Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6944 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6944  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 28.10.2022 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale in data 11.12.2019 aveva ritenuto COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 4, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 per aver coltivato sostanza stupefacente del tipo mariujana nel numero di sette piantine idonee a produrre gr. 15,676 di THC puro, pari a 627,04 dosi medie singole e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia (fatto accertato in San Giuseppe Iato fino al 16 agosto 2016).
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. per avere la sentenza impugnata omesso di motivare o comunque per aver illogicamente e contraddittoriamente motivato in ordine alla ricorrenza del reato contestato senza ritenere invece la palese destinazione ad uso personale delle piante sequestrate e quindi la non punibilità dell’accertata condotta.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. Il ricorso é manifestamente infondato.
In ordine al primo motivo di ricorso, appare del tutto corretta la qualificazione del reato di coltivazione di sostanze stupefacenti.
Va a riguardo richiamato il principio espresso da questa Corte secondo cui integra una coltivazione domestica non punibile la messa a coltura di piantine di marijuana collocate in vasiall’interno di un’abitazione, senza la predisposizione di accorgimenti, come impianti di irrigazione e/o di illuminazione, finalizzati a rafforzare la produzione, le quali, in relazione al grado di sviluppo raggiunto, avrebbero consentito l’estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata all’uso personale dell’imputato (Sez. 6, n. 6599 del 05/11/2020, dep. 2021, Serafini, Rv. 280786).
Tale principio è stato affermato alla luce dell’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma
domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, Caruso, Rv. 278624).
Ebbene, nella specie la Corte territoriale ha valutato al fine di ritenere le sostanze coltivate destinate alla cessione in favore di terzi il fatto che la coltivazio constava di sette piante dell’altezza variabile ricompresa tra un metro ed un metro e mezzo in buono stato vegetativo alcune delle quale inserite in vasi ritenendo che tale coltivazione non possa definirsi di minime dimensioni considerato altresì che il COGNOME ha estirpato alcuni arbusti all’arrivo dei Carabinieri e che quindi coltivazione era in grado di ulteriormente espandersi.
Il ricorrente non si confronta con l’articolato apparato argomentativo, limitandosi a fornire una chiave di lettura in senso riduttivo della vicenda in esame.
Manifestamente infondato é anche il secondo motivo.
Ed invero la Corte territoriale ha motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche sul rilievo che nella vicenda de qua non si ravvisano elementi di positivo apprezzamento facendo così buon governo del principio secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato. (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Rv. 283489).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso, appare equo stabilire nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14.12.2023