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Coltivazione di lieve entità: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la coltivazione di 69 piante di marijuana. È stata esclusa la qualifica di coltivazione di lieve entità a causa della natura strutturata dell’attività e dell’ingente quantitativo di principio attivo ricavabile, pari a oltre 24.000 dosi.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione di lieve entità: la Cassazione traccia i confini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema centrale in materia di stupefacenti: la distinzione tra il reato di coltivazione ‘ordinario’ e la fattispecie di coltivazione di lieve entità. Questa decisione ribadisce l’importanza di una valutazione complessiva che non si fermi al solo dato quantitativo, ma consideri anche le modalità organizzative dell’attività illecita. Analizziamo insieme i dettagli del caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di 69 piante di marijuana, situate su un terreno di sua proprietà. Le analisi tecniche avevano stabilito che da tale piantagione era possibile ricavare ben 619 grammi di principio attivo, equivalenti a circa 24.760 dosi medie giornaliere.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali della sentenza d’appello:

1. Mancata riqualificazione del reato: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non aver inquadrato il fatto nella fattispecie attenuata della ‘coltivazione di lieve entità’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).
2. Diniego delle attenuanti generiche: Si criticava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale.

L’Analisi della Corte sulla Coltivazione di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando entrambe le censure. Sul primo punto, cruciale per la determinazione della pena, i giudici hanno pienamente condiviso l’analisi della Corte d’Appello. La nozione di ‘lieve entità’ è stata esclusa sulla base di una motivazione logica e aderente ai principi giurisprudenziali.

L’imputato non si era limitato a una coltivazione estemporanea o rudimentale, ma aveva avviato una strutturata attività su un terreno di sua proprietà. Questo elemento qualitativo, unito al dato quantitativo impressionante (il numero di piante e, soprattutto, l’enorme potenziale di dosi ricavabili), è stato ritenuto del tutto incompatibile con la minima offensività penale che caratterizza il fatto di lieve entità.

La Questione delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ricordato che la concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente negato il beneficio evidenziando l’intensità del dolo manifestata dall’imputato attraverso l’organizzazione messa in campo per perseguire le finalità illecite. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: l’assenza di elementi di segno positivo può legittimamente fondare il diniego delle attenuanti, non essendo più sufficiente, dopo le riforme legislative, il solo stato di incensuratezza.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte Suprema si fonda sul principio consolidato secondo cui la valutazione della lieve entità del fatto deve essere complessiva. Non si può considerare solo il dato quantitativo, per quanto rilevante, ma è necessario analizzare anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Nel caso di specie, l’organizzazione della piantagione, la sua estensione e il potenziale offensivo (espresso dal numero di dosi) indicavano un’attività non marginale, ma strutturata e finalizzata a una produzione significativa, escludendo così la possibilità di applicare la norma più favorevole.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso della giurisprudenza. Per ottenere il riconoscimento della coltivazione di lieve entità, non basta che la quantità di sostanza sia contenuta, ma è necessario che l’intera condotta presenti caratteristiche di minima offensività. Un’attività organizzata e strutturata, anche se condotta da un singolo individuo, che riveli un’apprezzabile capacità produttiva, sarà difficilmente qualificabile come ‘lieve’. La decisione sottolinea come il giudice debba effettuare una valutazione globale, bilanciando tutti gli indici previsti dalla legge per giungere a una corretta qualificazione giuridica del fatto.

Quando una coltivazione di droga può essere considerata di ‘lieve entità’?
La coltivazione può essere considerata di lieve entità solo quando presenta una minima offensività penale. Questa valutazione deve essere complessiva e basarsi non solo sulla quantità e qualità della sostanza, ma anche sui mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, che devono indicare un coinvolgimento marginale nel mercato della droga.

Perché nel caso specifico è stata esclusa la qualifica di ‘lieve entità’?
La qualifica è stata esclusa perché, nonostante il numero di piante non fosse astronomico (69), l’attività era ben strutturata e organizzata su un terreno di proprietà dell’imputato. Soprattutto, il dato ponderale del principio attivo ricavabile (619 grammi) e il numero di dosi potenziali (24.760) sono stati ritenuti del tutto incompatibili con una condotta di minima gravità.

L’assenza di precedenti penali è sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No. La Corte ha ribadito che, a seguito delle riforme legislative, il solo stato di incensuratezza dell’imputato non è più sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice deve valutare la presenza di elementi o circostanze di segno positivo; in loro assenza, il diniego è legittimamente motivato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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