Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33186 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di L’Aquila avverso l’ordinanza del 01/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’aquila udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le memorie depositate in data 30 maggio 2025 e 6 giugno 2025 dall’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME;
letta la memoria di replica depositata in data 23 giugno 2025 dall’Avvocato NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha accolto l’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere la misura della semilibertà di cui all’art. 50 della legge del 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà).
2.Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di L’Aquila deducendo la violazione di legge in relazione agli artt. 4bis e 50 Ord. pen. e all’ art. 3, comma 2, del decreto legge del 31 ottobre 2022, n. 162(Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonchØ in materia di termini di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e di disposizioni relative a controversie della giustizia sportiva, nonchØ di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di attuazione del Piano nazionale contro una pandemia influenzale e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali) convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, per la insussistenza di elementi tali da fare escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata ed il pericolo di ripristino di tali collegamenti. In particolare, il ricorrente ha eccepito che gli elementi evidenziati nel parere negativo della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli del 22 novembre 2024, della Direzione Nazionale Antimafia del 09/01/25, dei Carabinieri di Aversa, della Questura di Caserta, non sono stati valorizzati compiutamente dal Tribunale di sorveglianza che ha reso una motivazione carente proprio sulla prova dell’esclusione dei collegamenti del detenuto, che sta espiando la pena dell’ergastolo, con la criminalità organizzata. Il ricorrente ha dunque dedotto che il
Tribunale, a fronte delle plurime condanne per delitti estremamente gravi rientranti nel catalogo di cui all’art. 4bis Ord. pen.,hasvalutato la criticità degli elementi messi in luce dalle sopra indicate autorità competenti, anzichØ inserirli in un quadro d’insieme che depone per l’impossibilità di giungere a un giudizio di esclusione dall’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e delrischio di ripristino di tali collegamenti.A tal riguardo, nel ricorso si evidenzia che il COGNOME era capozona del comune di Lusciano, affiliato al clan dei Casalesi, frazione Schiavone, e che egli Ł autore di numerosi omicidi, di cui uno aggravato dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991 e di due tentati omicidi aggravati dalla medesima disposizione; evidenzia altresì che il clan Ł ancora attivo e le numerose remissioni in libertà o semilibertà di alcuni affiliati sta producendo una recrudescenza delfenomeno mafioso e un tentativo di riorganizzarsi come rappresentato dalla Questura che ha riferito dell’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco al centro della città di Casal di Principe, durante lo svolgimento delle elezioni amministrative di giugno u.s.; e da due recenti ordinanze di applicazione di custodia cautelare in carcere del GIP del Tribunale di Napoli anche per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.Il ricorrente ha, poi, dedotto che il COGNOME non ha mai collaborato con la giustizia, a parte alcune spontanee dichiarazioni rese con riferimento alla sentenza del 18 ottobre 2011, emessa dalla Corte di Assise di appello di Napoli), nØ tantomeno si Ł mai adoperato per assicurare prove di reati e per sottrarre all’associazione criminale risorse decisive, ben potendo per la posizione di capozona perda lui rivestita. A tal fine nel ricorso, richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto, si Ł evidenziato come con riferimento all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata di cui all’art. 416 -bis , cod. pen., la permanenza della partecipazione degli affiliati al sodalizio viene meno solo nel caso oggettivo della cessazione dell’associazione, ovvero, sul piano soggettivo, nelle ipotesi accertate di recesso o esclusione del singolo associato, delle quali migliore causa Ł la collaborazione della giustizia, evidenziando altresì che un criterio guida valido Ł fornito dalla massima di esperienza secondo la quale l’appartenenza ad una associazione di stampo mafioso implica una adesione stabile al sodalizio di norma fortemente radicato nel territorio e caratterizzato da una fitta rete di collegamenti personali. Ad avviso del ricorrente, nella decisione impugnata manca una corretta valutazione degli elementi messi in luce dalle autorità procedenti, sicchØ il Tribunale ha omesso di considerare il presupposto indefettibile introdotto dall’art. 3, comma 2, del decreto legge n. 162 del 2022, ovvero che siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, avendo calibrato la motivazione su un criminale di medio spessore e non su quello di un elevato e feroce livello come Ł quello di NOME COGNOME. A tal riguardo, il ricorrente ha rilevato che la DDA ha giustamente posto in rilievo come dall’accertata mancata percezione di redditi da parte del detenuto e dei suoi familiari deve dedursi che il nucleo familiare del COGNOME sia ancora “sostenuto” dal clan e che, dunque, il condannato non abbia affatto reciso i suoi legami con il sodalizio dl appartenenza, clan dei Casalesi. Il Tribunale di Sorveglianza, ad avviso del ricorrente, avrebbe svilito la circostanza dopo aver appurato che nel 2023 la moglie del COGNOME ha percepito dall’INPS l’importo di 6000 euro, ritenendo che la somma non fosse tale da far ritenere che la donna sia sostenuta dal clan, senza null’altro argomentare sul punto, nonostante si tratti di una somma pari a 500,00 euro mensili. In tale direzione depone anche l’avvenuta remissione del debito per le cartelle esattoriali relative alle spese processuali in favore del COGNOME. Inoltre il ricorrente rileva che, a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, la valutazione in concreto di elementi idonei a superare la presunzione dei collegamenti con la criminalità organizzata deve rispondere a criteri di particolare rigore, graduati a seconda del ruolo e della forza del vincolo
imposto dal sodalizio criminale di appartenenza del quale si esige l’abbandono definitivo. Pertanto, ad avviso del Procuratore generale ricorrente, con riferimento al COGNOME, sanguinario esponente del clan, deve rilevarsi che difetta nel caso in esame l’acquisizione di congrui e specifici elementi di prova, diversi ovviamente dalla sola regolare condotta carceraria, dalla mera partecipazione al percorso rieducativo e dalla mera dissociazione nella fattispecie sussistenti in uno al riconoscimento della collaborazione impossibile e dell’esito positivo del Progetto RI.ME – tali da escludere l’attualità dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata ed il rischio del loro ripristino una volta semilibero. ¨ per questo sostiene il ricorrente – che il legislatore richiede che sia il detenuto ad allegare elementi specifici e ulteriori tali da consentire un certo giudizio di esclusione dei collegamenti e con il contesto nel quale il reato Ł stato commesso nonchØ del pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti, allegazioni ulteriori che nella fattispecie non ci sarebbero. Il ricorrente evidenzia che il detenuto ha affermato la propria presa di distanza dalle logiche e dai principi malavitosi, in uno con la rivisitazione critica del proprio agito criminale, la propria disponibilità ad incontrare i familiari delle vittime pur nella consapevolezza che non accetterebbero l’incontro, ma si tratta di elementi che non provano la recisione sicura e certa dalla compagine mafiosa o il rischio di ripristino. Parimenti, il ricorrente ha dedotto che non risulta che il detenuto abbia riparato le conseguenze derivate ai familiari delle vittime dei numerosi omicidi e tentati omicidi commessi che vada oltre alla suddetta “intenzione” e che per altro verso testimonino la recisione dei collegamenti. Si Ł, pertanto, dedotto la carenza motivazionale del provvedimento di concessione della semilibertà fondata sui soli risultati dell’osservazione, come se gli stessi fossero da soli sufficienti a far ritenere cessata ogni forma di collegamento con la consorteria mafiosa di appartenenza. Il ricorrente ha, poi, evidenziato che il Tribunale non ha affrontato in modo adeguato il tema dell’attività lavorativa che intende svolgere il condannato atteso che nella relazione della DDA del 22.11.2024, si evidenziava che essa veniva espletata presso un soggetto gravato da numerosissime segnalazioni di polizia esoprattutto risultante provenire dalla medesima area geografica in cui il clan dei Casalesi (frazione Schiavone) esercita il proprio predominio criminale (e con sede, provincia di Viterbo, vicina ai territori della provincia di Caserta). Nell’ordinanza impugnata, osserva il ricorrente, si dà atto che NOME lavorerebbe presso società di ristorazione in Fiano Romano doveall’interno dello staff vi sono persone gravate da numerosi precedenti di polizia che vanno dai reati contro il patrimonio, reati contro la persona e reati inerenti agli stupefacenti ciò nondimeno il Tribunale si ritiene rassicurato dal solo casellario giudiziale dei tre soggetti che risultano pregiudicati per reati non legati al contesto di criminalità organizzata. In conclusione, mancando le prove positive di un giudizio di esclusione dei collegamenti con la criminalità organizzata e del rischio del loro ripristino risulta, ad avviso del ricorrente sarebbe evidente la violazione di legge unitamente ad una motivazione erronea sulla tematica fondamentale della esclusione dei collegamenti e del rischio di ripristino, con la conseguente errata concessione della misura alternativa della semilibertà.
