Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 02/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 maggio 2023, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha disposto, in accoglimento del reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento reso il 18 novembre 2022 dal Magistrato di sorveglianza RAGIONE_SOCIALE stessa città, che l’RAGIONE_SOCIALE penitenziaria consenta a COGNOME, detenuto presso la locale Casa circondariale e in atto sottoposto al trattamento differenziato di cui all’art. 41 -bis legge 26 luglio 1975, n. 354, di svolgere, con frequenza mensile, colloqui in videocollegamento in sostituzione di quelli mensili, previsti dalla normativa legislativa e regolamentare.
Il RAGIONE_SOCIALE propone, tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato di L’Aquila, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale eccepisce violazione di legge ascrivendo, specificamente, al Tribunale di sorveglianza COGNOME di COGNOME avere COGNOME disapplicato COGNOME la COGNOME Circolare COGNOME del COGNOME Dipartimento dell’RAGIONE_SOCIALE penitenziaria del 26 settembre 2022 pur in assenza dei relativi presupposti, individuati dalla giurisprudenza di legittimità in situazioni d carattere eccezionale o contingente – l’onere RAGIONE_SOCIALE cui allegazione ricade sul richiedente – tali da rendere impossibile o eccessivamente difficoltoso lo svolgimento del colloquio in presenza.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto merita accoglimento.
I colloqui visivi costituiscono, per unanime riconoscimento RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di legittimità, espressione del fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare ed al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali: l’ art. 28, secondo cui «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»; l’art. comma 3, che riconosce «particolare favore (…) ai colloqui con i familiari»; gli artt. 1, comma 6, e 15, che collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell’attività di recupero e rieducazione del condannato; gli artt. 61, comma 1, lett. a), e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, disposizione che contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari
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anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell’isolamento con esclusione dalle attività in comune (cfr. Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Trigila, in motivazione; Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, COGNOME, Rv. 251419; Sez. 1, n. 33032 del 18/4/2011, COGNOME, Rv. 250819).
Il diritto ai colloqui presenta, peraltro, saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli artt. 29, 30 e 31 Cost., posti a tutela RAGIONE_SOCIALE famiglia e dei suoi componenti) e convenzionale (v. l’art. 8 Convenzione EDU, che stabilisce che «ogni persona ha diritto al rispetto RAGIONE_SOCIALE sua vita privata e familiare…»), sicché le limitazioni al suo esercizio devono essere previste dalla legge e giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione RAGIONE_SOCIALE salute, dei diritti e delle libertà altrui (così Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, COGNOME, in motivazione).
Esso è pacificamente riconosciuto anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. .354, ai quali, nondimeno, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero dei colloqui ed alle relative modalità di svolgimento: in particolare, ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto a un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente; inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l’effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, RAGIONE_SOCIALE durata massima di dieci minuti, sottoposto anchresso a registrazione e «comunque» a videoregistrazione.
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha autorizzato il colloquio telefonico mensile, nelle forme RAGIONE_SOCIALE videochiannata, in sostituzione di colloquio visivo, in tal modo pervenendo alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE vigente Circolare del D.A.P..
Sul punto, deve osservarsi che le modalità di svolgimento del colloquio rientrano in un ambito che appartiene certamente alle competenze dell’Amministrazione penitenziaria, chiamata a definire, attraverso disposizioni con cui si esplica la sua potestà organizzatoria, le concrete modalità di esercizio di quello che, come detto, si configura come un vero e proprio diritto, costituente estrinsecazione dell’ulteriore diritto, di ascendenza costituzionale, al mantenimento delle relazioni familiari.
Potestà che, con riferimento ai detenuti sottoposti a regime differenziato, deve esplicarsi attraverso la considerazione delle connesse, peculiari esigenze, che impongono di adottare le cautele necessarie a impedire forme di indebita comunicazione con l’esterno, attraverso cui il detenuto intenda perpetuare una posizione operativa all’interno del sodalizio di appartenenza.
Nondimeno, va ribadito che, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale, la disciplina più restrittiva prevista per i detenuti sottoposti suddetto regime può ritenersi giustificata a condizione che le deroghe al regime ordinario siano strettamente connesse ad esigenze di ordine e sicurezza che non siano altrimenti gestibili, atteso che, ove le limitazioni non siano funzionali a tali esigenze, esse assumerebbero una portata puramente afflittiva, esulante dagli scopi che l’ordinamento attribuisce alla disciplina in questione (cfr. Corte cost., sentenza nn. 97 del 2020 e 351 del 1996; nonché Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, COGNOME, in motivazione).
Ciò alla luce del principio che individua, nella congruità tra misura e scopo, una declinazione del principio di proporzione, in forza del quale la Corte europea dei diritti dell’Uomo richiede che le misure che incidono sulle libertà riconosciute dalla Convenzione EDU debbano, per poter essere considerate legittime: perseguire un fine legittimo; essere idonee rispetto all’obiettivo di tutela; risultare necessarie, non potendo essere disposte misure meno restrittive e parimente idonee al conseguimento dello scopo; non realizzare un sacrificio eccessivo del diritto compresso (così Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, COGNOME, in motivazione).
4. Muovendosi lungo la delineata cornice ermeneutica, va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità, al cui indirizzo il Collegio intende dare continuità, ha a più riprese ribadito che l’esecuzione dei colloqui periodici, telefonici o visivi, con strumenti di videocollegamento, è consentita ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in presenza di situazioni di fatto tali da integrare condizioni di impossibilità o di gravissima difficoltà a effettuare i colloqui con modalità regolamentari, ferme restando le cautele previste dalla legge per le finalità di sicurezza pubblica connesse alla peculiarità del regime restrittivo (in questo senso, cfr. Sez. 1, n. 19290 del 09/04/2021, NOME, Rv. 281221 – 01; Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Trigilia, Rv. 262417 – 01; nonché Sez. 1, n. 49252 del 26/09/2023, COGNOME, non nnassimata, e Sez. 1, n. 27737 del 28/04/2023, COGNOME, non massimata), oltre che la necessità che il provvedimento autcrizzativo dia conto, con congrua motivazione, delle allegazioni dell’interessato e delle ragioni che giustificano l’assenso all’effettuazione del colloquio in forma e secondo modalità
diverse da quelle previste ma, comunque, rispettose tanto delle esigenze di sicurezza inerenti al singolo caso concreto quanto del principio di proporzionalità.
Una volta venute meno l’emergenza pandemica e la connessa difficoltà allo svolgimento, in sicurezza, dei colloqui in presenza, è quindi imprescindibile, in vista dell’accoglimento RAGIONE_SOCIALE richiesta del detenuto sottoposto a regime differenziato, il positivo scrutinio in ordine all’effettiva e decisiva influenza delle circostanze allegate sulla concreta possibilità di garantire il diritto dell’istante a coltivare le relazioni affettive e familiari.
5. Il Tribunale di sorveglianza, lungi dal considerare l’ecc:ezionalità RAGIONE_SOCIALE situazione dedotta e la conseguente incidenza sull’esplicazione del diritto al colloquio del detenuto, ha orientato la decisione ad un criterio di carattere generale – e, quindi, svincolato dalla contingenza – ispirato alla confutazione delle ragioni sottese all’esclusione dei videocolloqui sostitutivi nei confronti dei detenuti sottoposti a regime detentivo differenziato.
A tal fine, preso atto delle giustificazioni offerte, in proposito, dall’RAGIONE_SOCIALE – vertenti, da un canto, sulla necessità, per i detenuti sottoposti al regime differenziato, di procedere alla registrazione ed all’ascolto delle conversazioni, oltre che all’identificazione dei soggetti ammessi al colloquio, e, dall’altro, sul rischio che la diffusione RAGIONE_SOCIALE proposta modalità di svolgimento dei colloqui determini la saturazicne degli spazi informatici destinati a tali collegamenti – le ha ritenute non sufficienti a giustificare una diversità di trattamento che, dunque, ha stimato essersi tradotta in un trattamento discriminatorio. ik
Per tale via – cioè affermando la possibilità, per gli operatori penitenziari, di identificare coloro che, recatisi in un carcere diverso da quello in cui è ristretto il detenuto in regime differenziato, intendano con lui colloquiare e l’idoneità delle più diffuse piattaforme a garantire ascolto e registrazione delle conversazioni, nonché sollecitando l’RAGIONE_SOCIALE a plasmare la propria organizzazione in modo da evitare la concentrazione dell’utilizzo delle linee dedicate – ha articolato un ragionamento volto a negare, nella sostanza, l’autonomia di un potere che, invece, deve essere riconosciuto all’autorità penitenziaria se non esercitato in modo palesemente incongruo o arbitrario e che, nella fattispecie, risulta logicamente collegato alla imprescindibile necessità, per l’RAGIONE_SOCIALE, di apprestare, allo scopo di preservare le esigenze cui la normativa in materia di regime detentivo differenziato è posta a presidio, accorgimenti supplementari comportanti oneri eccessivi in termini di dispiego di risorse umane, logistiche
e tecnologiche.
L’ordinanza impugnata si palesa, dunque, distonica rispetto alle linee interpretative sopra indicate, che, ferma restando la legittimil:à RAGIONE_SOCIALE disposizione regolamentare, ancorano la deroga alle sue previsioni al positivo apprezzamento di condizioni di natura e portata eccezionali tali da precludere, in concreto, l’esercizio del diritto, l’individuazione delle cui modalità restano invece affidate, nei casi residui, alla potestà organizzatoria dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il provvedimento impugnato, in conclusione, non si confronta adeguatamente con la tematica attinente alla sussistenza del necessario requisito RAGIONE_SOCIALE impossibilità – o almeno, RAGIONE_SOCIALE gravissima difficoltà all’effettuazione di colloqui in presenza, ovvero di uno dei requisiti pretesi dalla vigente normativa affinché il detenuto assoggettato al regime differenziato possa accedere all’effettuazione dei colloqui a distanza.
Alla luce delle predette considerazioni, deve essere, in conclusione, disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila per un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia ossequioso dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023.