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Collusione militare: l’accordo è reato di pericolo

La Corte di Cassazione conferma la condanna per collusione militare a un appartenente alla Guardia di Finanza coinvolto in un commercio illecito di pneumatici. La sentenza stabilisce che il reato è di pericolo e si perfeziona con il solo accordo fraudolento, senza che sia necessario il compimento della frode fiscale. La condotta lede non solo l’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi, ma anche l’obbligo di fedeltà del militare verso il Corpo di appartenenza.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Collusione militare: l’accordo per frodare è sufficiente per la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati contro la pubblica amministrazione, specificamente per quanto riguarda la collusione militare. Il caso analizzato chiarisce che per integrare questo grave reato, previsto a carico degli appartenenti alla Guardia di Finanza, è sufficiente il solo accordo fraudolento con un soggetto esterno, non essendo necessario che la frode ai danni dello Stato si realizzi concretamente. Questo perché si tratta di un reato di pericolo, che punisce la messa a rischio degli interessi erariali e della lealtà istituzionale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un militare della Guardia di Finanza, accusato di aver stretto un patto illecito con alcuni imprenditori attivi nel settore della compravendita di pneumatici usati. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, il militare partecipava attivamente all’attività commerciale, gestendo acquisti, trasporti e vendite, percependo compensi “in nero”.

Questa collaborazione era finalizzata a eludere le norme fiscali, con particolare riferimento all’IVA non versata sulle operazioni, alla mancata contribuzione previdenziale per il lavoro prestato dal militare e all’omesso versamento dell’IRPEF sui guadagni aggiuntivi. La difesa dell’imputato ha tentato di smontare il quadro accusatorio, sostenendo l’inattendibilità dei testimoni e l’insufficienza delle prove residue, dopo che i dati estratti dal suo cellulare erano stati dichiarati inutilizzabili dalla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte e la natura della collusione militare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto che, anche escludendo le prove informatiche, il compendio probatorio fosse solido e basato su testimonianze convergenti e riscontri documentali. Ma il cuore della sentenza risiede nell’analisi giuridica del reato di collusione militare.

Un Reato di Mero Pericolo

La Corte ha ribadito che il delitto di collusione militare, ai sensi dell’art. 3 della L. 1383/1941, è un reato di pericolo. Questo significa che la legge non punisce il risultato (la frode fiscale effettivamente realizzata), ma la semplice condotta di accordarsi per commetterla. L’accordo tra il finanziere e l’estraneo, finalizzato a frodare la finanza con qualsiasi mezzo o espediente, è di per sé sufficiente a integrare il reato. La norma, infatti, introduce una deroga al principio generale secondo cui l’accordo per commettere un reato non è punibile se il reato non viene poi commesso.

La Doppia Tutela della Norma

L’altro aspetto cruciale evidenziato dalla Corte è la duplice oggettività giuridica della norma. Il reato di collusione militare non protegge solo l’interesse dello Stato alla regolare percezione delle entrate tributarie, ma tutela anche, e in modo rafforzato, l’obbligo di fedeltà e la disciplina del Corpo della Guardia di Finanza. L’appartenenza al Corpo è l’elemento che qualifica la condotta e la rende particolarmente grave. Di conseguenza, non è necessario che il militare stia esercitando una specifica funzione di servizio connessa alla frode; la sua semplice qualità di militare è sufficiente a rendere la sua partecipazione all’accordo fraudolento un reato.

le motivazioni

La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive, chiarendo che la responsabilità dell’imputato non derivava dalla mera attività di vendita di pneumatici, ma dal provato accordo collusivo finalizzato ad aggirare le norme fiscali. I giudici hanno sottolineato che il cosiddetto “doppio lavoro” in nero, svolto in un settore potenzialmente soggetto a controlli della Guardia di Finanza e taciuto al proprio Corpo di appartenenza, costituisce un espediente artificioso che integra pienamente la condotta illecita. La palese violazione dei doveri istituzionali, infatti, mette in pericolo sia l’interesse erariale sia l’obbligo di fedeltà del finanziere. Per la Corte, è irrilevante che i complici non avessero ancora subito un accertamento fiscale o che non fossero stati contestati specifici reati tributari. La natura di reato di pericolo rende punibile l’accordo in sé, in quanto potenzialmente lesivo degli interessi tutelati.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sulla gravità della collusione militare. Essa conferma che la lealtà e l’integrità di un appartenente alla Guardia di Finanza sono valori giuridici tutelati con il massimo rigore. Il semplice patto con un estraneo per frodare lo Stato, anche se la frode non viene portata a termine, costituisce un reato grave, poiché mina alla base la fiducia nell’istituzione preposta al controllo fiscale. La decisione chiarisce che la responsabilità penale sorge dalla qualità stessa di militare e dalla violazione dei doveri che essa comporta, a prescindere dal compimento effettivo del danno erariale.

Per configurare il reato di collusione militare, è necessario che la frode fiscale sia stata effettivamente realizzata?
No, non è necessario. Il reato di collusione militare è un reato di pericolo, il che significa che si perfeziona con il solo fatto del raggiungimento di un accordo tra il militare e un soggetto esterno finalizzato a frodare la finanza, indipendentemente dal fatto che il risultato fraudolento si verifichi.

Il militare della Guardia di Finanza deve essere in servizio attivo o esercitare una funzione specifica per commettere questo reato?
No. La Corte ha chiarito che non è necessario che il finanziere eserciti, con attualità, un determinato servizio d’istituto funzionale alla frode. È sufficiente che l’agente rivesta la qualità di militare della Guardia di Finanza, poiché è a questa qualità e al conseguente obbligo di fedeltà che fa riferimento l’obiettività giuridica della norma.

Quali sono i beni giuridici tutelati dalla norma sulla collusione militare?
La norma ha una duplice oggettività giuridica: da un lato, tutela l’interesse dello Stato alla regolare riscossione dei tributi e alla correttezza del gettito fiscale; dall’altro, protegge in modo rafforzato l’obbligo di fedeltà del finanziere verso l’Istituzione e la disciplina del Corpo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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