Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27622 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27622 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 08/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 15/04/2025 del Tribunale di sorveglianza di L’aquila lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME sottoposto al regime dell’art. 41bis L. 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.), avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila in data 7 marzo 2025 che aveva rigettato il reclamo ex art. 35bis ord. pen. avverso il diniego opposto dall’Amministrazione penitenziaria all’effettuazione di colloqui visivi senza vetro divisorio con il proprio avo.
1.1. La Direzione dell’Istituto aveva rigettato la richiesta del detenuto di effettuare un colloquio visivo in presenza e senza vetro divisorio con il proprio avo.
Tale rifiuto era stato oggetto di reclamo ex art. 35bis ord. pen. che il Magistrato di sorveglianza ha rigettato, ricordando che la sentenza della Corte costituzionale n. 105 del 2023, relativa al colloquio senza vetro divisorio, riguarda il diverso caso del colloquio con i minori.
Il Tribunale di sorveglianza, adito con reclamo – opposizione, ha confermato il provvedimento del Magistrato di sorveglianza, evidenziando che, pur essendo corretto affermare che il vetro divisorio non Ł specificamente imposto dall’art. 41bis ord. pen., nondimeno si tratta di un mezzo altamente idoneo a evitare il passaggio di oggetti, finalità cui attengono le misure di sicurezza volte a contenere la pericolosità sociale del detenuto anche all’esterno e che tendono a evitare i collegamenti tra detenuti sottoposti a regime differenziato e i contatti con appartenenti alle associazioni in stato di libertà; ciò al fine di scongiurare il pericolo di veicolare messaggi all’esterno.
L’art. 16 della Circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017 prevede che: «eventuali richieste di colloquio prolungato per motivi eccezionali ovvero di deroghe al regime speciale (colloqui standard, colloqui senza vetro, ecc.), saranno inoltrate, corredate da tutta la necessaria documentazione, alla Direzione generale dei detenuti e del trattamento per la valutazione da parte dell’On. Ministro della Giustizia».
– Relatore –
Sent. n. sez. 2351/2025
CC – 08/07/2025
Tanto premesso il Tribunale di sorveglianza ha rilevato che l’autorità ministeriale, valutata la documentazione, ha rigettato la richiesta avanzata dal detenuto e che il reclamo giurisdizionale Ł infondato poichØ gli elementi di fatto posti a fondamento della richiesta (avanzata età e condizioni di salute dell’avo) non costituiscono motivi di natura eccezionale tali da giustificare la rinuncia all’ordinaria misura di sicurezza del vetro divisorio.
Ricorre NOME COGNOME con il difensore avv. NOME COGNOME che denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 35bis ord. pen., e il vizio della motivazione.
In particolare, ad avviso del ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha disapplicato i princìpi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 105 del 2023, la quale si Ł pronunciata nel senso di non ritenere condivisibile la circostanza che il vetro divisorio costituisca l’unica e inderogabile modalità di controllo imposta dalla legge per il colloquio.
In proposito, il ricorrente aveva segnalato che, nell’istituto penitenziario dove si trova ristretto, le sale adibite ai colloqui famigliari sono dotate di sistemi di videosorveglianza che, quindi, potrebbero essere modificati in modo da inquadrare i colloqui, così da poter interrompere il colloquio in qualsiasi momento per impedire il passaggio di oggetti. Il Tribunale ha totalmente omesso di confrontarsi con tale decisiva argomentazione.
Analogamente, il Tribunale di sorveglianza ha omesso di considerare le puntuali argomentazioni offerte dalla difesa a giustificazione della necessità di autorizzare un colloquio senza vetro divisorio: l’anziano avo del detenuto Ł affetto da gravi patologie che non risultano adeguatamente valorizzate in termini di eccezionalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che il ricorso avverso i provvedimenti ex art. 35bis ord. pen. Ł consentito soltanto per violazione di legge, sicchØ Ł vanamente sviluppata la doglianza sul vizio della motivazione, deve concludersi che l’impugnazione Ł infondata.
Va premesso che, per la parte che qui interessa, l’art. 41bis , comma 2quater , lettera b), ord. pen. stabilisce: «la determinazione dei colloqui nel numero di uno al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell’istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall’autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell’articolo 11. I colloqui vengono sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente ai sensi del medesimo secondo comma dell’articolo 11; solo per coloro che non effettuano colloqui può essere autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell’istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall’autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell’articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a registrazione. I colloqui sono comunque video-registrati. Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori ».
2.1. La giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito che il regime differenziato previsto dall’art. 41bis , comma 2, ord. pen. mira a contenere la pericolosità dei detenuti a esso soggetti, anche nelle sue eventuali proiezioni esterne al carcere, impedendo i collegamenti degli appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi proprio attraverso quei contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce, quali strumenti di reinserimento sociale (Corte costituzionale sentenze n. 97 del
2020 e n. 186 del 2018).
La giurisprudenza costituzionale ha puntualmente definito anche i limiti cui Ł soggetta l’applicazione del regime speciale. In particolare, ha affermato che, in base alla disposizione in esame, Ł possibile sospendere solo l’applicazione di regole e istituti dell’ordinamento penitenziario che risultino in concreto contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, e ha correlativamente chiarito non potersi disporre misure che, a causa del loro contenuto, «a quelle concrete esigenze non siano riconducibili poichØ risulterebbero palesemente inidonee o incongrue rispetto alle finalità del provvedimento che assegna il detenuto al regime differenziato» (Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2018; nello stesso senso, Corte costituzionale sentenza n. 18 del 2022).
Misure di tal genere assumerebbero, infatti, «una portata puramente afflittiva non riconducibile alla funzione attribuita dalla legge al provvedimento ministeriale» (Corte costituzionale sentenze n. 97 del 2020 e n. 351 del 1996).
La giurisprudenza costituzionale ha, inoltre, precisato (Corte costituzionale sentenze n. 376 del 1997, n. 351 del 1996 e n. 349 del 1993) che le restrizioni che accompagnano l’applicazione del regime differenziato, «considerate singolarmente e nel loro complesso, non devono essere tali da vanificare del tutto la necessaria finalità rieducativa della pena (Corte costituzionale sentenza n. 149 del 2018) e da violare il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità» (Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2018).
Si Ł anche rimarcato che, tra gli istituti che connotano l’ordinaria disciplina trattamentale, quello dei colloqui con i familiari o con terze persone rappresenta uno dei momenti a piø alto rischio per la garanzia degli obbiettivi perseguiti attraverso l’applicazione del regime detentivo differenziato (sentenza n. 97 del 2020), trattandosi del «veicolo piø diretto e immediato di comunicazione del detenuto con l’esterno» (Corte costituzionale sentenza n. 143 del 2013).
¨ comprensibile, dunque, la ragione per la quale lo svolgimento di tali colloqui – i quali, secondo la disciplina ordinaria, dovrebbero svolgersi in locali interni «senza mezzi divisori» o in spazi all’aperto a ciò destinati (art. 37, comma 5, del d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, recante «Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà») – sia stata sempre circondato, in riferimento ai detenuti sottoposti al regime speciale, da una serie di rigorose misure, volte a impedire che gli esponenti dell’organizzazione criminale in stato di detenzione possano continuare ad impartire direttive agli affiliati in stato di libertà, e così mantenere, anche dall’interno del carcere, il controllo sulle attività delittuose dell’organizzazione stessa (Corte costituzionale sentenze n. 97 del 2020, n. 186 del 2018 e n. 143 del 2013).
2.2. Tra queste misure, il divieto di passaggio di oggetti durante i colloqui visivi Ł stato inizialmente contemplato in alcune circolari dell’amministrazione penitenziaria, diramate nel corso degli anni ’90 del secolo scorso.
Per garantire il conseguimento del risultato, l’amministrazione aveva da tempo assicurato il rispetto del divieto attrezzando con vetri divisori ‘a tutta altezza’ i locali destinati ai colloqui visivi.
Nel frattempo, il divieto di passaggio di oggetti trova collocazione a livello di fonte primaria, con la legge 23 dicembre 2002, n. 279 (Modifica degli articoli 4bis e 41bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento penitenziario). Quest’ultima, infatti, sulla scorta dell’esperienza maturata nei primi anni di applicazione del regime differenziato, ‘stabilizza’ il regime detentivo speciale, «tipizzando le limitazioni che in concreto il Ministro della giustizia poteva imporre allo scopo di contenere la pericolosità dei singoli destinatari
della misura» (Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2018).
2.3. Tra queste limitazioni figura quella censurata dall’odierno ricorrente: la lettera b) del comma 2quater dell’art. 41bis ord. pen. dispone, infatti, per la parte qui rilevante, che i colloqui dei detenuti avvengano «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti».
Si tratta di una restrizione ulteriore rispetto alle altre previste dalla medesima disposizione: limitazione dei colloqui visivi a uno soltanto al mese e loro sottoposizione a videoregistrazione nonchØ, previa motivata autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente, a controllo auditivo e a registrazione.
Proprio con riferimento al divieto di passaggio di oggetti, ancor prima della trasposizione in legge delle misure restrittive tipiche del regime speciale, la stessa amministrazione nell’esercizio di quel margine di discrezionalità che naturalmente le spetta in materia di definizione dei tempi e dei modi per la concreta attuazione del diritto ai colloqui visivi (Sez. 1, n. 23945 del 26/06/2020, Ministero della giustizia, Rv. 279526 – 01) – aveva avvertito la necessità di operare un bilanciamento tra gli interessi in gioco.
Orbene, va chiarito che Ł estranea all’ambito di applicazione della previsione di legge oggi censurata la questione del colloquio con i minori – già regolata dalla Circolare DAP del 6 febbraio 1998, n. 543884, poi dalla Circolare DAP del 20 febbraio 1998, n. 3470/5920 e, attualmente dalla Circolare DAP del 2 ottobre 2017 – sulla quale Ł intervenuta la Corte costituzionale con la citata sentenza interpretativa di rigetto n. 105 del 2023.
La circostanza che detta limitazione sia contenuta nel medesimo testo normativo non determina alcuna interferenza con l’adozione delle misure tipiche del regime speciale per i colloqui tra maggiorenni.
3.1. Nell’ultimo atto amministrativo, emanato per impartire istruzioni sull’organizzazione del regime detentivo differenziato, si legge (Circolare DAP del 2 ottobre 2017 – art. 16): «Eventuali richieste di colloquio prolungato per motivi eccezionali ovvero di deroghe al regime speciale (colloqui straordinari, colloqui senza vetro, etc.), saranno inoltrate, corredate da tutta la necessaria documentazione, alla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento per la valutazione da parte dell’on. Ministro della Giustizia».
Sul punto la giurisprudenza di legittimità, che già aveva valutato come ragionevole l’esercizio del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione penitenziaria dal comma 2quater , lett. b), del citato art. 41bis ord. pen. in punto di concreta disciplina delle modalità di fruizione dei colloqui (Sez. 1, n. 23945 del 26/06/2020, Ministero della giustizia, Rv. 279526 – 01), ha precisato che «in tema di regime penitenziario differenziato ai sensi dell’art. 41bis ord. pen., Ł legittima la disposizione dell’Amministrazione penitenziaria che, in attuazione dell’art. 16 della circolare del DAP del 2 ottobre 2017, preveda che il colloquio visivo avvenga senza vetro divisorio solo nel caso in cui esso abbia luogo con il figlio o i nipoti in linea retta minori oppure, con le cautele ordinarie, nel caso di parenti e affini entro il terzo grado, in quanto detta regolamentazione costituisce un ragionevole esercizio del potere amministrativo in funzione del contemperamento tra le esigenze di mantenimento delle relazioni familiari e quelle di particolare controllo richieste dal regime penitenziario» (Sez. 1, n. 28260 del 09/04/2021, COGNOME, Rv. 281754 – 01; Sez. 1, n. 46719 del 03/11/2021, COGNOME, Rv. 282319 – 01).
Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale consolidato e pienamente condivisibile, anche dopo la già citata pronuncia del giudice delle leggi sui colloqui con i minori.
¨ indubbio che, nell’esperienza concreta, lo strumento del vetro divisorio a tutta altezza – impedendo ogni contatto fisico tra gli interlocutori – si rivela quello piø efficace per
impedire il passaggio di oggetti. Ed Ł, quindi, certamente legittimo che l’amministrazione penitenziaria, nella prassi, abbia individuato in quello strumento la soluzione tecnica per gestire i colloqui dei detenuti soggetti al regime differenziato con i propri familiari e conviventi.
Tuttavia, non Ł senza significato che il legislatore, nel codificare le prescrizioni già contenute nelle precedenti circolari amministrative, abbia semplicemente indicato il risultato vietato – il passaggio di oggetti durante i colloqui visivi – senza affatto specificare, in dettaglio, le pertinenti soluzioni tecniche (in particolare, l’impiego del vetro divisorio a tutta altezza), limitandosi a richiedere che i locali destinati ai colloqui siano «attrezzati» in modo da impedire tale passaggio.
Risulta chiaro, insomma, che l’impiego del vetro divisorio, pur potendo costituire un mezzo altamente idoneo allo scopo, in considerazione della sua innegabile efficacia ostativa al passaggio di oggetti, non Ł tuttavia imposto dal testo della disposizione primaria, che non ne fa alcuna menzione.
3.2. Viceversa, la previsione derogatoria contenuta nella citata Circolare, che consente i «colloqui senza vetro», costituisce il legittimo e doveroso contemperamento degli interessi in gioco.
La natura eccezionale e straordinaria della deroga Ł, piuttosto, agevolmente comprensibile e del tutto giustificata, sia a livello organizzativo, sia in vista delle specifiche e rilevanti esigenze di sicurezza che impongono l’adozione di provvidenze idonee a impedire il passaggio di oggetti.
3.3. In proposito, la ritenuta inesistenza di ragioni derogatorie, già affermata dall’organo amministrativo competente, ha trovato specifico esame da parte del Tribunale, il quale, senza incorrere nel vizio di assenza grafica o mera apparenza della motivazione unica violazione della legge processuale censurabile in questa sede , ha sottolineato che le generiche condizioni di salute dell’avo e la sua avanzata età non costituiscano, di per sØ, un evento tale da giustificare l’invocata deroga al regime speciale.
L’istanza, il reclamo e il ricorso, infatti, non illustrano la specifica rilevanza, al fine di ottenere la deroga alla previsione generale del colloquio con vetro divisorio, dell’età e delle condizioni di salute dell’avo, nØ, soprattutto, sotto quale profilo, che non ridondi in una non consentita critica alla motivazione, la decisione giudiziaria risulti affetta da assenza o apparenza della motivazione.
In effetti, si tratta di una motivazione, affatto assente o apparente, che richiama non illogicamente, a fronte della genericità dell’allegazione difensiva, ipotesi eccezionali già previste, ad esempio in caso di imminente pericolo di vita, da altre disposizioni di legge (art. 30 ord. pen.), cui non Ł vano fare riferimento per individuare le deroghe alla previsione generale del colloquio con vetro divisorio.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dato avviso al difensore.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 08/07/2025