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Coltivazione canapa: i limiti della Legge 242/2016

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di due individui per coltivazione di marijuana, rigettando la loro difesa basata sulla Legge 242/2016. La sentenza chiarisce che tale legge si applica solo alla coltivazione di canapa per scopi industriali e a condizioni molto stringenti (varietà di semi certificati, specifici usi finali, limiti di THC). Poiché gli imputati non hanno provato di rispettare tutti i requisiti, è stata correttamente applicata la normativa generale sugli stupefacenti (DPR 309/90). La Corte ha inoltre specificato che le procedure di indagine della polizia giudiziaria non sono vincolate ai protocolli di controllo amministrativo previsti per la canapa industriale.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Coltivazione canapa: quando è lecita e quando diventa reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 11964/2025 offre un’analisi cruciale sui confini tra la coltivazione canapa per uso industriale, disciplinata dalla Legge 242/2016, e la condotta penalmente rilevante prevista dal Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90). La Corte, dichiarando inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per coltivazione di marijuana, ha stabilito principi chiari per distinguere le due fattispecie, sottolineando come la normativa speciale non possa essere usata come scudo per attività illecite.

I Fatti del Caso

Due persone venivano condannate in primo e secondo grado per il reato di coltivazione di marijuana ai sensi dell’art. 73 del DPR 309/90. Gli imputati presentavano ricorso per cassazione, sostenendo principalmente di aver agito nella convinzione di operare lecitamente. In particolare, uno dei ricorrenti affermava di essere un coltivatore diretto e di aver rispettato i requisiti della Legge 242/2016, avendo acquistato regolarmente le sementi e locato un terreno. L’altra imputata lamentava la mancata motivazione sul suo effettivo coinvolgimento e la presunta violazione delle procedure di campionatura previste dalla legge sulla canapa industriale.

L’analisi della Cassazione sulla coltivazione di canapa

La Corte Suprema ha colto l’occasione per tracciare una linea netta tra due normative che spesso vengono confuse.

1. La disciplina generale del DPR 309/90

Il Testo Unico sugli stupefacenti punisce la coltivazione non autorizzata di piante da cui si possono estrarre sostanze stupefacenti, indipendentemente dalla destinazione finale del prodotto, sia essa spaccio o uso personale. La condotta è penalmente rilevante se la sostanza ricavata ha un’effettiva idoneità a produrre un effetto drogante.

2. La disciplina speciale della Legge 242/2016

Questa legge nasce per promuovere la filiera agroindustriale della canapa (Cannabis sativa L.) per usi leciti, come la produzione di alimenti, cosmetici, fibre tessili e materiale per la bioedilizia. La legge consente la coltivazione di specifiche varietà di canapa, iscritte nel catalogo comune europeo, che per loro natura hanno un contenuto di THC (tetraidrocannabinolo) molto basso. È fondamentale capire che questa legge crea uno “spazio di liceità” che opera solo a determinate, rigorose condizioni:

* Finalità: La coltivazione deve essere finalizzata esclusivamente ai settori agroindustriali previsti dalla legge.
* Sementi: Devono essere utilizzate sementi certificate appartenenti alle varietà autorizzate.
* Limiti di THC: Il contenuto di THC nella coltivazione non deve superare la soglia dello 0,6%. Se il valore si attesta tra lo 0,2% e lo 0,6%, l’agricoltore che ha rispettato tutte le prescrizioni non è responsabile penalmente, ma l’autorità giudiziaria può comunque disporre il sequestro e la distruzione del raccolto. Se si supera lo 0,6%, la disciplina speciale non si applica più e si ricade nell’ambito penale del DPR 309/90.

Le differenze nei controlli sulla coltivazione di canapa

Un punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda le procedure di controllo. I ricorrenti sostenevano che le analisi e i campionamenti fossero nulli perché non eseguiti secondo le modalità della L. 242/2016, che prevedono la presenza dell’agricoltore e il contraddittorio.

La Cassazione ha respinto questa tesi, spiegando che i controlli previsti da tale legge sono di natura amministrativa, volti a verificare la conformità della filiera industriale. Essi non si applicano, né limitano, i poteri e le procedure di indagine della polizia giudiziaria quando si procede per l’accertamento di un reato. Se le forze dell’ordine hanno il sospetto di una coltivazione finalizzata alla produzione di stupefacenti, operano secondo le norme del codice di procedura penale, che hanno finalità e modalità diverse.

Le Motivazioni

La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi perché generici e infondati. I ricorrenti si sono limitati a invocare la Legge 242/2016 senza però fornire alcuna prova concreta di aver rispettato tutte le condizioni da essa previste. Non basta acquistare sementi lecite; è necessario dimostrare che l’intera attività, dalla semina al prodotto finale, rientri inequivocabilmente nel perimetro della filiera agroindustriale consentita. In assenza di tale prova, la presunzione di liceità viene meno e si applica la legge penale generale.

Per quanto riguarda il coinvolgimento della coimputata, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la sua piena consapevolezza e partecipazione all’attività illecita, basandosi su elementi come la fornitura del contratto di affitto del terreno utilizzato. Pertanto, l’ipotesi di una mera connivenza non punibile è stata correttamente esclusa.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la Legge 242/2016 non costituisce una depenalizzazione generalizzata della coltivazione di canapa. Essa rappresenta una deroga eccezionale e di stretta interpretazione, applicabile solo agli agricoltori che operano nel pieno e dimostrabile rispetto di un rigido quadro normativo. Chiunque si avventuri nella coltivazione di canapa al di fuori di questo perimetro, o non sia in grado di provare la conformità della propria attività, si espone al rischio di incorrere nelle severe sanzioni previste dal Testo Unico sugli stupefacenti.

Quando la coltivazione di canapa è lecita secondo la Legge 242/2016?
La coltivazione è lecita solo se si utilizzano sementi certificate di varietà ammesse, è destinata a usi agroindustriali specifici (es. fibre, alimenti, cosmetici), e il livello di THC nella piantagione non supera la soglia massima dello 0,6%. L’agricoltore deve inoltre conservare la documentazione di acquisto delle sementi.

La semplice affermazione di coltivare canapa industriale esclude la responsabilità penale?
No. Come chiarito dalla Corte, non è sufficiente invocare la Legge 242/2016. L’imputato ha l’onere di dimostrare concretamente di aver rispettato tutte le condizioni previste dalla normativa speciale. In assenza di tale prova, la coltivazione è considerata illecita ai sensi del DPR 309/90.

I controlli della polizia giudiziaria su una piantagione di canapa devono seguire le stesse procedure previste dalla Legge 242/2016 per i controlli amministrativi?
No. La sentenza specifica che le procedure di controllo della L. 242/2016 (es. campionamento in contraddittorio) sono finalizzate a verifiche amministrative sulla filiera industriale. Le indagini di polizia giudiziaria per reati di droga, invece, seguono le diverse e autonome regole del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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