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Colloqui 41-bis: No a visite ravvicinate, dice la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità della circolare che impone un intervallo di circa 30 giorni tra i colloqui per i detenuti in regime speciale. La richiesta di un detenuto di raggruppare le visite per comodità dei familiari è stata respinta, poiché la regola degli ‘intervalli regolari’ per i colloqui 41-bis è essenziale per prevenire comunicazioni con le organizzazioni criminali e garantire la sicurezza pubblica, che prevale sull’interesse privato.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui 41-bis: La Cassazione Sottolinea la Prevalenza della Sicurezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nella gestione dei detenuti sottoposti al regime speciale: la sicurezza nazionale prevale sulla convenienza dei familiari. La decisione chiarisce in modo definitivo le regole sui colloqui 41-bis, stabilendo che le visite devono avvenire a intervalli regolari e non possono essere raggruppate per limitare i disagi di viaggio dei parenti.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal reclamo di un detenuto sottoposto al regime del 41-bis, il cosiddetto ‘carcere duro’. Il detenuto contestava una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) che stabilisce una cadenza di circa trenta giorni tra un colloquio familiare e l’altro. A suo avviso, questa regola creava notevoli disagi ai suoi familiari, costretti a lunghi e costosi viaggi con frequenza mensile.

Inizialmente, sia il Magistrato che il Tribunale di Sorveglianza avevano accolto le sue ragioni, disponendo che l’amministrazione penitenziaria consentisse i colloqui senza una rigida cadenza prefissata. Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tale flessibilità compromettesse le ragioni di sicurezza alla base del regime 41-bis.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, annullando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Ha affermato che la norma che prevede un solo colloquio al mese ‘da svolgersi ad intervalli di tempo regolari’ non può essere interpretata in modo elastico. La finalità è proprio quella di impedire che il detenuto possa concentrare i contatti con l’esterno in brevi periodi, potenzialmente sfruttandoli per inviare o ricevere direttive.

Le Motivazioni della Decisione sui Colloqui 41-bis

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), dell’Ordinamento Penitenziario. La ratio di questa norma è limitare drasticamente le possibilità di contatto del detenuto con l’ambiente esterno per recidere i legami con l’associazione criminale di appartenenza.

Secondo la Corte, la circolare del D.A.P. che impone un intervallo di ‘circa trenta giorni’ è un legittimo e ragionevole esercizio del potere discrezionale attribuito all’Amministrazione penitenziaria. Questa regolamentazione attua correttamente il dettato normativo, contemperando il diritto del detenuto ai rapporti familiari (che in questo regime viene degradato a interesse legittimo) con le superiori esigenze di tutela della sicurezza pubblica.

I giudici hanno sottolineato come colloqui ravvicinati, anche se entro il limite di uno al mese, consentirebbero di fatto al detenuto di avere più tempo a disposizione in un breve arco temporale per scambiare informazioni. Diluire i contatti nel tempo, invece, rende questo flusso informativo più difficile e controllabile. L’interesse dei familiari a ridurre i disagi economici e di tempo legati agli spostamenti, pur comprensibile, è stato ritenuto recessivo rispetto all’obiettivo primario di prevenzione e sicurezza che caratterizza il regime 41-bis.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un indirizzo giurisprudenziale ormai prevalente, che privilegia un’interpretazione restrittiva delle norme sui colloqui 41-bis. Le implicazioni sono chiare: l’Amministrazione Penitenziaria ha il potere e il dovere di organizzare i colloqui in modo da garantire un effettivo distanziamento temporale, e i giudici di sorveglianza non possono disapplicare le circolari che attuano questo principio.

Per i detenuti e le loro famiglie, ciò significa che non è possibile richiedere l’accorpamento delle visite a cavallo di due mesi consecutivi. La decisione riafferma che i diritti dei detenuti, seppur fondamentali, possono essere legittimamente limitati quando sono in gioco interessi collettivi di rango superiore, come la lotta alla criminalità organizzata e la sicurezza dello Stato.

È possibile per un detenuto in regime 41-bis ‘raggruppare’ i colloqui mensili con i familiari, ad esempio facendone uno a fine mese e uno all’inizio del mese successivo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i colloqui devono svolgersi a ‘intervalli di tempo regolari’, il che esclude la possibilità di accorparli. La finalità è diluire nel tempo i contatti con l’esterno per ragioni di sicurezza.

La circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) che impone un intervallo di ‘circa trenta giorni’ tra i colloqui 41-bis è legittima?
Sì. Secondo la sentenza, tale circolare costituisce un ‘ragionevole esercizio del potere discrezionale’ dell’Amministrazione Penitenziaria ed è conforme alla legge, poiché attua correttamente il principio degli intervalli regolari previsto dall’art. 41-bis.

Nella gestione dei colloqui 41-bis, prevale l’esigenza di sicurezza dello Stato o la comodità dei familiari del detenuto?
Prevale in modo netto l’esigenza di sicurezza dello Stato. La Corte ha chiarito che il disagio economico e logistico dei familiari, pur essendo una circostanza reale, non può giustificare una deroga alle regole pensate per impedire le comunicazioni tra i detenuti e le loro organizzazioni criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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