3. In data 30 maggio 2025 e 6 giugno 2025, il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME ha depositato una memoria, chiedendo il rigetto del ricorso. A tal fine ha evidenziato che la posizione penitenziaria dell’interessato Ł stata correttamente effettuata con riferimento all’art. 3 della legge n. 199 del 2022 e si caratterizza per alcuni elementi fattuali di indubbia portata ‘antagonista’ sul piano logico rispetto alla presunzione relativa di permanenza di collegamenti; infatti si Ł rilevato che in riferimento al NOME Ł intervenuto un giudizio di impossibilità e di inesigibilità di utile collaborazione con la giustizia per tutti i
titoli delittuosi per i quali vi Ł condanna; un primo giudizio di ritenuta non sussistenza di collegamenti criminosi già effettuato dal magistrato di sorveglianza in sede di concessione del primo permesso premio, poi confermato dal Tribunale di sorveglianza in sede di reclamo e reiterato 9 volte in sede di concessione dei successivi permessi già fruiti, tutti concessi alla luce delle informative sempre rinnovate trimestralmente ex art. 4-bis, comma 2-bis.1, o.p. senza che nessun Pubblico Ministero abbia mai impugnato i decreti concessivi; – i costanti risultati positivi, appunto, dell’esperienza premiale in corso; – la conferma del giudizio di ritenuta non sussistenza di collegamenti criminosi al momento dell’ammissione al regime art. 21 Ord. pen. – l’accertato ‘…lungo e profondo percorso di individuale di revisione critica…’: l’accertata partecipazione ‘…con costanza a tutti i corsi promossi dall’Amministrazione penitenziaria in occasione di eventi si sensibilizzazione contro la violenza di genere…’; l’esito positivo del percorso di giustizia riparativa conclusosi con incontro con vittime aspecifiche ‘…con esito piø che positivo; nonchØ che il gruppo di trattamento, alla luce dell’osservazione complessiva, ha ritenuto sussistenti ‘…le premesse per considerare opportuna la proposta di declassificazione del detenuto dal circuito di alta sicurezzaa quello di media sicurezza, fatto salvo il parere della DDA…’; l’essere stato il detenuto declassificato con provvedimento del D.A.P. ed assegnato al circuito media sicurezza. Nella memoria, inoltre, si evidenzia che il ricorso non si confronta con l’articolata motivazione dell’ordinanza impugnata.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza.
In data 23 giugno 2023, ha depositato una memoria di replica alle conclusioni del PG insistendo per il rigetto del ricorso o in subordine per l’inammissibilità dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato, per le ragioni di seguito evidenziate.
1.1 Va, preliminarmente, evidenziato che con l’articolato unico motivo di ricorso, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di L’Aquila, ha censurato l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza evidenziando la violazione di legge in relazione agli artt. 4-bis e 50 Ord. pen. e all’ art. 3, comma 2, del decreto legge del 31 ottobre 2022, n. 162 nonchØ la carente motivazione in punto di valutazione degli elementi per il riconoscimento della misura alternativa della semilibertà, ai sensi delle citate disposizioni, in conformità al consolidato principio affermato da Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, COGNOME, Rv. 234147 – 01, secondo il quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti dei tribunali di sorveglianza, ivi compreso quello militare, non Ł soggetto alla limitazione della sola violazione di legge prevista dall’art. 71 ter L. 26 luglio 1975 n. 354, atteso che tale disposizione normativa Ł da ritenere non piø operante, per le materie di competenza del tribunale di sorveglianza, per effetto dell’art. 236, comma secondo, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale, secondo cui, in dette materie, «continuano ad osservarsi le disposizioni della L. 26 luglio 1975 n. 354 diverse da quelle contenute nel capo II bis del titolo II della stessa legge», capo nel quale Ł appunto compreso l’art. 71t er.
Tanto premesso, deve rilevarsi che le censure del ricorrente, fondatamente, colpiscono l’ordinanza censurata che ha ammesso NOME COGNOME alla misura alternativa della semilibertà sulla base di un prevalente giudizio di valorizzazione del positivo percorso trattamentale.Infatti, dopo aver dato atto dei gravissimi reati per i quali il COGNOME sta espiando la pena dell’ergastolo, dopo aver evidenziato che gli Ł stata riconosciuta la cd.
collaborazione impossibile, in virtø dell’esigenza di tutelare la figlia e la moglie, la motivazione Ł imperniata, per la maggior parte, sulla condotta carceraria, che viene indicata senz’altro come positiva. Non si connota però per congruità, sul piano della recisione dei collegamenti con il clan dei casalesi,l’impianto argomentativo della decisione impugnata, la quale si limita a riportare la nota della DDA senza criticamente confrontarsi con il dato secondo cui il clan Ł ancora attivo; nØ si confronta criticamente con i dati forniti dalla Questura di Caserta secondo cui non risultano nuovi elementi che facciano ipotizzare la recisione con il sodalizio mafioso menzionato. L’ ordinanza omette di prendere in considerazione che non risulta che il detenuto abbia riparato il danno alle famiglie delle vittime dei quattro omicidi commessi, nØ affronta criticamente le ragioni dei pareri negativi espressi dalle autorità competenti, valorizzando, invece, in chiave positiva, ovvero ai fini della prova dell’insussistenza del perdurante legame con il sodalizio camorristico, la circostanza della ricezione da parte dell’INPS della somma di 500 euro al mese. Si deve, dunque, rilevare che se da un lato l’ordinanza censurata Ł adeguatamente motivata in ordine alla valutazione del percorso trattamentale, dall’altro non lo Ł in relazione alla valutazione della sussistenza di elementi rappresentativi della recisione del legame con il clan camorristico per il quale, in virtø della norma transitoria di cui all’art. 3 della legge n. 162 del 2022, opera pur sempre una presunzione di collegamento, che va superata con valutazioni rigorose e approfondite che, nel provvedimento censurato, non risultano, essendosi l’ordinanza confrontata solo genericamente con gli elementi evidenziati nel parere della DDA di Napoli del 22 novembre 2024 , della DNA del 9 gennaio 2025, e della Questura di Caserta. In particolare, l’ordinanza mostra argomentazioni inadeguate lì dove ha indicato le informazioni della Questura di Caserta dalle quali risulta che non sono stati acquisiti nuovi elementi che facciano ipotizzare un allontanamento o dissociazione del COGNOME dal contesto criminale di appartenenza, dando successivamente atto della circostanza che il clan Ł ancora attivo, per poi affermare l’avvenuto distacco del COGNOME dai collegamenti criminali, senza indicare a tal proposito specifici elementi per smentire eventualmente le informazioni della Questura di Caserta. In conclusione, le carenze argomentative evidenziate richiedono di essere colmate rientrando, infatti, nell’ambito valutativo del Tribunale di sorveglianza superare la presunzione di collegamenti con la criminalità organizzata, non piø assoluta, sulla base degli indici, stringenti e cumulativi, che sono stati introdotti con la nuova regola iuris , e che si sostanziano nella necessità di valutare in concreto il percorso rieducativo del ricorrente e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso. In questa attività, il Tribunale di sorveglianza dovrà avvalersi degli ampliati poteri istruttori previsti dal secondo comma dell’art. 4bis Ord. pen., introdotti con legge n. 199 del 2022.
Alla luce delle esposte considerazioni si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di sorveglianza di l’aquila
Così Ł deciso, 04/07/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME