Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29625 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
nel procedimento nei riguardi di avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale di Sorveglianza di Roma
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
1.Con l’ordinanza in preambolo, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (D.A.P.) avverso l’ordinanza il 20 giugno 2024, con la quale il Magistrato di sorveglianza, accogliendo il reclamo del detenuto NOME COGNOME sottoposto alregime di cui all’art. 41bis 26 luglio 1975 n. 354 (Ord. pen.), aveva disposto che l’Istituto penitenziario gli consentisse l’effettuazione di colloqui, in videochiamata, con il padre, anch’egli detenuto in regime penitenziario differenziato in altro Istituto penitenziario.
A ragione della decisione, il Tribunale ha affermato che i colloqui potevano essere svolti nel pieno rispetto delle massime esigenze di sicurezza, addirittura maggiormente garantite dall’apparenza di entrambi i detenuti al regime differenziato, dalla registrazione del colloquio e dalla presenza di un agente di polizia penitenziaria.
Quanto al parere della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), rilevava che la circolare la limita ai soli colloqui telefonici.
2.Avverso l’ordinanza ricorre il Ministero della giustizia, per mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato di Roma e, con unico articolato motivo, denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in punti di ribadita autorizzazione ai colloqui visivi.
Lamenta che il Tribunale di sorveglianza avrebbe autorizzato il colloquio senza acquisire il parere, obbligatorio sebbene non vincolante, della DDA che la giurisprudenza di legittimità avverte debba essere attentamente valutato, poichØ il riconoscimento del diritto del detenuto sottoposto al regime penitenziario differenziato a godere di colloqui con i familiari, anche se detenuti e sottoposti al medesimo regime, non può risolversi nello
– Relatore –
Sent. n. sez. 2127/2025
CC – 18/06/2025
svilimento delle esigenze di sicurezza.
L’ordinanza avrebbe, inoltre, trascurato le sentenze della Corte di legittimità che vieta i colloqui tra familiari ove entrambi detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41bis Ord. pen, laddove la giurisprudenza di legittimità quando tali colloqui ha consentito (si veda la sentenza n. 7654/2015), non avrebbe espresso un principio generale, avendo valutato l’eccezionalità del caso sottoposto al suo esame.
Il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 24 maggio 2025, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł fondato per le ragioni e nei limiti che s’indicano di seguito.
2.Questa Corte ha affermato che «In tema di regime penitenziario differenziato di cui all’art. 41bis legge 26 luglio 1975, n. 354, il diritto di coltivare, mediante colloqui visivi, l’affettività familiare inerisce al nucleo essenziale dei diritti del detenuto, sicchØ può essere riconosciuto pur quando il familiare che si vuole incontrare Ł, anch’egli, sottoposto al regime speciale, dovendosi tuttavia operare un giudizio di bilanciamento, in concreto, tra le esigenze di affettività del soggetto ristretto e quelle di sicurezza pubblica, le quali, laddove ritenute prevalenti, non consentono di soddisfare tale diritto, nemmeno con l’impiego di strumenti audiovisivi» (Sez. 1, n. 46809 del 21/11/2024, Rv. 287288; Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Rv. 262417).
Si Ł ritenuto, infatti, che il colloquio con i familiari costituisca un diritto soggettivo del detenuto, anche se sottoposto al regime penitenziario differenziato, stabilendo l’art. 28 Ord. pen. l’obbligo di curare in modo particolare il suo rapporto con detti soggetti, anche quale elemento del trattamento rieducativo, come previsto dall’art. 15 Ord. pen., ed essendo i colloqui con familiari e conviventi autorizzati, in linea generale, dall’art. 41bis, comma 2quater , lett. b), Ord. pen, sia pure con limitazioni ulteriori rispetto a quanto stabilito per i detenuti soggetti al regime penitenziario ordinario.
La stessa circolare del DAP del 2 ottobre 2017, inoltre, ha previsto come autorizzabili, in astratto, i colloqui anche tra detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41bis Ord. pen., legati dal vincolo familiare, stante la necessità di rispettare, anche nei loro confronti, i principi di umanizzazione della pena espressi nelle norme indicate.
Questo indirizzo giurisprudenziale dev’essere ribadito, in quanto diretto a ricercare un punto di equilibrio che consenta di rispettare diritti costituzionalmente protetti, e riconosciuti anche dall’art. 8 della Convenzione EDU.
Deve, pertanto, ritenersi superato l’orientamento, espresso nella sentenza Sez. 1, n. 29007 del 11/06/2021, n.m., richiamata nel ricorso, che nega la possibilità di autorizzare colloqui tra familiari, ove entrambi detenuti in regime penitenziario differenziato.
3.¨, tuttavia, fondata la censura inerente alla mancata acquisizione del parere della DDA.
3.1. Questa Corte, nello stabilire l’astratta autorizzabilità dei colloqui a distanza, da parte del detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41bis Ord. pen., con familiari sottoposti al medesimo regime penitenziario, ha sottolineato che il riconoscimento del diritto al colloquio non può risolversi nello svilimento delle esigenze di sicurezza, che stanno a fondamento del già menzionato regime.
Come osservato dal Ministero ricorrente, la stessa circolare DAP del 02 ottobre 2017, all’art. 16.2 (relativa ai colloqui telefonici, ma da ritenere estesa a tutti i nuovi mezzi di
comunicazione a distanza) ha stabilito che «eventuali richieste di colloqui telefonici con altri familiari ristretti in regime di 41bis e no, saranno generalmente accolte, salvo che dal parere non vincolante, richiesto alla competente DDA, emergano concreti e rilevanti elementi che ne sconsiglino l’effettuazione».
Questa disposizione chiarisce che l’autorizzazione al colloquio con un familiare detenuto in un regime di particolare sicurezza deve essere preceduta da un attento e approfondito esame della vicenda attuale in cui si colloca la richiesta, con riferimento alla posizione di entrambi i detenuti e anche alla situazione del gruppo criminale di appartenenza, specialmente se unico, contrapponendosi al diritto al colloquio le indicate esigenze di sicurezza e dovendo l’autorità compiere un meditato bilanciamento tra tali interessi contrapposti.
La circolare indica esplicitamente la necessità di acquisizione del parere della DDA, poichØ tale organo «per il patrimonio informativo di cui dispone, può fornire elementi assai utili a orientare la scelta amministrativa», pur ribadendo che «l’autorità competente a decidere … resta assolutamente libera di discostarsi dal parere acquisito, che non ha carattere vincolante».
Il riconoscimento del diritto al colloquio, per il detenuto istante, non può tradursi, quindi, in un’autorizzazione non preceduta dall’esame di tutti gli elementi che concorrono a individuare il punto di equilibrio tra esso e le esigenze di sicurezza, e in particolare le esigenze di sicurezza eventualmente indicate dalla DDA nel suo parere. Questa Corte ha già precisato, infatti, che «In tema di regime penitenziario differenziato speciale di cui all’art. 41bis Ord. pen., per l’ammissione del detenuto ai colloqui visivi con altri familiari, anch’essi sottoposti al medesimo regime detentivo, Ł necessario tener conto delle esigenze di sicurezza proprie del particolare trattamento penitenziario, per come desumibili anche dal parere, non vincolante, della Direzione distrettuale antimafia» (Sez. 1, n. 46809 del 21/11/2024, Rv. 287288; Sez. 1, n. 49279 del 11/10/2023, Rv. 285574; Sez. 1, n. 31634 del 24/06/2022, n. 283496).
3.2 Trasponendo i principi sin qui sintetizzati al caso in esame, osserva il Collegio che il Tribunale, e già prima il Magistrato di sorveglianza, hanno del tutto trascurato la valutazione della possibile sussistenza di ragioni ostative al colloquio richiesto, derivanti dalla pericolosità dei colloquianti, avendo omesso di svolgere un’indagine circa tale pericolosità e persino di acquisire il parere della DDA, erroneamente ritenendo che lo stesso sia previsto per i soli colloqui telefonici e non anche per quelli visivi.
L’omessa acquisizione non Ł, invece, giustificata, essendo onere del Tribunale richiedere all’istituto di fornire tale parere, se non allegato, non potendo altrimenti essere svolta l’approfondita e informata valutazione delle esigenze di sicurezza, al fine di bilanciarle con il diritto al colloquio.
¨, poi, priva di fondamento l’affermazione contenuta nell’ordinanza secondo cui il rispetto delle esigenze di sicurezza sarebbe comunque garantito dalla registrazione del colloquio: la circolare DAP del 2/10/2017 prevede tale modalità di controllo in via generale, ma richiede in piø lo svolgimento di un’indagine circa le esigenze di sicurezza prevedendo, come detto, che esse possano prevalere sul diritto al colloquio e imporre il divieto di quest’ultimo. ¨, quindi, evidente che l’ascolto e la registrazione del colloquio non potrebbero considerarsi sostitutive dell’indagine circa le esigenze di sicurezza, nØ costituiscono una forma di soddisfacimento di queste ultime, così come Ł altrettanto innegabile che il colloquio, specialmente se visivo, possa agevolare lo scambio di informazioni sospette o pericolose, sia con l’uso di parole criptiche, sia anche solo con l’atteggiamento del corpo o del volto,
difficilmente intercettabili e che, comunque, una volta espressi avrebbero raggiunto il loro scopo, anche nel caso dell’immediata interruzione del colloquio.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
L’ordinanza impugnata deve perciò essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così Ł deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI