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Coltivazione di stupefacenti: 145 piante non è uso personale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo accusato di coltivazione di stupefacenti. La detenzione di 145 piante di marijuana, unitamente a un bilancino di precisione e lampade alogene, è stata ritenuta incompatibile con la nozione di coltivazione domestica per uso personale, configurando gravi indizi di colpevolezza e giustificando la misura cautelare.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione di stupefacenti: quando il numero di piante esclude l’uso personale

La recente sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire il tema della coltivazione di stupefacenti per uso personale. La Suprema Corte ha stabilito che la presenza di un numero elevato di piante, come 145 in questo caso, è un elemento oggettivo sufficiente a escludere la non punibilità della condotta, anche se svolta in un contesto domestico. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame, che confermava una misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria nei confronti di un individuo. Durante una perquisizione domiciliare, erano stati rinvenuti e sequestrati 13 vasi contenenti un totale di 145 piantine di marijuana, alcune verdi e altre essiccate. Oltre alle piante, erano stati trovati un bilancino di precisione e lampade alogene utilizzate per creare un ambiente simile a una serra.

L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che le piante fossero solo 9 e non 145, e che non vi fossero elementi indicativi di una coltivazione finalizzata allo spaccio.

I limiti del ricorso e la valutazione sulla coltivazione di stupefacenti

La Corte di Cassazione ha innanzitutto ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari è consentito solo per violazioni di legge o per una motivazione manifestamente illogica, non per una nuova valutazione dei fatti. Il compito della Suprema Corte non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare che il giudice di merito abbia ragionato in modo corretto e coerente.

Nel merito, la Corte ha ritenuto la decisione del Tribunale del Riesame del tutto immune da vizi. Il Tribunale aveva correttamente applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite con la famosa sentenza ‘Caruso’, che ha definito i confini della coltivazione domestica non punibile.

I Criteri delle Sezioni Unite per la Coltivazione Domestica

Perché la coltivazione di stupefacenti sia considerata ‘atipica’ e quindi non punibile, devono sussistere contemporaneamente diverse condizioni:

1. Dimensione minima della coltivazione.
2. Svolgimento in forma domestica e non industriale.
3. Utilizzo di tecniche rudimentali.
4. Scarso numero di piante.
5. Assenza di indici di inserimento nel mercato degli stupefacenti.
6. Destinazione oggettiva del prodotto all’uso personale esclusivo.

La Corte ha sottolineato che questi presupposti devono essere tutti presenti.

Le motivazioni

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato come mancasse palesemente uno dei requisiti fondamentali: lo scarso numero di piante. La coltivazione di ben 145 piantine di marijuana è stata ritenuta, per sua stessa natura, incompatibile con una produzione ‘modestissima’ destinata al solo consumo personale. Questo singolo elemento è stato considerato sufficiente a far venir meno la non punibilità della condotta.

Inoltre, i giudici hanno dato pieno valore probatorio al verbale di perquisizione, in quanto atto pubblico che fa fede fino a querela di falso. Non è stata trovata alcuna ragione per dubitare di quanto attestato dalle forze dell’ordine riguardo al numero di piante sequestrate. La presenza del bilancino di precisione e delle lampade specializzate è stata ulteriormente valutata come un indice dell’organizzazione dell’attività, non riconducibile a una semplice coltivazione amatoriale.

Infine, la Corte ha confermato la sussistenza delle esigenze cautelari, evidenziando il pericolo di reiterazione del reato, data l’organizzazione della condotta e l’assenza di un’attività lavorativa lecita provata dall’indagato.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce con forza che la non punibilità per la coltivazione domestica è un’eccezione che si applica solo a situazioni di minima entità. Il numero di piante coltivate rappresenta un parametro oggettivo e determinante: un quantitativo elevato, come 145 piantine, è di per sé sufficiente a far presumere che la produzione non sia destinata a un consumo puramente personale, ma a un’attività di spaccio. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, che limita la depenalizzazione alle sole condotte che, per le loro modalità concrete, non presentano alcuna offensività per il bene giuridico tutelato, ovvero la salute pubblica.

Quando la coltivazione di stupefacenti a uso domestico non è punibile?
La coltivazione domestica non è punibile solo quando presenta contemporaneamente le seguenti caratteristiche: minima dimensione, svolgimento domestico e non industriale, tecniche rudimentali, scarso numero di piante, assenza di indici di collegamento con il mercato e oggettiva destinazione al consumo personale esclusivo.

Perché il numero di piante coltivate è così importante?
Il numero di piante è un criterio oggettivo fondamentale. Un numero elevato, come 145 nel caso esaminato, è considerato dalla Corte di Cassazione incompatibile con il requisito della produzione ‘modestissima’, facendo mancare uno dei presupposti essenziali per la non punibilità della condotta, a prescindere dagli altri elementi.

È possibile contestare quanto scritto nel verbale di perquisizione della polizia?
Sì, ma con dei limiti. Il verbale di perquisizione è un atto pubblico e fa piena fede fino a ‘querela di falso’, un procedimento legale specifico volto a dimostrare la falsità di un documento ufficiale. Non è sufficiente una semplice contestazione verbale o una memoria difensiva per invalidare quanto attestato nel verbale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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