Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36226 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36226 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COMITO NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 luglio 2023 la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone che aveva dichiarato Comito NOME e COGNOME NOME responsabili del reato di coltivazione di 13 piante di cannabis indica.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, costoro avevano avviato, su un terreno a loro riferibile, una coltivazione che, seppur rudimentale, non era destinata ad un consumo personale.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico comune motivo si deduce vizio della motivazione, poiché carente, illogica e contraddittoria: i giudici di merito non hanno valorizzato il carattere rudimentale della coltivazione, né l’assenza di alcun indicatore da cui inferire la destinazione allo spaccio dello stupefacente (ad es., sistemi di irrigazione; strumenti di taglio, pesatura e confezionamento).
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Più in particolare, il Sostituto Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché aspecifico, sia perché manifestamente infondato.
1.1. L’unico motivo riproduce censure già adeguatamente vagliate e disattese dai giudici di merito, con la cui motivazione (p. 1 sentenza impugnata) i ricorrenti non si confrontano.
Più in particolare i giudici di merito, seguendo le direttrici fissate dalla Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, Caruso, Rv. 278624 – 01), hanno ritenuto che la coltivazione di 13 piante di cannabis indica di varia altezza (compresa tra 0,5 e 1,80 metri), il cui valore di principio attivo non era affatto trascurabile poiché da O Eri.4 esso GLYPH f possibile estratte un elevato numero di dosi (465), non possa ritenersi non punibile, avuto riguardo alla avvenuta piantumazione in periodi 126i diversi,
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alla vicinanza di una fonte idrica, all’occultamento in un terreno incolto, tra la fitta vegetazione, che rendeva la piantagione difficilmente raggiungibile da persone diverse dai ricorrenti.
Partendo da tali indicatori si è affermata da un lato l’assenza di un nesso di immediatezza con la destinazione esclusiva all’uso personale; dall’altro, la diffusività della coltivazione, con ulteriore e non predeterminabile disponibilità di sostanza stupefacente futura.
I giudici di merito, pertanto, lungi dal soffermarsi sulla sola conformità al tipo botanico, hanno escluso la ricorrenza dei “presupposti oggettivi” della coltivazione non punibile (che – come chiarito dalle Sezioni Unite – devono essere tutti “compresenti”: p. 20), cioè lo “scarso numero di piante” da cui ricavare un “modestissimo quantitativo di prodotto” (p. 24).
Dalla necessaria verifica ex post hanno anzi escluso che la coltivazione abbia prodotto una sostanza inidonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile.
I ricorrenti, invece, non hanno offerto elementi di critica neppure al richiamato indirizzo di legittimità, che esclude la rilevanza penale della coltivazione di stupefacenti solo quando essa denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta utilizzando tecniche rudimentali e con uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto.
Risulta da sola irrilevante – in presenza di un reato a pericolo presunto l’eventuale “intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale” (Sez. U, Caruso, p. 20).
A non diverse conclusioni si giunge analizzando il precedente citato in ricorso, di questa Sezione, poiché relativo ad una condotta oggettivamente diversa, avendo il ricorrente, in quella occasione, coltivato sul balcone della Q/ propria abitazione dodici piante marijuana (Sez. 4, n. 20389 del 3/04/2021, COGNOME, non mass.)
Incerto e perplesso, infine, il riferimento alla “coltivazione di gruppo”, che gli stessi ricorrenti, per di più, indicano come meramente “eventuale” (p. 3 ricorso).
Stante l’inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila ciascuno.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2024
Il Presidente