Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38550 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38550 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/04/2025 del Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 aprile 2025 il Tribunale di Catanzaro ha confermato il provvedimento emesso il 15 aprile 2025 dal Giudice per le indagini preliminari di Cosenza, con cui ad NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto violazione di legge e vizi della motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di coltivazione di stupefacenti. Secondo il ricorrente, le piantine, oggetto di coltivazione, sarebbero state solo 9 e non 145, come invece indicato nel verbale di sequestro, e non sarebbero emerse circostanze indicative di una coltivazione diretta allo spaccio. Riguardo alle esigenze cautelari, il Collegio del riesame avrebbe effettuato una rilettura congetturale delle considerazioni del Giudice per le indagini preliminari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del decisum e abbia adottato una motivazione congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche va rilevato che l’ordinanza impugnata sfugge a ogni rilievo censorio.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per il reato di coltivazione di stupefacenti, atteso che, come indicato nel verbale di perquisizione domiciliare, erano stati sequestrati 13 vasi, in ognuno dei quali vi erano diverse piantine di marijuana, alcune essiccate, altre ancora verdi, per un totale di 145 piantine, e all’interno dell’abitazione erano stati rinvenuti un bilancino di precisione nonché una serie di lampade alogene per ricreare
l’ambiente della serra. Poiché il verbale di perquisizione è un atto pubblico, che fa fede sino a querela di falso, il Collegio del riesame ha sottolineato che non si rinveniva ragione per cui il verbalizzante avrebbe dovuto indicare un numero di piantine così macroscopicamente differente rispetto a quello indicato dall’indagato.
Così COGNOME argomentando, COGNOME il Tribunale COGNOME ha fatto corretta COGNOME applicazione dell’insegnamento di questa Corte, secondo cui non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, COGNOME, Rv. 278624 01).
Le Sezioni Unite hanno chiarito che l’esclusione della punibilità dell’attività di coltivazione domestica opera sul piano della tipicità, cosicchè il discrimen fra la coltivazione penalmente rilevante id est “tipica” – e quella penalmente irrilevante – in quanto “atipica” – va individuato alla luce del parametro della prevedibilità della potenziale produttività, potendosi ricondurre a quest’ultimo ambito soltanto una produttività prevedibile come modestissima.
Come puntualizzato dalle Sezioni Unite, in linea con quanto già affermato dalla precedente giurisprudenza di legittimità, tale parametro deve essere ancorato a presupposti oggettivi, che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nel mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore (così nella motivazione della sentenza Sez. U, n. 12348/2019). Il massimo Consesso di legittimità, infine, ha rimarcato sia che l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale è da sola insufficiente a escludere il reato di coltivazione di stupefacenti, sia che, sul piano dell’offensività, tale reato è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e produrre sostanza stupefacente. Per coltivazione dovrà intendersi l’attività svolta dall’agente in ogni fase dello sviluppo della pianta, dalla semina fino al raccolto.
Nel caso in esame, come evidenziato dal Giudice della cautela, la messa a coltura di ben 145 piantine di marjuana non può ritenersi non punibile,
risultando, nella specie, all’evidenza mancante uno dei principali presuppost oggettivi della coltivazione non punibile (che – come chiarito dalle stesse Sezion Unite COGNOME – devono essere tutti compresenti), ossia lo scarso numero di piantine da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto.
4. Le censure sulle esigenze cautelari sono prive di specificità.
Il Tribunale ha ravvisato la sussistenza dell pericolo di reiterazione del reat attese le modalità organizzative della condotta di detenzione a fini di spaccio l’assenza di una attività lavorativa lecita, effettuata dall’indagato, non ess provato lo svolgimento del lavoro di artigiano, dedotto nella memoria difensiva.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a contestare il ragionamen articolato dal Giudice del riesame, senza evidenziare profili di effettiva illogicit
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2025.