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Colloqui 41-bis: sì all’accorpamento tra mesi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia contro un’ordinanza che consentiva a un detenuto di raggruppare i suoi colloqui mensili. Il Ministero sosteneva che ciò violasse la regola degli ‘intervalli regolari’ prevista per i colloqui 41-bis. La Corte ha chiarito che il giudizio di ottemperanza serve solo a far rispettare una decisione precedente, non a ridiscuterla. Poiché l’ordinanza originale già prevedeva questa flessibilità, la decisione di farla applicare è stata ritenuta corretta.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui 41-bis: la Cassazione chiarisce i limiti del giudizio di ottemperanza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema delicato della gestione dei colloqui 41-bis, stabilendo un importante principio sulla flessibilità degli incontri e sui poteri del giudice in sede di ottemperanza. La decisione scaturisce dal ricorso del Ministero della Giustizia contro un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Milano che permetteva a un detenuto di ‘accorpare’ i colloqui a cavallo di due mesi consecutivi. Approfondiamo la vicenda per comprendere le ragioni della Corte.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto al regime detentivo speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, aveva ottenuto un’ordinanza (la n. 520/2020) che riconosceva la possibilità di effettuare i suoi colloqui mensili (visivi o telefonici) anche in modo ‘accorpato’, ad esempio l’ultimo giorno di un mese e il primo del mese successivo. L’obiettivo era rispettare il limite di un colloquio al mese ma con una certa flessibilità, evitando cadenze rigidamente prefissate.

L’Amministrazione penitenziaria, tuttavia, non aveva dato seguito a tale disposizione. Il detenuto si è quindi rivolto nuovamente al Magistrato di Sorveglianza, che, in sede di ottemperanza, ha ordinato al Direttore del carcere di conformarsi alla decisione precedente.

Contro quest’ultima ordinanza, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che tale flessibilità violasse la normativa sui colloqui 41-bis, la quale prevede che gli incontri si svolgano ad ‘intervalli di tempo regolari’ per limitare i contatti con l’esterno e prevenire comunicazioni con le organizzazioni criminali.

La disciplina dei colloqui 41-bis secondo il Ministero

Il Ministero ricorrente ha basato la sua argomentazione sull’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b) dell’Ordinamento Penitenziario. Secondo questa tesi, consentire due colloqui in giorni consecutivi, sebbene in due mesi diversi, vanificherebbe lo scopo della norma. La ‘regolarità’ degli intervalli, secondo il Ministero, non sarebbe solo un limite numerico (uno al mese), ma un requisito sostanziale per evitare una concentrazione di contatti in momenti potenzialmente critici per l’associazione criminale di appartenenza del detenuto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo. La motivazione si concentra su un punto procedurale cruciale: la natura e la funzione del giudizio di ottemperanza. I giudici hanno chiarito che questo tipo di giudizio non serve a rimettere in discussione la legittimità o il merito di una decisione già presa, ma unicamente a garantirne l’effettiva esecuzione.

Nel caso specifico, il Magistrato di Sorveglianza, con l’ordinanza impugnata, non ha fatto altro che ordinare all’amministrazione di fare ciò che era già stato stabilito nell’ordinanza originaria del 2020. La Corte ha osservato che il provvedimento da ottemperare contemplava ‘testualmente la possibilità dei colloqui accorpati’.

L’errore del Ministero, secondo la Cassazione, è stato quello di contestare l’ordinanza di ottemperanza sui medesimi motivi di merito che avrebbero dovuto essere sollevati contro la decisione originaria. In sostanza, il ricorso era rivolto al provvedimento sbagliato. Il giudizio di ottemperanza non può trasformarsi in una nuova valutazione del caso; il suo perimetro è limitato a verificare l’inadempimento dell’amministrazione e a ordinarle di conformarsi al dictum del giudice.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: ogni strumento ha la sua funzione. Il giudizio di ottemperanza è uno strumento esecutivo, non un’ulteriore sede di impugnazione. La decisione evidenzia che, una volta che un provvedimento giudiziario diventa definitivo, l’amministrazione è tenuta a eseguirlo. Se la legittimità di una certa flessibilità nella gestione dei colloqui 41-bis era stata riconosciuta in una precedente decisione non impugnata, l’amministrazione non può sottrarsi alla sua applicazione, e il giudice dell’ottemperanza ha il dovere di imporla.

È possibile per un detenuto in regime 41-bis ‘accorpare’ i colloqui mensili, svolgendoli in giorni consecutivi a cavallo di due mesi?
Sì, è possibile, ma solo se tale facoltà è stata espressamente prevista in un provvedimento del giudice di sorveglianza. La sentenza chiarisce che la questione non è la legittimità astratta dell’accorpamento, ma il rispetto di una decisione giudiziaria che già lo consentiva.

Qual è la funzione del giudizio di ottemperanza in materia di sorveglianza?
Il giudizio di ottemperanza serve esclusivamente a garantire l’esecuzione di una precedente decisione del giudice. Non può essere utilizzato per rimettere in discussione il contenuto o la legittimità di tale decisione; il suo unico scopo è accertare l’inadempimento dell’amministrazione e ordinare di conformarsi a quanto già stabilito.

L’Amministrazione Penitenziaria può rifiutarsi di applicare un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che ritiene illegittima?
No. L’Amministrazione Penitenziaria è tenuta a eseguire le decisioni dell’autorità giudiziaria. Se ritiene un’ordinanza illegittima, deve utilizzare gli strumenti di impugnazione previsti dalla legge (come il reclamo o il ricorso per cassazione) contro quella specifica ordinanza, non può semplicemente decidere di non applicarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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