Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19271 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FONDI il 26/01/2002
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del Tribunale di Latina con la quale NOME COGNOME è stato condannato per il reato di cui all’art. 73 comma 1 e 4 del D.P.R. n. 309/1990 per avere detenuto tre piantine di sostanza stupefacente del tipo marijuana dalla quale era possibile ricavare 459 dosi medie singole.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensor de, articolato in due distinti motivi: omessa motivazione e violazione dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990, per non aver riqualificato il fatto come coltivazione domestica non punibile; omessa motivazione e violazione dell’art. 73, co. 5, d.P.R. 309/1990, per non aver riqualificato la condotta nell’alveo dell’ipotesi di lieve entità.
Il primo motivo è inammissibile. Proprio le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 16/04/2020, COGNOME, Rv. 278624 – 02) hanno chiarito che «il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente». La medesima pronuncia ha chiarito che «non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto». Nel caso in esame, dalla sostanza sequestrata erano ricavabili, come emerge dalla consulenza tossicologica, 459 dosi medie singole, inoltre presso l’abitazione dell’imputato erano rinvenuti due bilancini di precisione, fertilizzanti per la crescita delle piante, impian di illuminazione, aerazione, riscaldamento e irrigazione per ottenere in breve tempo, in ambiente chiuso, la crescita delle piante di marijuana, elementi da cui, in modo on illogico, la Corte di appello ha inferito la destinazione dello stupefacente ad un consumo non strettamente personale. Il motivo, che non si confronta in modo realmente critico con la sentenza, risulta, dunque, generico.
I giudici di secondo grado, hanno poi dato conto del perché hanno ritenuto il fatto in contestazione, non riconducibile alla previsione di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90 richiamando le considerazioni del giudice di primo grado ed evidenziando per un verso il numero di dosi ricavabili, ma anche la circostanza che la coltivazione era
stata allestita con strumentazione denotante un discreto grado di organizzazion senza trascurare alcun accorgimento utile per ottenere la crescita delle pia massimizzando così la produzione e i profitti.
La sentenza appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cu 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito della formulazione norma introdotta dall’art. 2 del D.L. n, 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.201 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale d condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri par richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanz dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorb ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arr delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 d 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 de 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibili (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrent pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria in misura pari a euro 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
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COGNOME