Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33815 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33815 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VITTORIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/06/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME. NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Spoleto, del 25 gennaio 2021, con il quale è stato rigettato il reclamo di NOME COGNOME, detenuto in regime differenziato ex art. 41-bis Ord. pen., che si doleva del numero e RAGIONE_SOCIALE durata dei colloqui, visivi e telefonici, con familiari, chiedendo di essere autorizzato a svolgere, ogni mese, un colloquio visivo di due ore e una corrispondenza telefonica.
Il Tribunale, a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione di rigetto adottata, ha affermato che le previsioni normative contenute negli artt. 37 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 e 41-bis, comma 1-quater, lett. b), legge 26 luglio 1975, n. 354 – che circoscrivono ad un’ora la durata del colloquio visivo e consentono quello telefonico soltanto laddove, nel mese di riferimento, quello visivo non abbia avuto luogo – non introducono misure meramente afflittive, e quindi irragionevoli, risultando le stesse congrue ed utili rispetto allo scopo proprio del regime carcerario differenziato.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condanNOME, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie doglianze ad un unico motivo, con il quale si deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 1, 15, 18 e 28 Ord. pen., in relazione agli artt. 3, 27 e 29 Cost e art. 3 e 8 CEDU, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.
L’originaria istanza aveva ad oggetto la possibilità di fruire, tutti i mesi, di colloquio visivo, RAGIONE_SOCIALE durata di due ore, nonché di una telefonata di dieci minuti non solo nei mesi in cui il detenuto non aveva effettuato quello in presenza.
Secondo il Tribunale, detta richiesta non potrebbe essere accolta in quanto le modalità imposte dalle norme che disciplinano la materia, relative a frequenza e durata dei colloqui, non impediscono, comunque, il mantenimento dei rapporti stabili con la famiglia del detenuto in regime differenziato e si appalesano coerenti nonché proporzionate rispetto alla tutela RAGIONE_SOCIALE sicurezza e dell’ordine pubblico cui mira il regime di cui all’art. 41-bis Ord. oen.
Si rileva, in primo luogo, che la Corte costituzionale ha definito i limiti cui soggetta l’applicazione del regime speciale, in particolare affermando che è possibile sospendere l’applicazione di regole e istituti dell’ordinamento penitenziario che non risultino in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, mentre non è possibile disporre misure che, a causa del loro contenuto,
risulterebbero inidonee o incongrue rispetto alle finalità del provvedimento che assegna il detenuto al regime differenziato.
Si tratta di misure che assumerebbero una portata puramente afflittiva, non riconducibile alla funzione attribuita dalla legge al provvedimento ministeriale (Corte Cost. n. 105 del 2023).
Si richiama, in secondo luogo, la giurisprudenza di legittimità per la quale l’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen. prevede che è possibile sospendere solo l’applicazione di regole e istituti dell’ordinamento penitenziario che risultino, concreto, in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, correlativamente affermando che non si possono disporre misure che, a causa del loro contenuto, non siano riconducibili a tali esigenze ma, anzi, si rivelino inutilmente afflitti (Sez. 1, n. 33919 del 15/07/2021).
Dunque, sono ammesse restrizioni al regime ordinario ma solo quelle necessarie agli scopi di RAGIONE_SOCIALE cui è affidata la misura speciale di cui all’art. 41-bis Ord. pen., mentre non sono giustificabili regole che delineino un regime carcerario più duro, rispetto a quello ordinario, ove sganciate dalle ragioni e finalità indicate dal legislatore, uniche che costituiscono il fondamento e il limit RAGIONE_SOCIALE legittimità del regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen.
Sicché il giudice di sorveglianza è chiamato a valutare in quale misura la singola restrizione a diritti soggettivi del detenuto in regime speciale incida i termini di accrescimento RAGIONE_SOCIALE tutela e delle garanzie di difesa sociale e sicurezza pubblica.
Quindi, il ricorrente rileva che, con riguardo alla durata del colloquio, è vero che l’art. 37 del Regolamento sull’ordinamento penitenziario, recepito dall’art 16 RAGIONE_SOCIALE Circolare DAP del 2 ottobre 2017, prevede, come durata ordinaria del colloquio visivo, quella di un’ora. Si sottolineava, però, con l’istanza che tal disposizione è prevista per i detenuti comuni che effettuano colloqui settimanalmente, mentre per i ristretti in regime differenziato il colloquio è unico ed è mensile.
Inoltre, il ricorrente osserva che la medesima previsione dispone la possibilità di prolungare la durata dell’incontro con i familiari, in considerazione di eccezionali circostanze, segnalando che tali circostanze eccezionali certamente sussistono nel caso dell’odierno ricorrente.
Infatti, si rimarca che i familiari di COGNOME risiedono in Sicilia i quali, occasione del colloquio visivo, effettuano un viaggio molto lungo (sino a Terni), viaggio che, qualora ci fosse la possibilità di usufruire di un colloquio di due ore, sarebbe compensato da un incontro prolungato con il congiunto.
