Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30487 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30487 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CINQUEFRONDI il 18/11/1988
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
E’ presente l’Avvocato NOME del foro di ROMA in difesa di NOME COGNOME il quale evidenzia i motivi posti alla base del ricorso e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame cautelare, con la ordinanza impugnata ha rigettato la richiesta di riesame cautelare avanzata dall’odierno ricorrente COGNOME COGNOME avverso la ordinanza che ha disposto nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere, sostituita successivamente con la misura degli arresti domiciliari, in relazione alla contestazione di avere organizzato la coltivazione, in concorso con altri indagati, di diecimila piante di canapa indiana per la produzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana in un terreno sito in San Calogero, località Borgo INDIRIZZO Mileto preso in comodato dal proprietario COGNOME Gaetano.
La contestazione costituisce il precipitato di una attività di indagine realizzata dalla Stazione dei Carabinieri di Limbadi che, a partire dall’agosto 2022, aveva monitorato con l’ausilio di video riprese una coltivazione in atto su detto terreno che, all’esito di alcune verifiche anche di carattere documentale (in quanto il RAGIONE_SOCIALE assumeva di operare quale imprenditore nel settore della cannabis light), aveva condotto al sequestro di mille piante di marijuana e all’arresto del prevenuto essendo state rinvenute fluorescenze di cannabis con effetto drogante, del tutto incompatibili con l’esercizio di un’attività lecita di coltivazione. In relazione a tali fatti si era proceduto separatamente ma, all’esito delle indagini, sulla base del materiale fotografico e di tutti i dati estrapolati dalle utenze telefoniche del RAGIONE_SOCIALE, compresa la messaggistica “Whatsapp” era emerso che nel medesimo contesto ambientale il RESTUCCIA, unitamente ad altri coindagati, era stato impegnato, a partire dal Maggio 2022, in una analoga coltivazione illegale, che si riferiva ad una piantagione ben più consistente, di circa diecimila piante, come risultava da alcune immagini agli atti che ritraevano l’indagato con strumenti e mezzi necessari alla predetta coltivazione, da interlocuzioni con altri indagati tra i quali soggetti che avrebbero dovuto fornire all’indagato macchinari per provvedere alla raccolta delle inflorescenze, nonché da una serie di elementi captativi da cui emergeva che, in epoca antecedente a quella in cui aveva avuto inizio il monitoraggio del fondo, in un arco temporale compreso tra maggio e agosto 2022, il RAGIONE_SOCIALE aveva impiantato, coltivato e raccolto le inflorescenze di una diversa e più ampia coltivazione di canapa indiana.
2.1. Era infatti emerso che egli si era adoperato alacremente per l’acquisto, la messa a dimora, la coltivazione delle piante di canapa indiana, prendendo accordi con il fornitore dei macchinari necessari alla esfoliazione
delle piantine, al quale venivano fornite indicazioni sull’estensione e sullo sviluppo vegetativo della coltivazione, con indicazione dei tempi di maturazione necessari per procedere alla raccolta nonché informazioni sulle maestranze che avrebbero dovuto procedere alla raccolta.
Sebbene si fosse in presenza di droga parlata il Tribunale del Riesame, anche ricorrendo a presunzioni che venivano tratte dalle modalità di coltivazione e di raccolta delle inflorescenze monitorate mediante telecamere, che aveva poi portato al sequestro di una rilevante quantità di marijuana e al sequestro di mille piante, riconosceva un’adeguata gravità indiziaria anche con riferimento alla pregressa coltivazione di diecimila piantine di cannabis da parte del RESTUCCIA e di conseguenza la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art.80 . comma 2 dPR 309/90 laddove, in relazione alla successiva coltivazione, era stato accertato mediante consulenza tecnica che il principio attivo delle inflorescenze era superiore ai limiti stabiliti dalla legge, come interpretati alla luce dalla sentenza a S.U. COGNOME.
2.2. In relazione alle esigenze cautelari il giudice evidenziava l’esistenza di un pericolo attuale e concreto di recidiva, desumibile dalle concrete modalità del fatto in ragione dello svolgimento di una continuativa attività di coltivazione di sostanza stupefacente in forma imprenditoriale, dalla compartecipazione criminosa con altri soggetti in grado di consentire, finanziare, condividere e agevolare, anche dal punto di vista tecnico, tali iniziative, nonché dalle specifiche modalità di esecuzione del reato, le quali denotavano profili di spiccata antidoverosità in quanto il ricorrente aveva tentato di mascherare, anche mediante l’impiego di fatture false, la illecita coltivazione simulando la produzione autorizzata di cannabis light.
