Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22004 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22004 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
In nome del Popolo Italiano
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 21/09/1954
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
NOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 4 aprile 2024, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila aveva rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila aveva respinto il reclamo con il quale il detenuto aveva chiesto di ripristinare il regime dei colloqui e delle telefonate di cui aveva beneficiato prima di essere sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41bis Ord. pen., senza che operassero le limitazioni previste dagli artt. 37 e 39, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 nei confronti dei detenuti per i delitti di cui all’art. 4bis Ord. pen.
1.1. Con sentenza n. 37107 in data 28 giugno 2024, la Prima Sezione penale di Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento, rilevando, per quanto di interesse in questa sede, che non era stato chiarito se COGNOME stesse ancora espiando la pena inflitta per un reato rientrante nel catalogo dell’art. 4bis Ord. pen.; nØ se al detenuto si applicasse o meno la previsione del §14 della «Circolare 3 novembre 2000 – colloqui e corrispondenza telefonica dei detenuti e degli internati, articoli 37 e 39 d.p.r. 230/2000», posto che, GLYPHin caso di risposta negativa, al detenuto non si sarebbe applicata, comunque, la limitazione prevista per i colloqui, anche a prescindere dall’essere il reato in esecuzione ostativo, considerato cheGLYPH, allorchØ il percorso trattamentale del detenuto era ripreso in regime ordinario e questo si sia protratto per un tempo significativo, il giudice doveva ritenersi tenuto ad accertare in concreto se l’interruzione del regime di maggior favore avesse determinato una regressione del percorso trattamentale.
1.2. Con ordinanza in data 16 gennaio 2025, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila, pronunciandosi in sede di rinvio, ha rigettato il reclamo in materia di colloqui proposto nell’interesse di COGNOME. Dopo avere premesso che il delitto di omicidio doveva ritenersi commesso nel contesto della «guerra mafiosa» tra il gruppo dei COGNOME e quello contrapposto dei COGNOME–COGNOME, sicchØ esso rientrava nel perimetro dell’art. 4bis Ord. pen., il Tribunale ha ritenuto che daGLYPHll’applicabilità di tale disposizione derivi che a COGNOME a prescindere dalla regressione nel trattamento che impedirebbe il ritorno al regime dei colloqui c.d. ordinari, non possa, comunque, applicarsi la piø favorevole normativa dettata per i condannati per reati c.d. comuni.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza per il tramite del suo difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., da un lato, la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 37 e 39, d.P.R. 230 del 2000 e 18 Ord. pen., nonchØ la mancanza o apparenza della motivazione; e, dall’altro lato, la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 2, 6, 7, 8 e 14 CEDU, 3, 24, 25, 27 e 111 Cost. Nel dettaglio, il ricorso deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., che il Tribunale, in sede di rinvio, si sia concentrato unicamente sull’esigenza di verificare se il titolo di reato attualmente in espiazione rientrasse nell’alveo di quelli indicati nell’art. 4bis Ord. pen., senza soffermarsi sul fatto che GLYPHal detenuto possa applicarsi o meno l’eccezione prevista dal paragrafo 14 della circolare del D.A.P. del 3 novembre 2000, posto che, in caso di risposta negativa, la limitazione prevista per i colloqui non si applicherebbe anche a prescindere dall’essere il reato in esecuzione ostativo. Ciò in quanto COGNOME era detenuto in regime ordinario ben prima del 6 settembre 2000, data di entrata in vigore del nuovo regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario, sicchØ non potrebbe ritenersi sufficiente, come invece
sostenuto dal Tribunale, verificare se il reato in espiazione sia stato commesso in un contesto mafioso, essendo necessario accertare se la sottoposizione del detenuto al regime differenziato avesse determinato una regressione nel percorso trattamentale, non essendo l’automatismo nell’applicazione dell’eccezione contenuta nel § 14 della circolare coerente con il sistema ove il percorso trattamentale del detenuto sia ripreso in regime ordinario e si sia protratto per un tempo significativo. In questo modo, il provvedimento impugnato avrebbe omesso di seguire le indicazioni della pronuncia rescindente, sottoposta a una lettura parziale e distorta. Ad avviso del Difensore, la ripresa del regime detentivo ordinario, dal 2007 ad oggi, avrebbe dovuto condurre il Tribunale a ritenere che la sottoposizione al regime differenziato non avesse determinato una regressione nel percorso trattamentale idonea a giustificare, ex art. 14 della circolare del 3 novembre 2000, l’applicazione del regime meno favorevole.
In data 11 marzo 2025 Ł pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale Ł stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Gli artt. 35, comma dodicesimo e 37, comma primo, d.P.R. 29 aprile 1976, n. 431 (recante la «Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà»), prevedevano che tutte le persone detenute, senza alcuna distinzione del titolo di reato, potessero fruire di quattro colloqui mensili in presenza e di un colloquio telefonico ogni quindici giorni e che, ai sensi del comma tredicesimo dell’art. 35, la direzione del carcere potesse autorizzare, discrezionalmente e quale misura premiale, la fruizione di ulteriori due colloqui in presenza e di due colloqui telefonici al mese.
2.1. Con l’entrata in vigore, in data 6 settembre 2000, del d.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 (concernente il «Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà», di seguito reg. esec. Ord. pen.), gli artt. 37 e 39 hanno, da un lato, eliminato la possibilità di disporre colloqui aggiuntivi (salvi i casi di particolari esigenze ‘umanitarie’ previsti dai commi 9 e 3 di tali articoli); e, dall’altro lato, hanno diversificato la disciplina dei colloqui e delle telefonate applicabile ai detenuti cd. comuni rispetto a quella dettata per le persone detenute per taluno dei delitti previsti dall’art. 4bis Ord. pen. Infatti, mentre per i primi sono stati previsti sei colloqui in presenza al mese e un colloquio telefonico alla settimana (v. artt. 37, comma 8 e 39, comma 2, reg. esec. Ord. pen.), per i secondi Ł stata stabilita la fruizione di quattro colloqui in presenza e di due colloqui telefonici al mese (v. artt. 37, comma 8 e 39, comma 2, reg. esec. Ord. pen.).
2.2. L’entrata in vigore del nuovo regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario ha, dunque, determinato, sul piano interpretativo e operativo, due ordini di problemi: da un lato, quello di stabilire il regime applicabile per i soggetti che avessero una posizione giuridica ‘mista’, ovvero che avessero riportato condanne per reati compresi nel catalogo dell’art. 4bis Ord. pen. ma anche per reati cd. comuni; e, dall’altro lato, quello di stabilire se, e a quali condizioni, dovesse applicarsi il regime piø restrittivo a soggetti condannati per taluno dei reati compresi dall’art. 4bis Ord. pen. che, già detenuti al
momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina, stavano già da tempo fruendo di un regime piø favorevole, che consentiva loro di accedere, ove meritevoli, a un numero di colloqui, in presenza e telefonici, aggiuntivi rispetto a quello ordinariamente previsto.
2.3. Entrambe le questioni sono state, quindi, oggetto di specifica disciplina attraverso la circolare n. 3533/5983 del 3 novembre 2000 del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, intitolata «colloqui e corrispondenza telefonica dei detenuti e degli internati, articoli 37 e 39 d.P.R. 230/2000».
Con riferimento alla prima questione Ł stato stabilito, al paragrafo 9, che, nel caso in cui sia in esecuzione un provvedimento di cumulo di pene concorrenti, debba ritenersi espiata per prima quella piø gravosa per il detenuto, con la conseguenza che ove si debba espiare una pena inflitta anche per un reato ostativo alla fruizione di benefici penitenziari, la pena espiata vada imputata innanzitutto ad essa, per poi consentire allo stesso detenuto, con riferimento alla pena residua, di essere ammesso alla disciplina piø favorevole per i colloqui e le telefonate.
Con riguardo alla seconda questione Ł stato, invece, stabilito, al paragrafo 12 della circolare, che la disposizione contenuta nel comma 9 dell’art. 37, reg. esec. Ord. pen., a mente della quale possono essere autorizzati ulteriori colloqui «quando ricorrano particolari circostanze», consenta l’incremento del numero dei colloqui anche per quei detenuti per reati di cui all’art. 4bis Ord. pen. che, ammessi in precedenza per la positiva condotta interna ai colloqui premiali, possano vederseli negati per l’entrata in vigore del nuovo regolamento di esecuzione. Peraltro, il § 13 della circolare ha precisato che la direttiva di cui al § 12 si applichi soltanto ai soggetti già ristretti per reati ostativi e ammessi ai colloqui premiali (anche se non li abbiano in concreto fruiti), ma non anche ai soggetti che siano stati ristretti dopo il 6 settembre 2000 per reati ostativi, provenendo dalla libertà o anche già detenuti o internati, ma per altro titolo, atteso che, per questi ultimi, Ł stato stabilito che si applicasse, invece, la nuova piø restrittiva disciplina.
Inoltre, il § 14 della circolare ha anche stabilito che l’applicazione del regime precedente ai soggetti individuati dal § 13, tra i quali rientrano anche i detenuti per i delitti previsti dall’art. 4bis Ord. pen., presupponga, stante il carattere premiale dei colloqui ulteriori, la permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’autorizzazione, in ragione della necessità di non determinare un regresso nel percorso rieducativo. Di modo che, in caso di andamento anche solo temporaneamente negativo del percorso trattamentale, la circolare ha previsto la possibilità che alla fruizione di 6 colloqui succeda la fruizione di 4 colloqui.
3. Tanto premesso in termini di inquadramento normativo, va osservato, in fatto, che NOME COGNOME, come puntualmente rilevato dal provvedimento impugnato, Ł stato condannato alla pena dell’ergastolo per i delitti di omicidio e di associazione per delinquere di stampo mafioso, entrambi commessi nel 1990 o comunque sino al 1990; e che il delitto di omicidio, essendo stato commesso in un contesto pacificamente mafioso, doveva ritenersi rientrante tra i delitti commessi «avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo» secondo la dizione dell’art. 4bis , comma 1, Ord. pen. vigente a partire dal 13 luglio 1991. E ciò indipendentemente dal fatto che, al momento della commissione di esso, l’ordinamento non contemplasse l’aggravante dell’art. 7, decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1992, n. 203 (che, peraltro, hanno introdotto anche il predetto art. 4bis ). Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che il divieto di concessione di benefici penitenziari in caso di condanna per uno dei reati indicati dall’art. 4bis Ord. pen., opera anche quando
l’aggravante di cui all’art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, relativa a fatti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416bis cod. pen. o per agevolare l’attività di una associazione di tipo mafioso, non sia stata oggetto di formale contestazione, ma sia verificata come sussistente dal tribunale di sorveglianza attraverso l’esame del contenuto della sentenza di condanna, dovendosi avere riguardo alla qualificazione sostanziale dei delitti giudicati ( ex plurimis Sez. 1, n. 41235 del 26/06/2019, Larosa, Rv. 277451 – 01).
3.1. Tuttavia, la disciplina restrittiva dettata dagli artt. 37 e 39 reg. esec. Ord. pen. per i reati previsti dall’art. 4bis Ord. pen., entrata in vigore il 6 settembre 2000, non ha potuto essere applicata a Laudani sino alla data del 12 aprile 2007, allorchØ era stato revocato nei suoi confronti il regime dell’art. 41bis Ord. pen., applicatogli a partire dal 2 febbraio 1993. Solo nel momento della revoca del regime differenziato, infatti, era divenuta attuale la questione della disciplina in materia di colloqui e telefonate che gli doveva essere applicata, atteso che, in precedenza, come detto, egli era stato sottoposto alle disposizioni particolarmente restrittive dettate dall’art. 41bis Ord. pen. A quel punto, venuto meno il regime differenziato, in base all’interpretazione del nuovo regolamento di esecuzione contenuta nella circolare n. 3533/5983 del 3 novembre 2000 a Laudani avrebbe dovuto essere applicata la disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 230 del 2000, atteso che il reato che egli stava (e sta ancora) espiando era stato da lui commesso prima di tale entrata in vigore. Tuttavia, in base al § 14 della medesima circolare, doveva essergli, comunque, applicata la disciplina dettata dal d.P.R. n. 230 del 2000 per i detenuti per i reati previsti dall’art. 4bis Ord. pen., piø restrittiva di quella prevista per i detenuti cd. comuni, ove le condizioni per l’applicazione della disciplina premiale prevista dal regolamento n. 431 del 1976 si fossero mantenute presenti. E ciò per impedire quel non consentito «regresso nel percorso rieducativo» che la stessa circolare, coerentemente con le costanti indicazioni della giurisprudenza costituzionale, individua quale limite all’applicazione retroattiva della normativa in materia penitenziaria.
Ebbene, nel caso di specie, tale situazione Ł stata, all’evidenza, ritenuta insussistente dalla direzione dell’istituto penitenziario e dalla stessa Magistratura di sorveglianza, atteso che rispetto al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dal d.P.R. n. 230 del 2000 ( rectius rispetto al momento in cui essa era divenuta applicabile a COGNOME per effetto della revoca del regime differenziato), non si era registrata alcuna regressione sul piano del trattamento praticato al detenuto. Ciò in quanto la pur restrittiva disciplina dettata dal nuovo regolamento di esecuzione nei confronti dei detenuti per i delitti previsti dall’art. 4bis Ord. pen. aveva, in realtà, fatto seguito alla disciplina assai piø rigorosa prevista dall’art. 41bis Ord. pen. per i soggetti sottoposti al regime differenziato. Una conclusione, quella qui accolta, che non può essere messa in dubbio dal fuorviante riferimento alla sottoposizione di COGNOME, dopo la revoca del provvedimento di applicazione dell’art. 41bis Ord. pen., al «regime ordinario» dei colloqui e delle telefonate; locuzione, questa, con la quale all’evidenza si Ł inteso richiamare non la disciplina dei detenuti per reati cd. comuni, quanto quella dei detenuti non sottoposti al regime differenziato. Ciò per l’ovvia ragione per cui ove COGNOME fosse stato sottoposto alla disciplina prevista per gli autori di reati cd. comuni, non avrebbe proposto il reclamo da cui Ł originato il presente procedimento.
Ne consegue, pertanto, che laddove il provvedimento impugnato conclude per la applicabilità alla posizione di Laudani della piø stringente disciplina dettata dall’art. 4bis Ord. pen. in luogo della piø favorevole normativa dettata dal legislatore per i condannati per reati c.d. comuni abbia inteso escludere, nel caso esaminato, quale situazione di «regresso nel percorso rieducativo» dell’odierno ricorrente. Ciò che, conclusivamente, conduce ad
affermare l’infondatezza della richiesta formulata dal detenuto, del relativo reclamo e dell’odierno ricorso.
3.2. Peraltro, non appare ultroneo segnalare, da ultimo, che la circolare n. 3533/5983 del 3 novembre 2000 precisa che anche ai detenuti per i delitti previsti dall’art. 4bis Ord. pen. si applica la disciplina derogatoria dettata dall’art. 37, comma 9, reg. esec. Ord. pen., il quale consente di concedere la fruizione di ulteriori due colloqui mensili sulla base di una valutazione discrezionale, congruamente motivata, dell’autorità competente, sempre che si tratti di «soggetti gravemente infermi», o «quando il colloquio si svolge con prole di età inferiore a dieci anni» ovvero quando ricorrano «particolari circostanze». In definitiva, ciò che deve essere escluso in ipotesi come quella di COGNOME Ł che tra le «particolari circostanze» rientri, automaticamente, la fruizione dell’antevigente disciplina premiale per un breve arco temporale antecedente all’entrata in vigore del nuovo regolamento, ma non che egli possa eventualmente beneficiare dei colloqui aggiuntivi nel caso in cui ricorrano ulteriori «circostanze particolari» eventualmente riscontrate dalla direzione dell’istituto penitenziario ove Ł ristretto.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 9 maggio 2025
Il Presidente NOME COGNOME