Peraltro, i colloqui del detenuto in regime di cui all’art 41-bis Ord. pen., sono ascoltati dagli operatori di polizia penitenziaria, registrati e segnalati al DAP alla competente DDA, nel caso in cui vi siano contenuti aspetti.
Inoltre, la durata, eventualmente prolungata, non incide sulla frequenza dei flussi comunicativi con l’esterno né con esigenze di sicurezza di ordine pubblico, tipiche del regime differenziato.
Infine, si osserva che il colloquio di due ore è già previsto laddove, nel mese precedente, detto colloquio non sia stato effettuato, non essendoci, dunque, in via generale, criticità in merito ad un maggior tempo trascorso con i congiunti del detenuto in regime differenziato.
Medesime argomentazioni la difesa aveva svolto con l’istanza in relazione ai colloqui telefonici.
Relativamente alla possibilità di usufruire RAGIONE_SOCIALE telefonata nel mese in cui si effettua anche il colloquio visivo, la difesa aveva segnalato che il report del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE all’esito di un’ispezione presso le sezioni 41-bis Ord. pen. degli istituti penitenziari di Opera e Viterbo nel 2020, aveva formulato raccomandazioni all’Italia, tra cui quella di consentire ai soggetti, inseriti in tale circuito penitenziario, di effettuare almeno una telefonata al mese a prescindere dalla circostanza di aver effettuato o meno, nello stesso mese, il consentito colloquio visivo. Si tratta di deduzione che non ha visto alcuna argomentazione da parte del Tribunale.
Detta raccomandazione doveva essere tenuta in considerazione in quanto il RAGIONE_SOCIALE è organo che monitora gli istituti penitenziari ed elabora standard su cui fonda la Corte europea dei diritti dell’uomo al fine di valutare le condizioni detentive a cui sono sottoposti i soggetti ristretti.
Quindi, laddove il RAGIONE_SOCIALE indicato rilevi delle criticità, il giudice dovrebb disapplicare la norma interna, oggetto di segnalazione cioè in questo caso l’art. 41-bis, comma 2-quater lett. b) ord. pen.
Peraltro, il comitato ha pubblicato un nuovo report in data 24 marzo 2023 auspicando, quanto ai colloqui telefonici, una modifica RAGIONE_SOCIALE circolare DAP del 2017.
Anche in questo caso dal punto di vista delle esigenze di sicurezza, secondo il ricorrente, i colloqui telefonici sono registrati e, quindi, non vi sarebbe alc pregiudizio per le finalità proprie del regime differenziato in quanto tutte l comunicazioni con i familiari sono controllate nei contenuti.
Nel periodo dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, peraltro, i detenuti ristretti in regime speciale, non potendo effettuare, a causa delle misure di contenimento che impedivano gli spostamenti, i colloqui visivi, hanno avuto la possibilità di effettuare due colloqui telefonici al mese.
Si invoca, dunque, l’annullamento dell’ordinanza perché non avrebbe fatto buon governo dei principi costituzionali e di legittimità richiamati ne avrebbe
tenuto conto del contenuto RAGIONE_SOCIALE raccomandazione contenuta nel report del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE richiamata.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Va premesso che il reclamo ex art. 35-bis e art. 69, comma 6, lett. b) Ord. pen. può essere azioNOME dal condanNOME allo scopo di censurare l’inosservanza, COGNOME da COGNOME parte dell’Amministrazione, COGNOME di COGNOME disposizioni COGNOME previste dall’ordinamento penitenziario e dal relativo regolamento, tale da cagionargli un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti. Pertanto, la tut giurisdizionale è riservata alla lesione, in forma e misura significativa, di una situazione COGNOME di COGNOME «diritto», COGNOME derivante COGNOME da NOME un COGNOME comportamento COGNOME illegittimo dell’Amministrazione.
Nel caso di specie, il detenuto invoca la tutela del suo diritto al colloquio e, pertanto, al mantenimento dei legami familiari, censurando il diniego ad essere autorizzato, in via permanente, a poter svolgere colloqui visivi o telefonici nella misura richiesta, e invoca, a tal fine, una lettura estensiva o costituzionalmente orientata RAGIONE_SOCIALE norma di riferimento, l’art. 37 cit.
La censura è, con riguardo ai colloqui visivi, priva di pregio, giacché l’interpretazione proposta dal Tribunale di sorveglianza è aderente al dettato normativo, come già affermato in plurime pronunce di questa Corte (Sez. 1, n. 15895 del 26/01/2024, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. 286352 COGNOME – COGNOME 01; COGNOME Sez. 1, n. 49725 del 26/11/2013, Rv. 258764 – 01).
3.1.L’art. 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 è, per costante giurisprudenza, applicabile – tanto più in assenza di un’apposita disciplina derogatoria – anche ai detenuti sottoposti al regime carcerario differenziato, con la peculiarità, connessa a tangibili esigenze di complessiva coerenza del sistema, che, per costoro, il presupposto RAGIONE_SOCIALE mancata fruizione «del colloquio settimanale» deve ritenersi integrato quando il detenuto non abbia effettuato il colloquio nel mese (e non nella settimana) antecedente (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 49726 del 26/11/2013, Catello, Rv. 258421).
La disposizione prevede che «il colloquio ha la durata massima di un’ora», e, immediatamente dopo, due ipotesi derogatorie, entrambe a carattere puntuale e non permanente.
Il primo caso in cui il legislatore consente il prolungamento del colloquio con i congiunti o con i conviventi è quello in cui ricorrano «eccezionali circostanze», ovvero situazioni di fatto che, per definizione, non possono avere natura potenzialmente permanente. In proposito, è stato affermato che neppure una permanente patologia di salute del convivente possa essere considerata, di per sé, circostanza «eccezionale», dovendo risultare o essere specificamente illustrata detta eccezionalità rispetto al singolo colloquio (Sez. 1, n. 35470 del 24/03/2023, COGNOME, n.m.).
La lontananza dei familiari dal luogo di detenzione potrà, semmai, valere ai fini RAGIONE_SOCIALE residua fattispecie, posto che il legislatore consente, nel secondo caso, il prolungamento «sino a due ore» del singolo colloquio con i familiari e i conviventi quando questi «risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto», purché «nella settimana precedente il detenuto o l’interNOME non ha fruito di alcun colloquio» e «le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentono». Anche questa ipotesi non consente, dunque, l’estensione permanente del colloquio e la condiziona alla mancata fruizione dell’istituto nel mese precedente.
Così ricostruito il quadro normativo, deve escludersi che le previste restrizioni assumano, in concreto, connotazione meramente afflittiva e, dunque, siano capaci di produrre una disparità di trattamento contraria al dettato costituzionale, non ponendosi esse in contrasto con i parametri costituzionali e convenzionali.
Il quesito, rispetto alla disposizione di cui all’art. 37 cit., è manifestament infondato, essendo sufficiente osservare che tale disposizione, nella parte in cui detta le condizioni al prolungamento RAGIONE_SOCIALE durata dei colloqui, si applica a tutti detenuti, di talché va in radice esclusa la sua natura discrimiNOMEria.
Le censure del ricorrente non conducono a diversa conclusione se lette alla luce RAGIONE_SOCIALE previsione che limita il numero dei colloqui visivi ad uno al mese, in luogo dei quattro ordinariamente concessi ai detenuti in regime ordinario.
Invero, tali limitazioni rispondono alla ratio di limitare la possibilità di fluissi comunicativi tra il detenuto e l’esterno e, pertanto, sono coerenti con la finalità del regime differenziato.
La giurisprudenza di questa Corte, rispetto al tema RAGIONE_SOCIALE frequenza dei colloqui, ha ritenuto dirimente l’esigenza di «diluire i tempi dei fluss informativi», rendendo «meno agevoli, o comunque meno concentrati, i collegamenti con l’esterno, costituenti un veicolo potenziale di trasmissione di informazioni non consentite» (Sez. 1, n. 23945 del 26/06/2020, COGNOME, Rv. 279526). Il ricorrente, d’altro canto, omette di illustrare in che modo l’estensione del colloquio a due ore costituisca misura idonea a rimuovere l’asserito – ed indimostrato – pregiudizio.
3.2. In ordine ai colloqui telefonici di dieci minuti, l’art. 41-bis, comma quater, lett. b), legge 26 luglio 1975, n. 354, è chiaro nel consentirne lo svolgimento esclusivamente a coloro che non abbiano effettuato il colloquio visivo. Sul punto, è sufficiente osservare, in replica alle obiezioni del ricorrente, che le medesime ragioni che spiegano la ragionevolezza dei limiti previsti per i colloqui visivi, ossia la congruità del limite rispetto alle finalità correla regime differenziato, valgono a giustificare quelli previsti rispetto alla ulterio modalità di comunicazione con l’esterno costituita dai colloqui telefonici.
Quanto alla ulteriore necessità prospettata dal ricorrente, di leggere la normativa in chiave costituzionalmente orientata e tenuto conto delle conclusioni esposte in due rapporti del CPT, è utile segnalare che le predette raccomandazioni, oltre a non avere efficacia precettiva e a provenire da un organismo «preventivo» di tutela dei diritti umani, sono riferite alla specifica, dunque non generalizzabile, situazione constatata in sede di monitoraggio; né, va conclusivamente aggiunto, il ricorrente risulta avere specificamente illustrato i profili di contrasto tra la normativa di riferimento e la CEDU.
Da quanto sin qui esposto, discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in data 8 maggio 2024