Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25929 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25929 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CATANZARO il 05/05/1981
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME ..1e.444- GLYPH cc) che ha concluso chiedendo e, (
udito il difensore
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RITENUTO IN FATTO
NOME NOME a mezzo del difensore di fiducia ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza emessa in data 18 settembre 2019 dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, aveva assolto l’imputato dalla detenzione di grammi 2,14 di marijuana perché il fatto non costituisce reato, confermando nel resto l’appellata sentenza e rideterminando la pena in mesi quattro di reclusione ed euro ottocento di multa. Il NOME era stato tratto a giudizio per rispondere oltre che del reato da cui era stato assolto della coltivazione di quattro vasi in cui erano coltivate dieci piantine di marijuana.
Avverso tale decisione il ricorrente deduce violazione dell’art. 606, comma I lett, b), con riferimento all’art. 125 c.p.p. e ) ed e) c.p.p. e contraddittorietà e illogicità della motivazione, contestando la configurabilità nel caso di specie di una ipotesi di coltivazione penalmente rilevante ed insistendo comunque per il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p.
Il PG presso questa Corte ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato. Questa Corte ha avuto modo infatti di affermare in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame (cfr. Sez. 6 -n. 6599 de/19/02/2021 ) Rv. 280786 ) che” In tema di stupefacenti, integra una coltivazione domestica non punibile la messa a coltura di undici piantine di marijuana, collocate in vasi all’interno di un’abitazione, senza la predisposizione di accorgimenti, come impianti di irrigazione e/o di illuminazione, finalizzati a rafforzare la produzione, le quali, in relazione al grado di sviluppo raggiunto, avrebbero consentito l’estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata all’uso personale dell’imputato. (Fattispecie in cui si era già avuta pronuncia di assoluzione con riguardo alla detenzione di un modesto quantitativo di hashish, ritenuto destinato all’uso personale)”
Le ragioni per le quali la Corte di merito ha confermato la condanna richiamano un principio di diritto superato dalla giurisprudenza di legittimità con la più recente pronuncia delle Sezioni Unite in materia di coltivazione cd. domestica,
ai fini di autoconsumo dell’agenteVa premesso che la Corte di merito ha assolto l’odierno ricorrente dal reato di detenzione a fini di cessione di gr. 2,14 di marijuana perché ha ritenuto comprovata la detenzione a fini esclusivamente personali dello stupefacente detenuto.
La Corte di appello ha ritenuto che, viceversa, non poteva escludersi la rilevanza penale della condotta di coltivazione richiamando il prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità che, in ragione della natura di reato di pericolo del delitto di coltivazione, slega la rilevanza penale della condotta sia dalle intenzioni dell’agente che dal numero delle piante coltivate riconoscendo rilevanza, ai fini della incriminazione, unicamente alla conformità della pianta al tipo botanico previsto per la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente, cosicché l’offensività della condotta può essere esclusa soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della capacità di esercitare, anche in misura minima, effetto psicotropo: il che non era nel caso in esame avuto riguardo al principio attivo ricavabile dalle piante coltivate dall’imputato.
Le Sezioni Unite hanno, invece, enucleato dal sistema desumibile dalle norme e dalla interpretazione che ne avevano offerto le sentenze della Corte Costituzionale (in particolare con la sentenza n. 109 del 2016 ) e il risalente precedente delle Sezioni Unite (Sez. U., n. 28605 del 24/4/2008, COGNOME, Rv. 239920), un principio più articolato rispetto all’affermazione sulla quale si è arrestata la decisione impugnata, pure confermata nel principio di diritto enunciato ai sensi dell’art. 173, comma 3, disp. att. cod. proc. pen.. Infatti le Sezioni Unite hanno precisato 1<che devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all'ambito di applicazione della ngrma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato nonché la colti vazìone industriale che, all'esito del completo processo di sviluppo delle piante non produca sostanza stupefacente, per mancanza di offensività in concreto; b)la detenzione di sostanza stupefacente esclusivamente destinata al consumo personale, anche se ottenuta attraverso una coltivazione domestica penalmente lecita, rimane soggetta al regime sanzionatorio amministrativo dell'art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990; c) alla coltivazione penalmente illecita restano comunque applicabili l'art. 131-bis cod. pen., qualora sussistano i presupposti per ritenerne la particolare tenuità, nonché, in via gradata, l'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, qualora sussistano i presupposti per ritenere la minore gravità del fatto.
5. Ritiene, conclusivamente, Il Collegio che la fattispecie in esame debba correttamente inquadrata in un caso di coltivazione domestica avuto riguardo alle
concrete modalità del fatto (le piante erano coltivate in vasi, senza la predisposizione di particolari cautele per rafforzarne la produzione, quali la
predisposizione di un impianto di irrigazione o illuminazione); al numero davvero modesto di piante (dieci) che, in relazione al grado di sviluppo raggiunto hanno
consentito la estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata – al pari della altra sostanza detenuta detenuta e per
la quale è già intervenuta l'assoluzione – all'uso personale dell'imputato del quale non è stato provatolO'Inserimento in un contesto di spaccio. Nè si era in presenza,
stante le concrete modalità del fatto, di autonoma condotta dl detenzione dello stupefacente che è stato ricavato in esito al procedimento di estrazione seguito
dagli inquirenti, sicché neppure deva farsi luogo alla denuncia del fatto all'autorità
amministrativa, ai sensi dell'art. 75, d.P.R. 309/1990.
6. Con riguardo agli aspetti in fatto, pacificamente accertati, ed al loro corretto inquadramento giuridico l'affermazione di responsabilità dell'imputato denuncia
limiti strutturali che si appalesano totalmente carenti e non utilmente integrabili sicché l'annullamento va disposto senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato Così deciso in Roma il 09 /04/2025
Il Presidente estensore