Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22620 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22620 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nata a Rosarno il 25/1/1947
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila del 19/11/2024
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 19.11.2024, il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila ha provveduto su un reclamo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria avverso l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che aveva disposto il colloquio visivo della detenuta NOME COGNOME con il figlio NOME
COGNOME rimettendo al D.A.P. stesso l’individuazione della modalità più idonea tra la videoconferenza e il colloquio in presenza.
Il D.A.P. rilevava nel reclamo che dal colloquio sarebbe derivata la possibilità di scambiarsi messaggi e che erano state sottovalutate le esigenze di sicurezza evidenziate nella nota della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, anche tenuto conto che si tratta di familiari entrambi sottoposti al regime di cui all’art. 41 -bis Ord. Pen.
Il Tribunale di Sorveglianza ha giudicato infondato il reclamo, in quanto il Magistrato di Sorveglianza ha valutato la nota della D.D.A., ove non si rappresentano ragioni ostative al colloquio, e ha ritenuto che le esigenze di sicurezza non giustifichino una compressione totale del diritto della detenuta di mantenere rapporti affettivi con i congiunti, rilevando che le esigenze stesse potessero essere garantite con la registrazione audio-video del colloquio e con l’uso del vetro divisorio a tutt’altezza.
Il collegio ha condiviso queste argomentazioni e ha ribadito che l’esercizio del diritto al mantenimento di rapporti familiari non è impedito dalla sottoposizione del detenuto al regime differenziato, potendosi adottare forme di comunicazione controllabili a distanza attraverso cui realizzare il bilanciamento del diritto del detenuto con eventuali esigenze di sicurezza.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia, articolando , per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, un unico motivo, con cui deduce , ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione degli artt. 69, comma 6, lett. b), 1, 35bis , 41bis Ord. Pen.
Il ricorso evidenzia che il regime di cui all’art. 41 -bis Ord. Pen. è posto a tutela di esigenze di sicurezza pubblica e che alla lett. a) del comma 2quater prevede l’adozione di elevate misure di sicurezza rispondenti alla necessità di prevenire contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza. La disciplina di dettaglio relativa ai colloqui del detenuto, di cui alla successiva lett. b), si pone in rapporto di specialità con la previsione di cui alla lett. a) e può trovare applicazione esclusivamente nel caso in cui non sussistano pericoli di contatti con l’organizzazione criminale.
Su queste basi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha formulato parere contrario, ponendo l’accento sulla necessità di evitare cont atti della detenuta con l’organizzazione criminale di riferimento. In questo senso si è orientata l’Amministrazione, laddove all’art. 16 della Circolare del 2.10.2017 ha previsto che le richieste di colloquio siano accolte, salvo che dal parere della D.D.A. competente non emergano concreti elementi che ne sconsiglino l’effettuazione.
Dunque, il corretto bilanciamento degli interessi in gioco richiede un esame delle circostanze del caso concreto, tenendo a mente che la finalità del regime differenziato è quella di evitare che i sodali di un’organizzazione possano continuare a mantenere contatti, ancorché detenuti. Per questa ragione, il parere della D.D.A. deve essere adeguatamente valorizzato per orientare la ponderazione degli interessi che vengono in rilievo.
Sotto questo profilo, il bilanciamento non può ritenersi soddisfatto dalla registrazione del colloquio, non potendosi escludere che i colloquianti usino termini convenzionali attraverso cui eludere i controlli.
Peraltro, nel caso di specie entrambi i colloquianti sono sottoposti al regime di cui all’art. 41 -bis Ord. Pen. In casi del genere, anche la Corte di cassazione ha apertamente affermato la incompatibilità tra lo scopo del regime differenziato e il riconoscimento del diritto dei detenuti familiari di intrattenere colloqui visivi, nonché la necessità di tenere in doverosa considerazione il parere non vincolante della D.D.A. prima dell’ammissione al colloquio.
Con requisitoria scritta trasmessa il 15.2.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l ‘ accoglimento del ricorso, evidenziando che l ‘apprezzamento del parere della D.D.A. da parte dei giudici della Sorveglianza risulta assai stringato, nel senso che non ne riporta il contenuto, nemmeno per sintesi, ma esprime unicamente una valutazione sullo stesso. Questo non consente di verificare il percorso motivazionale seguito per valutare la correttezza, in termini giuridici, del giudizio espresso. Difetta, altresì, ogni riferimento all’attuale pericolosità sociale della donna, a lungo ai vertici della cosca riferibile al marito, e del figlio stesso, attraverso una valutazione attualizzata dei rischi connessi all’effettuazione del colloquio, che i giudici della Sorveglianza avrebbero dovuto formulare in autonomia, a prescindere dal parere della D.D.A., in ragione della caratura criminale dei soggetti coinvolti e del pericolo di scambio di messaggi criptici.
in data 19.3.2025, il difensore di NOME COGNOME ha fatto pervenire conclusioni, con cui ha chiesto il rigetto o la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In tema di regime penitenziario differenziato di cui all’art. 41bis legge 26 luglio 1975, n. 354, il diritto di coltivare l’affettività familiare, mediante colloqui
visivi, inerisce al nucleo essenziale dei diritti del detenuto, sicché può essere riconosciuto anche quando il familiare che si vuole incontrare è, lui stesso, sottoposto al regime speciale, dovendosi tuttavia operare un giudizio di bilanciamento, in concreto, tra le esigenze di affettività del soggetto ristretto e quelle di sicurezza pubblica, le quali, laddove ritenute prevalenti, non consentono di soddisfare tale diritto, nemmeno con l’impiego di strumenti audiovisivi (Sez. 1, n. 46809 del 21/11/2024, COGNOME, Rv. 287288 – 01).
Ciò premesso, l’ ordinanza impugnata conferma il bilanciamento tra le opposte esigenze cui ha proceduto il provvedimento reclamato, nel quale le esigenze di sicurezza dedotte dall’amministrazione sono state definite come ‘non meglio precisate’ e, dunque, considerate non tali da giustificare una compressione totale del diritto del detenuto di mantenere rapporti affettivi con gli stretti congiunti: in questa situazione, i giudici di sorveglianza hanno individuando il punto di equilibrio tra le suddette esigenze nella predisposizione di cautele da adottare durante lo svolgimento del colloquio.
Il ricorrente avversa questa conclusione sulla base del rilievo che il parere contrario della D.D.A. di Reggio Calabria aveva evidenziato, invece, la necessità di evitare contatti della detenuta con l’organizzazione criminale di riferimento e, pertanto, lamenta che l’ordinanza impugnata non abbia valorizzato e comunque non abbia tenuto conto di tale parere.
In questo modo, il ricorso richiama un principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e cioè che, in tema di regime penitenziario differenziato speciale di cui all’art. 41bis Ord. Pen., per l’ammissione del detenuto ai colloqui visivi con altri familiari, anch’essi sottoposti al medesimo regime detentivo, è necessario tener conto delle esigenze di sicurezza proprie del particolare trattamento penitenziario, per come desumibili anche dal parere, non vincolante, della Direzione distrettuale antimafia (Sez. 1, n. 49279 del l’ 11/10/2023, Ministero Giustizia, Rv. 285574 – 01) e degli elementi ostativi da esso emergenti (Sez. 1, n. 31634 del 24/6/2022, Casa circondariale Sassari, Rv. 283496 – 01).
Il punto è, tuttavia, che i giudici di sorveglianza danno atto di aver valutato il contenuto del parere della D.D.A. di Reggio Calabria e di non averne ricavato ‘ragioni di merito ostative allo svolgimento del colloquio’.
Ora, il parere non vincolante della D.D.A. competente, il quale si inserisce come atto istruttorio nel procedimento previsto dall’art. 16 della Circolare del D.A.P. del 2.10.2017, non è contenuto al fascicolo, né è stato allegato dal Ministero al suo ricorso.
Avendolo più volte addotto come atto idoneo a contraddire la motivazione dell’ordinanza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto accluderlo per supportare la censura di travisamento mossa alle motivazioni dei giudici di sorveglianza.
Si deve ritenere, allora, che, sotto questo specifico profilo, il ricorso manchi di autosufficienza, la quale si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione (Sez. 5, n. 5897 del 3/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419 – 01).
In questo caso, peraltro, il ricorso non contiene nemmeno la materiale devolu zione dell’adempimento alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato , sicché il ricorrente è venuto meno anche all’onere di diligenza nel verificare l’effettiva trasmissione degli atti e nel provvedere spontaneamente alle allegazioni ritenute necessarie (Sez. 3, n. 32093 del 4/4/2023, COGNOME, Rv. 284901 -01).
Di conseguenza, il ricorso, pur fondandosi prevalentemente sulle informazioni fattuali asseritamente contenute in un determinato atto, è venuto meno all’onere di allegarlo. L’omissione è tanto più rilevante, se si considera che: a) l’atto non è contenuto nemmeno nel fascicolo trasmesso alla Corte ; b) nell’impugnazione, il ricorrente comunque non precisa, in ultima analisi, i precisi connotati delle esigenze di sicurezza (desumibili o meno dal parere) suscettibili di essere pregiudicate dall’autorizzazione a l colloquio in esame.
Anche in ragione di tale circostanza, dunque, le doglianze del ricorrente, a fronte di una motivazione non apparente del provvedimento impugnato, vanno considerate non fondate, con la conseguenza che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
In materia di procedimento ai sensi dell’art. 35ter Ord. Pen., il Ministero della Giustizia o il Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ricorrenti per cassazione avverso il provvedimento del tribunale di sorveglianza emesso ai sensi degli artt. 35bis e 35ter Ord. Pen., non possono essere condannati, nel caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso, al pagamento delle spese processuali, in quanto rivestono la qualità di parti pubbliche (Sez. U, n. 3775, del 21/12/2017, dep. 2018, Ministero Giustizia in proc. COGNOME, Rv. 271650 -01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 25.3.2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME