Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19228 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19228 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 01/06/1956
avverso la sentenza del 18/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 18 novembre 2024 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado del 18 novembre 2022, con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 5164,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, in ordine al reato di cui all’art.73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. Fatto commesso l’8 marzo 2022 in Roma.
Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo con unico motivo violazione di legge con riferimento all’art.73, comma 4, d.P.R. 309/1990, e vizio di motivazione in ordine alla configurabilità del reato di coltivazione domestica rivolta esclusivamente ad un uso personale e terapeutico.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito oltre che manifestamente infondato.
Il motivo non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alle ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, di fatto, reitera le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, vagliate da parte della Corte territoriale. La Corte di appello di Roma, rispetto all’applicazione dell’art.73 d.P.R. 309/1990, ha congruamente spiegato che non potesse trattarsi di una coltivazione con destinazione d’uso meramente personale: l’imputato ha riservato alla coltivazione delle piante l’intero appartamento, chiuso da porta blindata e dotato di un sistema di videosorveglianza, creando una vera e propria serra dotata di tutta l’attrezzatura necessaria per la conservazione delle piante, per la loro irrigazione, per la necessaria ventilazione e per il controllo dell’umidità in grado di funzionare automaticamente in modo autonomo per giorni. Viene in rilievo, inoltre, l’elevato numero di piante e le dosi di sostanza da esse ricavabili, indici che permettono di affermare al di là di ogni ragionevole dubbio che la sostanza stupefacente fosse destinata ad essere ceduta a terzi (pagg. 5-6 sent. impugnata).
È inammissibile, dunque, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato.
Il motivo avanzato, inoltre, risulta manifestamente infondato in quanto prospetta un difetto, una contraddittorietà e un’evidente illogicità della motivazione che, tuttavia, non emergono dal provvedimento impugnato. La Corte di appello, invero, ha adeguatamente motivato, citando nel proprio iter
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argomentativo, oltre i dati oggettivi sopra riportati, anche le dichiarazion stesso imputato e della consulente di parte.
All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la conda del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di eu
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esoner
(Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de
ammende.
Così deciso, il 13 maggio 2025.