LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Coltivazione canapa: la buona fede va provata

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna a carico di un imprenditore agricolo per la coltivazione di canapa. Sebbene la commercializzazione delle infiorescenze sia illecita, la Corte ha stabilito che i giudici di merito hanno errato non motivando la loro decisione in merito all’elemento soggettivo del reato, ovvero l’eventuale buona fede dell’imputato. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio che dovrà specificamente valutare questo aspetto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione Canapa: Quando la Buona Fede Impone un Nuovo Processo

La normativa sulla coltivazione canapa in Italia è un terreno complesso, in bilico tra le opportunità agricole della Legge 242/2016 e i rigidi divieti del Testo Unico sugli stupefacenti (D.P.R. 309/1990). Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8864/2025) illumina un aspetto cruciale: l’importanza dell’elemento soggettivo del reato. La Corte ha annullato con rinvio una condanna, non perché l’attività fosse lecita, ma perché i giudici precedenti avevano completamente ignorato di valutare la possibile buona fede dell’imprenditore.

I Fatti del Caso

Un imprenditore agricolo veniva condannato per aver coltivato e detenuto, a fini di spaccio, circa 60 kg di sostanza stupefacente tipo canapa sativa. La sostanza era in parte confezionata in 15 contenitori e in parte in fase di essiccazione. La Corte d’Appello di Venezia aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena ma confermando la responsabilità penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo, tra le altre cose, di essere un imprenditore agricolo che operava nel rispetto della Legge 242/2016, con un valore di THC inferiore allo 0,6%, e che la Corte non avesse adeguatamente considerato la sua buona fede.

La Distinzione tra Coltivazione Lecita e Commercializzazione Illecita

La Corte di Cassazione, prima di affrontare il punto decisivo, ribadisce i principi consolidati dalle Sezioni Unite (sentenza n. 30475/2019). La Legge 242/2016 incentiva la coltivazione canapa per scopi agroindustriali, come la produzione di fibre o per usi industriali. Tuttavia, questa legge non autorizza la commercializzazione di prodotti derivati come infiorescenze, foglie, oli e resine, la cui cessione a terzi continua a costituire un’attività illecita ai sensi del D.P.R. 309/1990. I giudici confermano quindi che la decisione dei tribunali di merito era, su questo punto, giuridicamente corretta: la detenzione di 60 kg di infiorescenze con l’intento di venderle esula dalle finalità lecite previste dalla normativa di settore.

Il Vizio di Motivazione sulla Buona Fede dell’imputato

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel terzo motivo di ricorso. L’imputato aveva presentato un motivo d’appello specifico e articolato in cui sosteneva di aver agito in buona fede, convinto della liceità della sua condotta, data la complessità della normativa. La sentenza della Corte d’Appello, tuttavia, aveva completamente omesso di esaminare questo punto.

La Cassazione sottolinea che il silenzio su un motivo di ricorso non è ammissibile e costituisce un grave ‘vizio di motivazione’. Un giudice ha l’obbligo di rispondere a tutte le argomentazioni difensive decisive. Non è sufficiente accertare la materialità del fatto (la detenzione della sostanza), ma è necessario anche valutare l’elemento psicologico del reato. L’omessa analisi della buona fede dell’imputato ha reso la sentenza incompleta e, quindi, da annullare.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è netta: pur confermando la correttezza dell’interpretazione normativa secondo cui la commercializzazione delle infiorescenze di canapa è reato, la condanna penale non può prescindere da una valutazione completa di tutti gli elementi costitutivi del reato stesso, compreso quello soggettivo. La Corte d’Appello, ignorando completamente la censura difensiva relativa alla buona fede, non ha reso una motivazione adeguata. Il silenzio su un punto così cruciale, sollevato in modo specifico dall’imputato, equivale a un’assenza di motivazione. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, che dovrà riesaminare il caso tenendo conto dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite, ma soprattutto scrutinando nel merito il motivo relativo alla buona fede del ricorrente.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un’importante lezione per gli operatori del settore della coltivazione canapa e per i loro legali. Se da un lato viene confermato il divieto di commercializzare le infiorescenze, dall’altro si afferma il diritto dell’imputato a vedere esaminata e motivata ogni sua argomentazione difensiva, specialmente quelle relative all’elemento psicologico del reato. Per gli imprenditori, ciò significa che, in un quadro normativo incerto, poter dimostrare di aver agito in buona fede, ad esempio attraverso consulenze legali o documentazione che attesti la convinzione di operare lecitamente, diventa un elemento di difesa fondamentale che il giudice non può ignorare. Per la giustizia, è un richiamo all’obbligo di fornire motivazioni complete ed esaustive, che non lascino senza risposta i punti cruciali sollevati dalle parti.

È legale in Italia coltivare canapa per poi vendere le sue infiorescenze (fiori)?
No. Secondo i principi ribaditi dalla sentenza, la coltivazione di canapa ai sensi della L. 242/2016 è lecita solo per le finalità tassativamente indicate (es. fibre, usi industriali). La commercializzazione dei prodotti derivati come le infiorescenze e la resina resta un reato previsto dal D.P.R. 309/1990.

Perché la Cassazione ha annullato la condanna se la vendita di infiorescenze è considerata un reato?
La condanna è stata annullata per un vizio procedurale. La Corte d’Appello non ha fornito alcuna motivazione riguardo al motivo di ricorso con cui l’imputato sosteneva di aver agito in buona fede. L’omesso esame di un punto così decisivo della difesa costituisce un vizio di motivazione che rende nulla la sentenza.

Cosa dovrà fare ora la Corte d’Appello nel nuovo processo?
La Corte d’Appello, in una diversa composizione, dovrà celebrare un nuovo giudizio. In questa sede, dovrà riesaminare il caso e, in particolare, dovrà scrutinare e fornire una motivazione esplicita sulla questione della buona fede dell’imputato, valutando se l’elemento soggettivo del reato fosse o meno presente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati