LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Coltivazione domestica: quando non è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per coltivazione di sostanze stupefacenti, ribadendo il principio della non punibilità della cosiddetta “coltivazione domestica”. La decisione si fonda sulla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. “Caruso”), secondo cui la coltivazione in forma domestica, con tecniche rudimentali, un numero esiguo di piante e destinata all’esclusivo uso personale, non integra il reato per mancanza di tipicità, in assenza di indici di un inserimento nel mercato illegale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione Domestica: La Cassazione Annulla la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27393/2025, torna a pronunciarsi su un tema di grande attualità e dibattito: la coltivazione domestica di piante stupefacenti. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale, stabilendo che la coltivazione per uso esclusivamente personale, condotta con modalità rudimentali, non costituisce reato. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso

Un cittadino, precedentemente condannato dal Tribunale di Bologna per il reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/90, ha proposto ricorso in Cassazione. La difesa ha sostenuto che la coltivazione fosse destinata unicamente al proprio uso personale, evidenziando la totale assenza di prove che indicassero una finalità di spaccio. L’obiettivo era ottenere l’assoluzione piena, perché “il fatto non sussiste”.

Sorprendentemente, anche il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha appoggiato la tesi difensiva, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata sulla base del medesimo principio: l’insussistenza del reato.

La Questione Giuridica sulla Coltivazione Domestica

Il cuore della questione risiede nel distinguere tra una condotta penalmente rilevante, perché idonea ad alimentare il mercato degli stupefacenti, e una condotta circoscritta alla sfera personale, e quindi non punibile. La difesa ha invocato un principio ormai consolidato dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare dalla celebre sentenza “Caruso” delle Sezioni Unite (n. 12348/2019).

Secondo tale orientamento, il reato di coltivazione di stupefacenti non sussiste, per mancanza di “tipicità”, quando la condotta presenta specifiche caratteristiche che la legano indissolubilmente all’uso personale e la escludono dal circuito del narcotraffico.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna senza rinvio. La motivazione si fonda sull’applicazione dei criteri stabiliti dalle Sezioni Unite per identificare la coltivazione domestica non punibile. Questi criteri sono:

1. Modalità Domestiche e Rudimentali: La coltivazione deve avvenire in un contesto casalingo e con l’uso di tecniche e strumenti semplici, non professionali.
2. Numero Esiguo di Piante: La quantità di piante deve essere minima, tale da giustificare una produzione per solo uso personale.
3. Modestissimo Quantitativo di Prodotto: Il raccolto potenziale deve essere molto limitato.
4. Assenza di Indici di Spaccio: Devono mancare elementi che suggeriscano un’attività di vendita, come materiale per il confezionamento delle dosi, bilancini di precisione o registri contabili.

Nel caso di specie, i giudici hanno riscontrato la presenza di tutti questi elementi. È stato riconosciuto l’uso personale della sostanza e l’assenza di qualsiasi prova di una destinazione a terzi. La Corte ha sottolineato come il modesto numero di piante, la mancanza di attrezzature per il confezionamento e la pesatura, e l’assenza di accorgimenti tecnici per aumentare la produzione fossero tutti fattori decisivi per escludere la rilevanza penale della condotta.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di fondamentale importanza: non ogni attività di coltivazione di piante stupefacenti è automaticamente un reato. La giustizia penale deve concentrarsi sulla repressione delle condotte che rappresentano un pericolo concreto per la salute pubblica, ovvero quelle che alimentano il mercato illegale. La coltivazione domestica, intesa come attività minima e finalizzata esclusivamente al consumo personale, viene considerata priva di quella offensività che giustifica una sanzione penale. La decisione offre quindi un’ulteriore garanzia ai cittadini, tracciando un confine più netto tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che non lo è nell’ambito degli stupefacenti.

Quando la coltivazione di piante stupefacenti non è considerata reato?
Non è considerata reato quando si configura come “coltivazione domestica”, ovvero è svolta con tecniche rudimentali, riguarda un numero scarso di piante da cui si può ricavare un quantitativo modestissimo di prodotto, ed è oggettivamente destinata all’esclusivo uso personale, in assenza di indici di inserimento nel mercato illegale.

Quali elementi sono decisivi per escludere la finalità di spaccio?
Secondo la sentenza, gli elementi decisivi sono il modesto numero di piante, la mancanza di materiale per il confezionamento e la pesatura delle dosi, l’assenza di una contabilità delle vendite e la ridotta presenza di accorgimenti tecnici volti ad aumentare la capacità produttiva.

Cosa significa che la sentenza è stata annullata “senza rinvio”?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la condanna in via definitiva. Il caso è chiuso e l’imputato è assolto, senza che sia necessario un nuovo processo presso un altro giudice, poiché la Corte ha stabilito che il fatto commesso non costituisce reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati