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Colloqui in carcere: sì per l’affidato in prova

Una donna in affidamento in prova si è vista negare la possibilità di effettuare colloqui in carcere con il marito detenuto. Il magistrato di sorveglianza aveva rigettato l’istanza senza una motivazione pertinente. La Corte di Cassazione ha annullato tale provvedimento, stabilendo che l’affidamento in prova non limita di per sé il diritto ai colloqui familiari, a meno che non esistano specifiche e motivate prescrizioni contrarie.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui in Carcere: Via Libera per chi è in Affidamento in Prova

L’affidamento in prova ai servizi sociali, una delle principali misure alternative alla detenzione, non può tradursi in un’automatica limitazione dei diritti fondamentali della persona, come quello di mantenere i legami familiari. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: una persona affidata in prova ha pieno diritto di effettuare colloqui in carcere con un familiare detenuto, a meno che non vi siano specifiche prescrizioni che lo vietino. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata a scontare la sua pena in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, si trovava di fronte a una situazione familiare complessa: il marito era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere. Ritenendo doveroso comunicare la sua intenzione di recarsi presso l’istituto penitenziario per i colloqui, presentava un’istanza al Magistrato di sorveglianza, chiedendo, solo se ritenuto necessario, una formale autorizzazione.

La risposta del Magistrato fu spiazzante. Con una nota in calce all’istanza, rigettava la richiesta richiamando semplicemente un precedente provvedimento emesso mesi prima. Tuttavia, come evidenziato dalla difesa, quel provvedimento era del tutto inconferente: riguardava una vecchia richiesta della donna di allontanarsi temporaneamente dalla propria regione per incontrare il marito, all’epoca sottoposto a una diversa misura. Non c’erano, nelle prescrizioni del suo affidamento in prova, divieti o obblighi che potessero incidere sul suo diritto di visita.

L’Affidamento in Prova e il Diritto ai Colloqui in Carcere

La difesa ha impugnato il provvedimento del Magistrato, lamentandone la nullità per totale assenza di motivazione e la sua abnormità. La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata senza rinvio. La Suprema Corte ha chiarito che il provvedimento del Magistrato di sorveglianza, nel negare di fatto la possibilità di visita, aveva imposto una limitazione ingiustificata e priva di fondamento giuridico.

Il punto centrale della decisione è che l’affidamento in prova, pur comportando il rispetto di determinate prescrizioni, non comprime i diritti della persona se non per quanto strettamente necessario e previsto dal programma di trattamento. Il diritto ai colloqui in carcere con un familiare è un diritto fondamentale, tutelato dalla legge penitenziaria, che non può essere limitato in assenza di precise e motivate ragioni di incompatibilità con la misura alternativa in corso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha bacchettato il Magistrato di sorveglianza per non essersi pronunciato sul merito della questione. Di fronte alla comunicazione della donna, il giudice avrebbe dovuto valutare se l’autorizzazione fosse o meno necessaria. Invece, si è limitato a un rigetto immotivato, facendo riferimento a una situazione pregressa e non pertinente. Questa modalità operativa, secondo la Cassazione, equivale a una totale assenza di motivazione.

Il Magistrato avrebbe dovuto, invece, o prendere atto della comunicazione, riconoscendo che nessuna autorizzazione era richiesta, oppure, se avesse ravvisato delle ragioni ostative, avrebbe dovuto esplicitarle chiaramente, motivando le ragioni per cui i colloqui in carcere sarebbero stati incompatibili con le finalità dell’affidamento in prova. Non avendolo fatto, il suo provvedimento si è tradotto in un ostacolo radicale e ingiustificato all’esercizio di un diritto. Per questo motivo, la Corte ha rimosso tale ostacolo annullando l’ordinanza.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: le misure alternative alla detenzione devono essere eseguite nel rispetto dei diritti inviolabili della persona. Il diritto a mantenere relazioni affettive e familiari, anche attraverso i colloqui in carcere, è uno di questi. Una persona in affidamento in prova non è un cittadino a “diritti limitati” in via generale; le uniche restrizioni ammissibili sono quelle espressamente previste nel suo programma e sempre giustificate da finalità di reinserimento sociale. Qualsiasi provvedimento che imponga un limite ulteriore, soprattutto se privo di motivazione, è illegittimo e deve essere annullato.

Una persona in affidamento in prova necessita di un’autorizzazione speciale per effettuare colloqui in carcere con un familiare?
No. Secondo questa sentenza, l’autorizzazione non è necessaria a meno che il provvedimento che dispone l’affidamento in prova non contenga prescrizioni specifiche che siano incompatibili con le visite in carcere.

Può un giudice motivare un provvedimento facendo riferimento a una decisione precedente non pertinente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una motivazione di questo tipo, che rinvia a un atto precedente riguardante una questione diversa, equivale a una totale assenza di motivazione e rende il provvedimento nullo.

Cosa accade se un Magistrato di sorveglianza nega illegittimamente il diritto ai colloqui?
Il suo provvedimento può essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione. Come avvenuto in questo caso, se la Corte ritiene il provvedimento illegittimo, può annullarlo senza rinvio, rimuovendo così l’ostacolo all’esercizio del diritto ai colloqui in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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