111 3. Avverso ksuddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di NOME COGNOME la quale ha articolato quattro motivi di ricorso.
3.1 Con il primo assume motivazione manifestamente illogica e contraddittoria con riferimento al riconoscimento di gravità indiziaria riguardo la sussistenza della coltivazione di diecimila piante di marijuana.
Assume la insufficienza ed equivocità degli elementi posti a fondamento di tale inferenza in ragione della non concludenza delle immagini estrapolate dal cellulare del COGNOME, che ritraevano contenitori del tutto inidonei o insufficienti per una così consistente piantagione, ma che erano invece compatibili con una raccolta ben più limitata, cioè coerente con quella riferibile alle mille piantine poi sequestrate nell’ottobre 2022; poneva inoltre in rilievo la incoerenza della prospettazione accusatoria con i
profili temporali necessari per la crescita vegetativa, fioritura e maturazione ed essiccazione di una eventuale pregressa coltivazione, del tutto incompatibili con l’arco temporale indicato nell’editto cautelare (maggio-luglio 2022) e della forza lavoro rappresentata nella messaggistica whattsapp, che appariva del tutto inadeguata per una coltivazione così estesa.
3.2. Con una seconda articolazione assume la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata con riferimento alla ritenuta circostanza aggravante dell’ingente quantitativo in presenza di coltivazione che non aveva formato oggetto di sequestro, in assenza di elementi da cui desumere i profili ponderali, qualitativi e di principio attivo del prodotto e sulla base di ragionamento congetturale e circolare che, per riconoscere la quantità ingente, faceva riferimento ad altra coltivazione di cui era stato operato il sequestro.
3.3. Con una terza articolazione deduce la nullità dell’ordinanza impugnata in ragione della omessa considerazione del contenuto della memoria difensiva depositata in sede di riesame, con violazione dell’art.178 lett.c) in relazione all’art.309 cod. proc. pen. La memoria allegata conteneva articolate e compiute considerazioni, con riferimenti fattuali e argomenti logico giuridici volti a escludere la congruenza degli elementi indiziari valorizzati nella misura cautelare a sostegno della ipotesi di coltivazione di diecimila piante di cannabis, laddove il Tribunale del Riesame, accogliendo le prospettazioni formulate dall’organo di accusa, aveva del tutto omesso di considerare le allegazioni difensive le quali, con argomenti tecnici e riferimenti documentali, erano tese a dimostrare la inadeguatezza degli elementi raccolti nel corso delle indagini con la presenza di una coltivazione dalle caratteristiche riconosciute dal giudice della cautela.
3.4. Con una quarta articolazione assume motivazione apparente e manifestamente illogica in punto di sussistenza delle esigenze cautelari ex art.274 cod. proc. desunte esclusivamente dal modus operandi del prevenuto, omettendo del tutto di considerare i profili personologici del ricorrente, quali l’assenza di precedenti specifici e di collegamenti con organizzazioni criminali, nonché mancando di valutare la idoneità di misure cautelari non detentive, anche in ragione del tempo trascorso dai fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso risulta infondato nel suo complesso e deve essere rigettato.
Va ricordato che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, ovvero che propongano una diversa ricostruzione dei fatti reato, da ritenersi maggiormente convincente e plausibile. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.COGNOME, Rv.255460).
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza, appare coerente con le risultanze investigative e privo di illogicità evidenti e, sotto diverso profilo, in relazione alla censura di nullità per omesso confronto con le deduzioni difensive, anche di natura tecnica, contenute nella memoria difensiva depositata nel corso del giudizio di riesame, si misura con tutte le argomentazioni difensive disattendendole con lineari e non illogici argomenti.
2.1. In particolare, Il Tribunale del riesame dopo avere indicato il contenuto dei gravi indizi di colpevolezza posti a fondamento dell’editto cautelare, da pag.5 dell’ordinanza impugnata, si confronta con le contestazioni della memoria difensiva evidenziando, alla luce degli accordi assunti dal RAGIONE_SOCIALE con gli altri sodali e con l’interlocutore soprannominato “Carpe diem”, al quale si era rivolto per ottenere le attrezzature per la lavorazione e la raccolta delle inflorescenze, il progredire della coltivazione e, a tale fine, ha indicato le interlocuzioni, intercorse a partire dalla data del 5 luglio, finalizzate alla pulizia e alla raccolta delle foglie, attività che risulterebbero realizzate tra la fine di luglio
e l’inizio di agosto e pertanto in epoca di molto anteriore alla maturazione della piantagione successivamente monitorata, sottoposta a sequestro soltanto nell’ottobre 2022. Il giudice del riesame ha poi valorizzato, ai fini del riconoscimento della gravità indiziaria nei confronti del RESTUCCIA, l’esplicito riferimento fatto dal “carpe diem” (l’interlocutore che offre collaborazione e macchine) ad un’attività di raccolta che avrebbe interessato una coltivazione di diecimila piantine di cannabis e la fattura di acquisto esibita dal ricorrente ai Carabinieri in data 8 giugno 2022 la quale si riferisce all’acquisto di diecimila piantine che, poste a dimora in data 8 giugno 2022 (come riferito dal ricorrente), mai avrebbero potuto trovarsi nel primordiale stato vegetativo riscontrato dalle forze dell’ordine in data 5 agosto 2022, allorquando aveva inizio il monitoraggio della nuova piantagione.
Pertanto priva di illogicità evidenti è la motivazione dell’ordinanza impugnata che, sulla base dell’esame combinato delle risultanze intercettive, fotografiche e della messaggistica estrapolata dall’utenza telefonica del RAGIONE_SOCIALE, nonché sulla base dei documenti acquisiti e delle inflorescenze sequestrate, ha ritenuto, con la gravità indiziaria richiesta per la presente fase del procedimento, che il RAGIONE_SOCIALE, unitamente ad alcuni complici che gli avevano assicurato collaborazione logistica e agricola, aveva intrapreso la coltivazione di una piantagione di diecimila piante di cannabis nella tarda primavera dell’anno 2022 e di cui aveva curato lo sviluppo vegetativo e coordinato la raccolta entro l’inizio di agosto dello stesso anno.
La censura, sviluppata nel secondo motivo di ricorso, volta a denunciare la illegittimità della contestazione nella parte in cui era stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’art.80 comma 2 dPR 309/90 (ingente quantitativo), risulta manifestamente infondata in quanto generica e priva di confronto con gli argomenti indicati dal giudice del riesame il quale, mediante il richiamo alle caratteristiche della coltivazione emerse nel corso delle indagini (estensione della coltivazione per numero di piante coltivate, attrezzature utilizzate, manodopera impiegata nella raccolta, consistenza delle inflorescenze rinvenute all’esito della perquisizione, confronto con le dimensioni della successiva piantagione sequestrata nell’ottobre 2022, dieci volte inferiori di quella di cui all’editto cautelare), ha ravvisato le condizioni per il riconoscimento della circostanza aggravante, tenuto conto degli accertamenti tecnici che, in relazione alla
piantagione successivamente sequestrata, avevano riscontrato un principio attivo pari a quattro chilogrammi di marijuana.
Infondato è infine il motivo di ricorso che assume vizio motivazionale e violazione di legge in relazione al riconoscimento di esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura cautelare in essere. Del tutto corretto è infatti l’apprezzamento sviluppato in ordine sia alla concretezza sia all’attualità delle esigenze cautelari, in linea con il novum introdotto dalla legge n. 47 del 2015 sul disposto della lettera c) dell’articolo 274 c.p.p. Come è noto, l'”attualità” dell’esigenza cautelare non costituisce un predicato della sua “concretezza”. Si tratta, infatti, di concetti distinti, legati l’uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l’altro (l’attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quella di attualità e viceversa. Il Tribunale, difatti, anche circa il presupposto dell’attualità, lungi dall’aver posto alla base della valutazione in merito alle esigenze cautelari il mero richiamo alla gravità dei reati per cui si procede, ha sul punto evidenziato l’attuale inserimento del RESTUCCIA in circuiti criminali legati alla coltivazione e al traffico di sostanza stupefacente, sia pure attraverso Io schermo di un’attività lecita nella produzione e smercio di “cannabis light”; ha inoltre ravvisato il pericolo di recidiva desumendolo dalla gravità e dalla reiterazione dei reati commessi nel settore del narcotraffico.
4.1. Il giudice del riesame al contempo non ha certo trascurato il decorso del tempo tra la misura e i fatti sub iudice evidenziando come la misura sia stata applicata dopo circa due anni dalla commissione degli illeciti e, sul punto, le doglianze appaiano generiche e prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata.
Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (sez.3, 24.4.2018, COGNOME, Rv.273674.01; sez.5, 29.11.2018, Avolio, Rv.277242.01; sez.5, n.12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv.282991).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato a pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 giugno 2025
Il Consigliere estensore
I IfPresien