Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6821 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6821 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il 06/02/1977
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 ottobre 2024, la Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato l’istanza di riparazione presentata da COGNOME NOME per la dedotta ingiusta detenzione sofferta dal 31 maggio 2010 al 6 luglio 2010 per il reato di cui all’art. 12 quinquies del d.l. n.306 del 1992. Il ricorrente ha dedotto di essere stato condannato sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello di Catanzaro con sentenza non impugnata e quindi passata in giudicato; che, a seguito della assoluzione dei due coimputati COGNOME NOME e NOME VincenzoCOGNOME aveva chiesto in sede esecutiva l’estensione degli effetti favorevoli del giudicato; che la sentenza di condanna era stata revocata con ordinanza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, in data 7 aprile 2022.
Nel respingere l’istanza di riparazione la Corte territoriale riteneva che i richiedente avesse, con il proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla custodia cautelare e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art.314 cod.proc.pen.
Il giudice della riparazione valorizzava, ai fini della esclusione dell’indennizzo, g elementi indicativi di un agire gravemente imprudente del Giurgola, che aveva colposamente consentito l’intestazione fittizia di beni a suo favore.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore del COGNOME per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta colpa grave ostativa al riconoscimento del richiesto indennizzo ed al mantenimento della detenzione.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria in cui ha insistito per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (S.U., 26 giugno 2002 n.34559, Rv.222263) la nozione di colpa grave di cui all’art.314, comma 1, c.p.p. ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quel condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o ne mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tale riguardo,
secondo il ragionamento sviluppato dal giudice di legittimità, il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta (sia extra processuale che processuale) tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto”.
Tanto premesso si rileva che i motivi di ricorso fanno leva esclusivamente sul percorso motivazionale della sentenza assolutoria, secondo parametri ben diversi da quelli che – come sopra ricordato – fondano il giudizio di riparazione. Orbene, in ossequio alla regola di giudizio illustrata, gli elementi indizianti che hanno portat all’adozione ed al mantenimento delle misure non sono stati ritenuti sufficienti per una pronuncia di condanna, ma la Corte territoriale li ha ben valorizzati ai fini del diniego del richiesto indennizzo. In particolare l’impugnata ordinanza ha evidenziato, citando le risultanze delle captazioni telefoniche, come fosse chiaramente emerso che il COGNOME era perfettamente consapevole della fittizietà delle intestazioni dei beni e del fatto di non aver alcun ruolo di gestione nella società RAGIONE_SOCIALE così ponendo colposamente in essere un comportamento idoneo ad ingenerare la falsa apparenza della commissione dell’illecito. E’ infatti del tutto immune dalle censure sollevate l’argomentazione offerta dalla Corte, secondo cui, ai fini della integrazione del reato, occorre la prova della coscienza e volontà di agevolare consorterie illecite, mancante nel caso di specie, ma la accertata consapevolezza del fatto di essere una mera” testa di legno” della RAGIONE_SOCIALE, e quindi della fittizietà della intestazion delle quote sociali, è condotta gravemente imprudente, idonea ad ingenerare la falsa apparenza dell’illecito. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il giudizio non si è basato su elementi esclusi dalla sentenza di assoluzione, ma su fatti accertati che, come detto, seppur insufficienti ai fini della condanna, sono stati ritenuti idonei a configurare una condotta gravemente colposa in base ai principi giurisprudenziali sopra ricordati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare princip giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività dirett i
contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 877 d 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese in favore del Ministero resistente costituito. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025
Il Consiglierfr estensore
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Il Presidente