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Colloqui telefonici detenuto: quando il giudice nega

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato a cui erano stati negati i colloqui telefonici con la madre e la coniuge. La decisione si basa sulla necessità di prevenire l’inquinamento probatorio. La Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione, anche se sintetica, del giudice di merito, distinguendo nettamente la disciplina dei colloqui telefonici da quella della corrispondenza scritta.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui Telefonici Detenuto: Legami Familiari vs. Esigenze Investigative

Il mantenimento dei legami familiari è un diritto fondamentale, anche per chi si trova in stato di detenzione. Tuttavia, questo diritto non è assoluto e può essere limitato da specifiche esigenze investigative. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21572/2024) ha chiarito i confini e le condizioni per la restrizione dei colloqui telefonici del detenuto, sottolineando l’importanza di prevenire l’inquinamento probatorio.

I Fatti del Caso

Un indagato, sottoposto a misura cautelare, si è visto rigettare per ben tre volte dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) la richiesta di autorizzazione a effettuare colloqui telefonici con la propria madre e la propria coniuge. Contro queste decisioni, il difensore ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e una motivazione carente. Secondo la difesa, i dinieghi si basavano unicamente sullo stato di detenzione della coniuge e su una presunta, ma non dimostrata, relazione tra quest’ultima e la madre dell’indagato, in violazione del diritto al mantenimento dei legami familiari.

La Decisione sui Colloqui Telefonici Detenuto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno confermato la legittimità delle ordinanze del GIP, stabilendo che la restrizione delle comunicazioni era giustificata e adeguatamente motivata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha sviluppato il suo ragionamento attraverso alcuni punti chiave.

Limiti del Ricorso per Cassazione

In primo luogo, la sentenza chiarisce che i provvedimenti che incidono sulla libertà di comunicazione di un detenuto, tutelata dall’art. 15 della Costituzione, sono impugnabili in Cassazione solo per “violazione di legge”, come previsto dall’art. 111 della Costituzione. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente le norme.

Sufficienza della Motivazione

Il cuore della decisione riguarda la motivazione dei provvedimenti impugnati. La Cassazione ha ritenuto che, sebbene le motivazioni del GIP fossero “sintetiche”, erano comunque “idonee” a spiegare le ragioni del diniego. La ragione individuata era l’esigenza di contenere il pericolo di inquinamento probatorio. La semplice esistenza di una motivazione, per quanto concisa, che indichi un’esigenza processuale concreta, è sufficiente a escludere la violazione di legge lamentata dal ricorrente.

Distinzione tra Telefonate e Corrispondenza Scritta

Un aspetto cruciale evidenziato dalla Corte è l’errata invocazione, da parte della difesa, dell’art. 18-ter dell’ordinamento penitenziario. La Corte ha precisato che tale norma disciplina esclusivamente la corrispondenza epistolare e telegrafica, prevedendo un diverso regime di impugnazione (il reclamo al Tribunale del circondario). I colloqui telefonici del detenuto, invece, sono regolati dall’art. 18, che non prevede lo stesso tipo di reclamo. Questa distinzione è fondamentale e ha contribuito a rendere il ricorso inammissibile.

Conclusioni

La sentenza n. 21572/2024 della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale: il diritto ai contatti familiari del detenuto può essere compresso di fronte a prevalenti esigenze di giustizia, come la necessità di evitare l’inquinamento delle prove. La decisione del giudice deve essere motivata, ma la motivazione può essere anche sintetica, purché idonea a esplicitare il rischio concreto che si intende prevenire. Infine, viene sottolineata l’importanza di utilizzare gli strumenti di impugnazione corretti, distinguendo le procedure previste per le diverse forme di comunicazione.

Un giudice può negare a un detenuto i colloqui telefonici con i familiari?
Sì, un giudice può negare l’autorizzazione ai colloqui telefonici se esistono ragioni concrete che lo giustificano, in particolare l’esigenza di contenere il pericolo di inquinamento probatorio.

La motivazione del giudice per negare i colloqui deve essere molto dettagliata?
No, secondo la Corte di Cassazione, anche una motivazione sintetica è considerata sufficiente, a patto che sia idonea a spiegare le ragioni della decisione, come ad esempio il rischio per le indagini.

Le regole per i colloqui telefonici sono le stesse di quelle per la corrispondenza scritta (lettere)?
No, la sentenza chiarisce che si tratta di due materie diverse, disciplinate da articoli differenti (art. 18 ord. pen. per le telefonate e art. 18-ter ord. pen. per le lettere), che prevedono anche differenti regimi di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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