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Colloqui 41-bis: No a videochiamate senza necessità

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che consentiva a un detenuto in regime speciale di effettuare videochiamate mensili al posto delle visite di persona. Secondo la Suprema Corte, la sostituzione dei colloqui 41-bis con modalità a distanza è ammessa solo in presenza di circostanze eccezionali che rendano impossibile o estremamente difficile la visita in carcere, condizioni che devono essere provate caso per caso e non possono essere dedotte da un principio generale.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Colloqui 41-bis e Videochiamate: La Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11051 del 2024, è intervenuta su una questione di grande rilevanza nel diritto penitenziario: la possibilità per i detenuti sottoposti al regime speciale di effettuare colloqui 41-bis tramite videochiamata. La decisione ribadisce la linea rigorosa della giurisprudenza, affermando che la modalità a distanza può essere concessa solo in circostanze eccezionali e non può diventare la regola, bilanciando così le esigenze di sicurezza con il diritto fondamentale alla vita familiare.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un reclamo presentato da un detenuto sottoposto al regime del 41-bis. Il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila aveva accolto la sua richiesta, autorizzandolo a svolgere colloqui mensili in videocollegamento in sostituzione di quelli in presenza.

Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente disapplicato una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP). Secondo il Ministero, la deroga ai colloqui in presenza è consentita solo in situazioni di carattere eccezionale o contingente, che rendano impossibile o eccessivamente difficoltoso il colloquio visivo, e l’onere di provare tali circostanze grava sul richiedente.

Il Diritto ai Colloqui nel Regime Penitenziario

Il diritto del detenuto a mantenere le relazioni con la propria famiglia è un pilastro dell’ordinamento penitenziario, riconosciuto come fondamentale sia a livello costituzionale (artt. 29-31 Cost.) che convenzionale (art. 8 CEDU). Tale diritto ha una finalità trattamentale, mirando al reinserimento sociale del condannato.

Tuttavia, per i detenuti sottoposti al regime differenziato ex art. 41-bis, questo diritto subisce importanti limitazioni, giustificate da superiori esigenze di ordine e sicurezza pubblica. La normativa prevede un solo colloquio al mese con i familiari, da svolgersi in locali appositi per impedire il passaggio di oggetti e con obbligo di controllo auditivo e registrazione. L’obiettivo è recidere ogni legame con l’organizzazione criminale di appartenenza.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Il punto centrale della motivazione risiede nel principio secondo cui l’uso di strumenti di videocollegamento per i colloqui 41-bis è una misura eccezionale e non una modalità ordinaria alternativa al colloquio in presenza.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che tale deroga è consentita solo in “presenza di situazioni di fatto tali da integrare condizioni di impossibilità o di gravissima difficoltà a effettuare i colloqui con modalità regolamentari”. La Corte ha sottolineato che, terminata l’emergenza pandemica che aveva giustificato un uso più ampio delle videochiamate, è imprescindibile uno scrutinio rigoroso delle circostanze allegate dal detenuto.

Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza non ha basato la sua decisione sulla prova di una concreta ed eccezionale difficoltà del detenuto, ma ha orientato il suo giudizio su un criterio di carattere generale. Ha, di fatto, contestato le ragioni organizzative e di sicurezza addotte dall’Amministrazione Penitenziaria (come la necessità di registrazione, ascolto e identificazione dei partecipanti), ritenendole discriminatorie e superabili. Così facendo, secondo la Cassazione, il Tribunale ha invaso la sfera di potestà organizzatoria che spetta all’amministrazione, la quale ha il compito di definire le concrete modalità di esercizio del diritto ai colloqui, bilanciando le esigenze di sicurezza con i diritti dei detenuti.

In sostanza, il provvedimento impugnato è stato ritenuto “distonico” rispetto alle linee interpretative consolidate, perché ha svincolato la deroga da una condizione eccezionale e concreta, affidando la scelta delle modalità alla volontà del detenuto e non alla valutazione dell’amministrazione basata su criteri oggettivi.

Le Conclusioni

La sentenza n. 11051/2024 riafferma un principio cruciale: per i detenuti al 41-bis, il colloquio in presenza è la regola. La videochiamata sostitutiva è un’eccezione che deve essere giustificata da ragioni oggettive, gravi e provate, che impediscano o rendano estremamente arduo l’incontro visivo.

Questa decisione rafforza la discrezionalità organizzativa dell’Amministrazione Penitenziaria, che può essere sindacata dal giudice solo se esercitata in modo palesemente incongruo o arbitrario. Per i detenuti e i loro familiari, ciò significa che la richiesta di colloqui a distanza deve essere supportata da una documentazione solida che attesti l’effettiva impossibilità di recarsi presso l’istituto penitenziario. Non è sufficiente invocare un generico diritto alla non discriminazione o una maggiore comodità della modalità a distanza.

Un detenuto in regime 41-bis può sempre chiedere di sostituire i colloqui in presenza con videochiamate?
No. La sentenza chiarisce che la videochiamata è un’eccezione alla regola del colloquio in presenza. Può essere concessa solo se il detenuto dimostra l’esistenza di condizioni eccezionali che rendono impossibile o estremamente difficile effettuare la visita di persona.

Quali condizioni sono necessarie per ottenere l’autorizzazione alle videochiamate?
È necessario dimostrare una situazione di fatto che integri una ‘condizione di impossibilità o di gravissima difficoltà’. Sebbene la sentenza non elenchi casi specifici, si fa riferimento a situazioni contingenti ed eccezionali, come quelle verificatesi durante l’emergenza pandemica. L’onere della prova di tali circostanze ricade sul detenuto che presenta la richiesta.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale non ha valutato la sussistenza di una concreta ed eccezionale situazione di difficoltà per il detenuto. Invece, ha basato il suo provvedimento su un principio generale, criticando le procedure dell’Amministrazione Penitenziaria e ritenendole discriminatorie, invadendo così la potestà organizzatoria riservata al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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