quantitativi ricavabili, delle caratteristiche della coltivazione, del
destinazione del prodotto, e più in generale sulla base dei principi soggettivi ed oggettivi ricavabili dall’art. 133 cod. pen., la condotta illecita sia sussumibile n paradigma della particolare tenuità dell’offesa (ex plurimis, Sez. 4, n. 1766 del 16/10/2018, dep. 16/01/2019, Rv. 275071; Sez. 4, n. 30238 del 10/05/2017, Rv. 270191; Sez. 4, n. 27524 del 10/05/2017 , Rv. 270493).
Ebbene, nel caso di specie, la Corte di merito correttamente evidenzia (pag. 8 del provvedimento) come, in considerazione dell’estensione delle piantagioni e del grado di crescita delle piante, con altezza variabile dai 30 ai 120 cm, non vi è dubbio alcuno sulla pluralità e la consistenza degli atti di coltivazione posti i essere dagli imputati e sulla conseguente inapplicabilità dell’istituto al caso concreto.
1.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, relativi all’offensività della condo e al mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309 del 1990, sono anch’essi inammissibili. La difesa cita in modo parziale la giurisprudenza ritenuta rilevante, omettendo di effettuare una completa disamina delle pronunce che si sono susseguite sul tema. Come da ultimo delineato proprio dalle Sezioni Unite, sul piano dell’offensività il reato d coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficiente la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e produrre sostanza stupefacente. E per coltivazione dovrà intendersi l’attività svolta dall’agente in ogni fase dello svilupp della pianta, dalla semina fino al raccolto (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278624).
Dunque, ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza del principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito dello sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti. Come correttamente evidenziato dalla Corte di appello, l’analisi tecnica effettuata dalla polizi giudiziaria ha accertato la presenza di un totale principio attivo ricavabile pari 32,6 grammi, per un totale di 1340 dosi medie singole, oltre alla presenza di un elevato di piante, tutte corrispondenti al tipo botanico. I fatti contestati n possono pertanto essere ritenuti di minore gravità, vista l’entità della piantagione (ben 175 piante), a nulla rilevando le argomentazioni difensive circa l’assenza di sistemi di irrigazione, potatura o illuminazione.
1.3. Il quarto motivo di ricorso, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile, in quanto generico e diretto ad ottenere una
rivalutazione delle risultanze probatorie. La difesa non offre alcun elemento valido a sostenere una rimodulazione dell’impianto sanzionatorio e non si confronta con
la motivazione offerta dalla Corte di appello sul punto (pag. 9 del provvedimento), la quale, seguendo un percorso argomentativo chiaro e logico, evidenzia l’assenza
di alcun rapporto collaborativo da parte degli imputati che, oltre ad aver fornito giustificazioni contraddittorie inverosimili alla loro condotta, nel loro legittimo
esercizio del diritto di difesa, si sono resi autori di gravi affermazioni nei confronti della polizia giudiziaria operante.
1.4. È invece, fondata la censura riferita all’omessa motivazione circa la sospensione condizionale della•pena, che era stata oggetto di specifico motivo di
appello, non preso in considerazione dal giudice di secondo grado. Dall’esame dei certificati penali degli imputati presenti nel fascicolo (aggiornati all’8 luglio 2020),
non appaiono elementi preclusivi in tal senso.
2. La sentenza deve quindi essere annullata, limitatamente all’omessa sulla sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra sezione
statuizione della Corte di appello di Reggio Calabria, che procederà al nuovo giudizio sul punto,
previa acquisizione di certificati penali aggiornati. I ricorsi devono essere dichiarati nel resto inammissibili.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa statuizione sulla sospensione condizionale della pena, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso il 10/4/2025.