Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43741 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43741 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 22/08/1986
avverso l’ordinanza del 25/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, nella persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di Appello di Torino, con ordinanza del 25 giugno 2024, ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629 bis cod. proc. pen. presentata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla sentenza di condanna del Tribunale di Bologna dell’i dicembre 2021, irrevocabile il 16 gennaio 2022, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 2 cod. pen. commesso in Bologna il 15 giugno 2019.
Il ricorrente aveva chiesto la rescissione della condanna, deducendo che egli era stato identificato ai sensi degli artt. 161 e 349 cod. proc. pen. dai Carabinieri in data 15 giugno 2019 e che in tale occasione aveva nominato come difensore di fiducia l’avvocato NOME COGNOME presso il cui studio aveva eletto domicilio; l’avvocato NOME COGNOME con comunicazione indirizzata al solo tribunale di Bologna, aveva dichiarato di rinunciare al mandato difensivo ed il tribunale, alla prima udienza dibattimentale del 18/02/2021, dato atto che il decreto era stato regolarmente notificato all’imputato presso il precedente difensore domiciliatario e designato un difensore d’ufficio, ex art. 97 comma 1 cod. proc. pen., aveva dichiarato l’assenza del ricorrente ed aveva proceduto allo svolgimento del processo concluso con la sentenza di condanna dell/ dicembre 2021. Solo a seguito del decreto, ex art. 674 cod. proc. pen., emesso il 20 marzo 2024 e notificato all’imputato a mani proprie il 25 marzo 2024, conseguente la richiesta formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna della revoca del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen, COGNOME era stato portato a conoscenza dell’avvenuta celebrazione del processo in sua assenza; COGNOME era stato detenuto dall’8 agosto 2019 al 27 settembre 2022, sicché la dichiarazione di assenza avvenuta nel corso dell’udienza dibattimentale del 18 febbraio 2021 doveva ritenersi illegittima, siccome pronunciata senza aver proceduto alla verifica dello status detentionis . Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di appello ha rigettato la richiesta di rescissione, ritenendo versarsi nell’ipotesi di colpevole ignoranza del processo.
2.Avverso l’ordinanza, ha presentato ricorso il condannato, a mezzo del proprio difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge rispetto alla ritenuta sussistenza dei presupposti per dichiarare l’assenza dell’imputato nel processo di cognizione. Il difensore ricorda che il difensore di fiducia presso cui aveva originariamente eletto domicilio, all’atto della notifica del decreto di citazione a giudizio, aveva dichiarato di rinunciare al mandato senza specificare le ragioni e senza fornire alcuna prova in ordine alla comunicazione della rinuncia all’assistito. All’udienza dibattimentale del 18
febbraio 2021, il Tribunale, senza alcuna verifica ulteriore e sulla base della avvenuta notifica presso il domiciliatario, aveva dichiarato l’assenza. All’epoca il ricorrente era detenuto in regime definitivo e non aveva ricevuto alcuna comunicazione del processo in corso nei suoi confronti. Il difensore richiama i precedenti giurisprudenziali secondo cui una effettiva conoscenza del procedimento ai fini del processo in absentia non può coincidere con la cognizione di un atto posto in essere di iniziativa della polizia giudiziaria prima dell’inizio del procedimento, momento che coincide con le iscrizione del nome della persona sottoposta alle indagini nel registro ex articolo 335 cod. proc. pen. (Sez 2, del 24 gennaio 2017 n. 9441, Sli, Rv 269221 ), nonché la sentenza delle Sezioni Unite Ismail n. 23948 del 2020, con cui si è affermato che anche la nomina del difensore di fiducia non può determinare alcuna presunzione di conoscenza e che, affinché abbia rilievo nel senso della effettività della conoscenza, deve essere intesa quale nomina accettata.
3.11 Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5. Va premesso che la disciplina della rescissione dettata dall’art. 629 bis cod. proc. pen. è stata modificata dall’art. 37, comma 1, del d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 a decorrere dal 30 dicembre 2022.
Come chiarito sentenza n. 32848 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 259990-01, confermata anche da Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 -01, l’art. 629 -bis cod. proc. pen. si pone in stretta correlazione con le previsioni dell’art. 420-bis cod. proc. pen., anch’esso modificato dal d.lgs 150/2022, sicché il nuovo testo dell’art. 629 bis cod. proc. pen. deve ritenersi applicabile in relazioni alle richieste di rescissione di giudicato relative a sentenze emesse in processi in cui l’assenza sia stata dichiarata sulla base dell’art. 420 bis cod. proc. pen. come novellato dal d.lgs n. 150/2022.
Nel caso di specie, dunque, trova applicazione la disposizione di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen. vigente fino al 29.12.2022, secondo cui il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
6.La Corte di Appello ha rilevato che il ricorrente, in data 15 giugno 2019, aveva eletto domicilio presso il difensore di fiducia e, quando era stato ristretto in carcere, il 9 agosto 2019, ben sapendo dell’esistenza del procedimento penale, non aveva informato il difensore domiciliatario di essere detenuto, in tal modo impendendo allo stesso di concordare la strategia difensiva. Sulla base di tali elementi, la Corte ha ritenuto versarsi nell’ipotesi di “colpevole ignoranza del processo” ed ha, pertanto, rigettato l’istanza di rescissione.
Il ricorrente, di contro, si è limitato a rappresentare gli stessi elementi già dedotti con la istanza rigettata e a rilevare di non avere avuto conoscenza effettiva della vocatio in iudicium, senza tenere conto che la motivazione della ordinanza impugnata era stata fondata non già sulla conoscenza, bensì sulla colpevole ignoranza. Rispetto a tale profilo, ovvero quello dell’essere egli stato in colpa per non aver rappresentato al difensore presso cui aveva eletto domicilio la intervenuta detenzione, nulla il ricorrente ha dedotto. In altri termini, alla Corte, che ha fondato il rigetto della istanza sulla colpevole ignoranza da parte di Zaouali della data del processo, il ricorrente ha opposto la sua mancata conoscenza, senza nulla argomentare in ordine ai motivi ad essa sottesi e alla sua natura, colpevole o meno, ed in particolare senza nulla argomentare in ordine alla mancata comunicazione al difensore dello stato di detenzione.
Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto meramente reiterativo della richiesta, in assenza di confronto con i passaggi della motivazione della ordinanza impugnata, cui non ha contrapposto ragioni di fatto o di diritto.
7.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.