Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 430 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 430 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: lkit.ì – ,,Sr(v.53 zyzuj>(‘/; . J.,,,; -: k.ttp, COGNOME nato a ERICE il 11/09/1936
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta’ l’accoglimento del ricorso, con per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 05 maggio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto dal Ministero della Giustizia contro l’ordinanza del magistrato di sorveglianza di Milano emessa in data 03 febbraio 2022, di accoglimento del reclamo presentato da NOME COGNOME detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen.
Il detenuto aveva chiesto la disapplicazione della circolare del D.A.P. che dispone una cadenza di trenta giorni per i colloqui con i familiari, lamentando che creava disagi a questi ultimi, e il magistrato di sorveglianza aveva disposto che l’Amministrazione penitenziaria consentisse i colloqui a distanza di tempo regolare, ma senza una rigida cadenza prefissata. Il Ministero ha proposto reclamo sostenendo che la giurisprudenza su cui il provvedimento si fonda è ormai superata, e che esso contrasta con le ragioni di sicurezza sottese alla prescrizione di un intervallo mensile tra i colloqui, dal momento che colloqui ravvicinati, magari tenuti in periodi di fibrillazione dell’associazione criminosa di appartenenza, possono consentire al detenuto di usufruire di un tempo maggiore per impartire direttive. Il Tribunale ha respinto il reclamo evidenziando che esso, fondato di fatto su ragioni di merito, non spiega perché i colloqui ravvicinati sarebbero più pericolosi di quelli svolti a cadenza mensile, potendo comunque gli ordinari controlli evitare il rischio paventato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia, articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., con riferimento all’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), Ord.pen.
L’ordinanza impugnata viola l’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), Ord.pen., che per i detenuti sottoposti al regime differenziato stabilisce il limite di un solo colloquio al mese, da effettuare ad intervalli di tempo regolari. Tale norma ha la finalità di limitare la possibilità di contatti con l’ambiente esterno da parte dei detenuti sottoposti a detto regime, e l’intero sistema di restrizioni ha ripetutamente ricevuto l’avallo della Corte costituzionale. La cadenza così stabilita ha anche la finalità di evitare che il detenuto possa concentrare i colloqui in un periodo di fibrillazione della sua associazione criminosa di appartenenza, così da avere, di fatto, più tempo per ricevere informazioni ed impartire direttive. E’ quindi evidente che, per rispettare il significato e la ratio della norma, i colloqui debbano essere effettivamente intervallati da un significativo lasso di tempo, e non possano essere ravvicinati e tanto meno accorpati. Peraltro la norma lascia un margine di discrezionalità all’Amministrazione penitenziaria, per
organizzare tali colloqui in modo ampio, ma sempre rispettoso della norma. La circolare del D.A.P., che prevede la distanza di circa trenta giorni tra i colloqui, è quindi corretta, ed infatti la Corte di cassazione, con la sentenza n. 23945 del 26/06/2020, ne ha riconosciuto la legittimità. L’ordinanza impugnata omette di conformarsi a questo nuovo indirizzo giurisprudenziale, ed anzi neppure lo menziona, senza fornire quindi una motivazione per il suo distaccarsene.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento del provvedimento per un nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
2. I colloqui con i propri familiari, visivi e telefonici, rappresentano un diritt fondamentale del detenuto, riconosciuto dall’art. 18 Ord.pen. quale componente ineliminabile del trattamento rieducativo, e per tale ragione sono consentiti anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 -bis Ord.pen. Il legislatore ha, però, attribuito un potere discrezionale dell’Amministrazione penitenziaria per regolamentare le modalità di esercizio di questo diritto, e quindi di fruizione dei colloqui, attraverso provvedimenti di carattere generale, come le circolari e i regolamenti di istituto, che, pur avendo natura amministrativa, sono sottoposti al controllo giurisdizionale da parte della magistratura di sorveglianza, in quanto incidenti su situazioni soggettive, in attuazione del principio stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2013.
Nel caso dei detenuti sottoposti al regime penitenziario differenziato, l’esercizio di tale potere di regolamentazione è stato in certa misura orientato, dal legislatore, mediante l’art. 41 – bis, comma 2 -quater, lett. b), Ord.pen., norma che limita la fruizione dei colloqui con i familiari «nel numero di uno al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari»: la circolare del D.A.P. n. 3676/6126, che all’art. 16 stabilisce la fruizione dei colloqui visivi a distanza di «circa trent giorni», è quindi sostanzialmente rispettosa del dettato letterale della legge.
L’ordinanza impugnata, peraltro molto succinta, ha invece ritenuto legittima la disapplicazione di detta circolare, richiamando un indirizzo giurisprudenziale, piuttosto risalente nel tempo, secondo cui la rigida fissazione di un distanziamento temporale tra i singoli colloqui sarebbe ingiustificata e la norma non impedirebbe il loro accorpamento. Non ha fornito, però, un’adeguata motivazione circa le ragioni di tale interpretazione, che risulta non conforme alla lettera della norma ed è diretta, secondo la prospettazione del detenuto istante,
a soddisfare esigenze non primarie dei suoi familiari, quali il risparmio economico e di tempo nell’effettuare i trasferimenti necessari per recarsi presso l’istituto penitenziario, mentre non apporta al detenuto stesso alcun vantaggio, né un trattamento migliore o maggiormente riabilitativo.
3.1. Questo indirizzo interpretativo, che anche recentemente è stato applicato da numerose sentenze non massinnate (si possono citare Sez. 1, n. 22225 del 16/03/2021, COGNOME; Sez. 1, n. 49576 del 14/09/2022, COGNOME; Sez. 1, n. 49577 del 14/09/2022, COGNOME; Sez. 1, n. 22298 del 10/01/2023, COGNOME), deve essere confermato, in quanto ribadisce la necessità di contemperare l’interesse vantato dal detenuto, o più correttamente dai suoi familiari, con le esigenze di sicurezza individuate dallo stesso legislatore nel prescrivere una cadenza regolare dei colloqui, e riconosce la potestà attribuita all’Amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalità di fruizione degli stessi, nel rispetto di tale contemperamento. L’esercizio di tale potere, effettuato dal D.A.P. con la circolare contestata, appare conforme ai criteri di
logicità e ragionevolezza, in quanto lo stabilire che detti colloqui, essendo possibili solo nel numero di uno al mese, si svolgano ad intervalli non rigidamente predeterminati, ma corrispondenti a «circa trenta giorni», risponde all’esigenza di rendere meno concentrati i collegamenti con l’esterno del detenuto sottoposto al regime differenziato, così da diluire nel tempo gli eventuali contatti con l’associazione di appartenenza, astrattamente possibili attraverso i colloqui con i familiari.
Tale disposizione, peraltro, non lede un diritto soggettivo del detenuto, perché non impedisce i colloqui con i familiari né pone ad essi ostacoli particolarmente difficoltosi, essendo la richiesta di accorpamento degli stessi diretta solo a limitare il disagio causato dalla necessità dei familiari di trasferirs presso il luogo di custodia, disagio che, come già sottolineato, riguarda solo questi ultimi e non il detenuto, il quale vanta quindi, secondo la sentenza sopra citata, solo un interesse legittimo al ravvicinamento di tali colloqui, ma non un diritto soggettivo.
L’ordinanza impugnata è quindi errata laddove ha ritenuto di dover disapplicare la circolare del D.A.P. n. 3676/6126, essendo detto provvedimento legittimo in quanto costituente «un ragionevole esercizio del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione», ed essendo al contrario non giustificato, e non conforme al dettato dell’art. 41-bis, comma 2-quater, Ord.pen., l’accorpamento dei colloqui motivato solo dall’interesse dei familiari del detenuto a limitare il disagio causato dai loro spostamenti.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente