Coltivazione Domestica di Stupefacenti: Quando Supera l’Uso Personale?
La questione della coltivazione domestica di sostanze stupefacenti, in particolare la marijuana, è da tempo al centro di un acceso dibattito giuridico. La linea di demarcazione tra la condotta penalmente irrilevante, perché destinata all’uso strettamente personale, e quella illecita, finalizzata allo spaccio, è spesso sottile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7636/2024) offre importanti chiarimenti, ribadendo i criteri per distinguere le due fattispecie.
Il caso in esame: oltre la semplice coltivazione per uso personale
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un soggetto condannato in appello per la coltivazione di trenta piante di marijuana. Durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine avevano rinvenuto non solo le piante, ma anche una somma di denaro e un’attrezzatura completa e professionale per la coltivazione e il confezionamento. Questa includeva una lampada alogena, un interruttore-temporizzatore per le luci, un termostato digitale, pannelli termo-riflettenti, un bilancino di precisione, un taglierino e bustine.
L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta rientrasse nell’ambito della coltivazione domestica per uso personale, come delineato dalla storica sentenza a Sezioni Unite “Caruso” del 2019, e che quindi non fosse penalmente rilevante.
La valutazione della Corte sulla coltivazione domestica
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati erano generici e si limitavano a contestare l’accertamento dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente valutato tutti gli elementi a disposizione, giungendo alla conclusione che l’attività non fosse finalizzata al solo uso personale.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la coltivazione di stupefacenti non è reato solo quando presenta specifiche caratteristiche: deve essere svolta in forma domestica, con tecniche rudimentali, un numero esiguo di piante e deve essere oggettivamente destinata a produrre un quantitativo modesto per il consumo esclusivo e immediato del coltivatore.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che la presenza di un’attrezzatura così strutturata (impianti di illuminazione, controllo della temperatura) e di strumenti per il confezionamento (bilancino, bustine) rappresentava un chiaro “accorgimento per rafforzare la produzione”. Questi elementi, uniti al numero non esiguo di piante (trenta), sono stati considerati indici inequivocabili di un’attività organizzata non per un consumo personale, ma per un inserimento nel mercato illegale. Di conseguenza, la condotta non poteva beneficiare della causa di non punibilità prevista per la coltivazione domestica minimale.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la nozione di coltivazione domestica penalmente irrilevante è circoscritta a casi di minima entità. Qualsiasi elemento che denoti un’organizzazione volta a massimizzare la produzione, superando le esigenze di un consumo personale, fa scattare la qualificazione della condotta come reato di produzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990). La decisione serve da monito: la semplice collocazione della coltivazione tra le mura domestiche non è sufficiente a garantirne la liceità, se le modalità concrete e gli strumenti utilizzati rivelano un’intenzione imprenditoriale e non di mero autoconsumo.
 
Quando la coltivazione domestica di marijuana è considerata reato?
La coltivazione domestica è reato quando, per il numero di piante e le tecniche utilizzate, supera i limiti di una coltivazione rudimentale destinata a un modestissimo quantitativo per uso esclusivamente personale. L’uso di attrezzature professionali per aumentare la produzione è un chiaro indice di reato.
Quali elementi distinguono la coltivazione per uso personale da quella finalizzata allo spaccio?
Secondo la Corte, gli elementi decisivi sono il numero di piante, le tecniche di coltivazione (rudimentali o avanzate) e la presenza di strumenti per il confezionamento e la vendita, come bilancini di precisione e bustine. Nel caso esaminato, 30 piante e un’attrezzatura professionale sono stati ritenuti prova dell’intento di spaccio.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7636 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7636  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per la violazione d 73, comma 5, cl.P.R. n. 309 del 1990;
Rilevato che l’imputato eccepisce con il primo motivo di ricorso la violazione di legge e motivazione in merito all’accertamento del fatto, con il secondo l’irrilevanza penale della condotta contestata, con il terzo il vizio di motivazione in merito al carattere domestico della c
Rilevato che si tratta di motivi generici e fattuali: i Giudici di merito hanno ac Carabinieri della stazione di Napoli-Scampia, nel corso della perquisizione domiciliare, all’informazione di una fonte confidenziale, avevano riscontrato, all’interno di un’int trenta piante di marijuana, la somma di euro 335, due bustine contenenti marijuana no strumentario per la coltivazione – lampada alogena, interruttore-temporizzatore termostato per il rilevamento della temperatura digitale, tre pannelli termo-riflettent -, e per il confezionamento – taglierino, bustine, bilancino di precisione e trita-er idonei nel complesso a provare l’attività di produzione per lo spaccio;
Rilevato che la decisione è in linea con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, la condotta di colt in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto s forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui un modestissimo quantitativo di prodotto (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, C Rv. 278624-01), mentre è reato se sono adottati altri accorgimenti per rafforzare la p come impianti di irrigazione e illuminazione (arg. ex Sez. 6, n. 6599 del 05/11/2020, d Serafini, Rv. 280786-01);
Ritenuto che i Giudici di merito abbiano accertato nel caso in esame le condizio coltivazione a fini di spaccio;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rileva declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’ spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente