Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26441 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26441 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA parte offesa nel procedimento c/
COGNOME nato a PALERMO il 10/07/1972
avverso l’ordinanza del 10/01/2025 del GIUD. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/cerkfte le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Magistrato di sorveglianza di Milano, adito in ottemperanza da NOME COGNOME, detenuto presso la Casa di reclusione di Milano – Opera, in regime differenziato ex art. 41-bis I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), ha ordinato al Direttore della suddetta Casa di reclusione di ottemperare all’ordinanza n. 520/2020 in data 17 gennaio 2020 che ha disposto che l’Amministrazione penitenziaria consenta a NOME COGNOME di effettuare colloqui (visivi e/o telefonici) anche accorpati (per esempio il 31 del mese di gennaio e del mese di febbraio) rispettando il limite di un colloquio al mese.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il Ministero della Giustizia, tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano e l’Avvocatura generale dello Stato, deducendo violazione dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b) Ord. pen.
Rileva il ricorrente che il provvedimento reso in ottemperanza, consentendo due colloqui di seguito (nell’ultimo giorno di un mese e nel primo giorno del mese successivo) ha modificato il provvedimento da ottemperare rivalutando il contenuto delle statuizioni emesse, atteso che nel dispositivo dell’ordinanza da ottemperare era disposto che l’Amministrazione consentisse di effettuare colloqui (visivi e/o telefonici) a distanza di tempo regolari ma non con cadenze rigidamente prefissate.
Osserva che così facendo il Magistrato di sorveglianza è incorso anche nella violazione dell’articolo suddetto che prevede che la sospensione delle regole di trattamento e degli istituti riguardi «la determinazione dei colloqui nel numero di uno al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari », considerato che nell’ottica del legislatore è stata quindi valorizzata non solo l’esigenza di limitare ad un singolo colloquio mensile i contatti che i detenuti, sottoposti a regime differenziato, possono mantenere con i congiunti e gli altri eventuali aventi diritto, ma anche quella di cadenzare tali contatti secondo intervalli il più possibile regolari, dovendosi in particolare scongiurare il rischio che il soggetto effettui, ad esempio, tale concentrazione in lassi temporali connotati da un peculiare momento di fibrillazione dell’associazione criminosa a cui appartiene, e quindi di evitare un uso potenzialmente distorto.
Sottolinea che la giurisprudenza di legittimità più recente ha ritenuto le disposizioni regolamentari contenute nell’art. 16 della Circolare DAP, individuanti una disciplina di dettaglio di quella contenuta nella suddetta norma primaria che insiste sulla necessità di intervalli di tempo regolari tra i colloqui visivi effettuarsi nella misura di uno al mese, non solo conformi al suddetto disposto normativo, ma anche aderenti ai parametri della logica e ragionevolezza che sempre devono guidare l’esercizio in concreto delle potestà amministrative.
Il ricorrente, alla luce delle suddette censure, insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Il giudizio di ottemperanza rappresenta una prosecuzione funzionale del giudizio di cognizione, tanto che la competenza resta radicata in capo al giudice che ha emesso il provvedimento della cui esecuzione si discute anche in caso di avvenuto trasferimento del detenuto in luogo diverso.
Ciò che rileva è esclusivamente l’inottemperanza ai contenuti della decisione che ha accertato la lesione del diritto soggettivo, il che radica l’interesse del detenuto ad ottenere l’esecuzione della decisione.
Nel caso in esame il ricorso fraintende la funzione dello stesso giudizio di ottemperanza, in quanto ciò che in esso rileva non è cosa è legittimo disporre in tema di cadenza dei colloqui, ma cosa aveva disposto il provvedimento del quale si è chiesta l’ottemperanza.
Il provvedimento del quale è stata chiesta l’ottemperanza è l’ordinanza n. 520 del 17 gennaio 2020, reclamata con successiva declaratoria di inammissibilità emessa dal Tribunale di sorveglianza di Milano con ordinanza del 18 dicembre 2020.
Il Magistrato di sorveglianza, nel provvedimento di ottemperanza oggetto di valutazione trascrive il contenuto del provvedimento da ottemperare che contempla testualmente la possibilità dei colloqui accorpati, ultimo del mese, primo del mese successivo. Il Ministero ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che detto Magistrato non ha trascritto regolarmente.
L’ordinanza da ottemperare va letta nel suo insieme e non esclusivamente in relazione al dispositivo della stessa che «dispone che l’Amministrazione consenta di effettuare colloqui (visivi e/o telefonici) a distanze di tempo regolari ma non con cadenze rigidamente prefissate», emergendo dalla motivazione, attraverso il richiamo di un precedente di legittimità in tal senso (Sez. 1 n. 10462 del 2016) la possibilità di un accorpamento come sopra indicato.
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2. Pertanto, considerato che vi è conformità tra il primo iussum
e quello in ottemperanza, che deve garantire che il provvedimento già emesso venga
regolarmente eseguito, il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.