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Colloqui intimi detenuti: un diritto, non speranza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8/2025, ha annullato un’ordinanza che negava a un detenuto un colloquio intimo con la moglie. Il diniego era basato sulla mancanza di strutture adeguate nel carcere. La Suprema Corte, richiamando una precedente sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che i colloqui intimi per i detenuti rappresentano un vero e proprio diritto all’affettività, non una mera aspettativa. Di conseguenza, le carenze strutturali dell’istituto penitenziario non possono costituire una valida giustificazione per negare tale diritto, e l’amministrazione ha l’obbligo di adoperarsi per garantirne l’esercizio.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui intimi detenuti: la Cassazione ribadisce che il diritto all’affettività non è negoziabile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8/2025) ha riaffermato un principio fondamentale per la dignità della persona anche in stato di detenzione: il diritto all’affettività e ai colloqui intimi detenuti non è una concessione, ma un diritto che non può essere negato per mere carenze strutturali dell’istituto penitenziario. Questa pronuncia si inserisce in un solco giurisprudenziale tracciato dalla Corte Costituzionale, volto a umanizzare l’esecuzione della pena.

Il Caso: La Negazione di un Incontro Familiare

Un detenuto presso la casa di reclusione di Asti si era visto negare la possibilità di avere un colloquio riservato e intimo con la propria moglie. La motivazione addotta dall’amministrazione penitenziaria era puramente logistica: la struttura non era attrezzata per consentire incontri di questo tipo. Il detenuto, ritenendo leso un suo diritto fondamentale, ha presentato reclamo all’Ufficio di Sorveglianza di Torino.

Contrariamente alle aspettative, il giudice di sorveglianza ha dichiarato il reclamo inammissibile. Secondo il magistrato, la richiesta del detenuto non configurava un diritto soggettivo tutelabile, ma una ‘mera aspettativa’, una semplice speranza non protetta dall’ordinamento.

La Svolta della Corte Costituzionale e l’Impatto sui colloqui intimi detenuti

Il difensore del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, basando le sue argomentazioni su un punto cruciale: la violazione di legge alla luce della storica sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale.

Con quella pronuncia, la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 dell’Ordinamento Penitenziario ‘nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge […] senza il controllo a vista del personale di custodia’.

La Corte Costituzionale ha chiarito che la libertà di godere delle relazioni affettive è un diritto costituzionalmente tutelato. Sebbene la detenzione possa comprimerne le modalità di esercizio, non può annullarlo completamente. Negare in modo assoluto e generalizzato gli incontri intimi, senza una valutazione individuale, costituisce una lesione sproporzionata della dignità della persona e viola gli articoli 27 e 117 della Costituzione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso, smontando la tesi del giudice di sorveglianza. Ha stabilito che, alla luce della sentenza della Consulta, la richiesta del detenuto non era una ‘mera aspettativa’, ma l’esercizio di un vero e proprio diritto. Il reclamo giurisdizionale, previsto dall’art. 35-bis Ord. pen., era quindi lo strumento corretto per tutelarlo.

Il punto centrale della decisione è che il diritto ai colloqui intimi può essere negato solo per ragioni specifiche e concrete, quali:

* Ragioni di sicurezza o di mantenimento dell’ordine e della disciplina.
* Pericolosità sociale del detenuto o comportamento scorretto.
* Ragioni giudiziarie nel caso di soggetti ancora imputati.

La mancanza di locali idonei non rientra in queste categorie. Si tratta di una situazione estranea alla condotta del detenuto. Pertanto, l’amministrazione penitenziaria ha il dovere di adoperarsi per superare tali ostacoli strutturali. Il magistrato di sorveglianza, investito del reclamo, avrebbe dovuto ordinare all’amministrazione di porre rimedio alla situazione entro un termine preciso, invece di dichiarare l’inammissibilità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce con forza che la pena non deve consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Il diritto all’affettività è parte integrante del percorso di risocializzazione del condannato. Negarlo sulla base di motivazioni logistiche significa tradire il mandato costituzionale della pena.

Questa decisione obbliga le amministrazioni penitenziarie a un ruolo proattivo: non possono più trincerarsi dietro le carenze strutturali per negare i colloqui intimi ai detenuti. Al contrario, devono attivarsi per creare le condizioni che permettano l’esercizio di questo diritto fondamentale. Per i detenuti e le loro famiglie, si tratta di un passo avanti cruciale per la tutela della dignità e la conservazione dei legami affettivi, elementi essenziali per un futuro reinserimento nella società.

Un detenuto ha un vero e proprio diritto a incontri intimi con il proprio partner?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando la sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale, afferma che i colloqui in condizioni di intimità costituiscono un diritto fondamentale del detenuto, espressione del diritto all’affettività, e non una mera aspettativa.

La mancanza di spazi adeguati in carcere può giustificare il diniego dei colloqui intimi?
No. La sentenza stabilisce che le carenze strutturali dell’istituto penitenziario non sono una valida ragione per negare questo diritto. Al contrario, l’amministrazione penitenziaria ha l’obbligo di adoperarsi per rendere possibile l’esercizio di tale diritto.

In quali casi possono essere negati i colloqui intimi ai detenuti?
Possono essere negati solo per ragioni specifiche e individuali, come motivi di sicurezza, esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, un comportamento non corretto del detenuto, o ragioni giudiziarie per chi è ancora in attesa di giudizio definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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